Ankh – Recensione Ankh

Pirati? No … antichi egizi!!!!

Ankh è una classica avventura grafica che si ispira fortemente alle vecchie avventure della Lucas Arts a sfondo "demenziale", come gli indimenticabili  Monkey Island o Days of the Tentacle. In effetti non c’è nulla di serio in questa avventura, dalla storia ai personaggi assolutamente fuori di testa, passando per i dialoghi dove il protagonista del gioco, Assil, fatica ad affrontare gli argomenti della trama senza dire qualche fesseria ogni due secondi. La similitudine con i vecchi titoli della gloriosa Lucas Arts non è solamente di stampo citazionistico: gli sviluppatori, infatti, sono i tedeschi Deck13 Interactive i quali hanno collaborato con i ragazzi della Telltale (autori delle due serie episodiche basate su Sam & Max, altra celeberrima avventura grafica demenziale della Lucas), composta da alcuni ex dipendenti Lucas che hanno dato vita ad alcune tra le più grandi avventure grafiche di sempre.

 I personaggi di quest’oasi sono quantomeno…particolari!!

L’Ankh e l’antico Egitto

L’Ankh è un simbolo sacro egizio che rappresenta la vita; se ci fate caso, spesso gli dei Egizi vengono rappresentati con un Ankh in mano. Cosa c’entra tutto questo con un gioco completamente fuori di testa?! In realtà poco, a parte il fatto che Assil all’inizio del gioco viene in possesso di questo sacro simbolo anche se, da personaggio assolutamente fuori di testa qual è, lo scambia per un apribottiglie. E in effetti un apribottiglie gli sarebbe proprio utile inizialmente: insieme ad alcuni amici, infatti, decide di organizzare una bella festa all’interno di una piramide nuova di zecca costruita dal padre (e dove altro, se no?) dopo avergli rubato le chiavi. Peccato che organizzare una festicciola in un luogo sacro, evidentemente, non era sufficiente per Assil: avventuratosi all’interno della camera sacra della piramide, distruggendo un pò di tutto già che si trovava a passare, Assil scatena la furia della mummia sepolta all’interno della camera, che gli scaglia la maledizione mortale di turno. Fortunatamente Assil non ha dimenticato il suo Ankh, che sarà la chiave per eliminare la maledizione mortale, non prima di aver affrontato l’intero gioco chiedendo aiuto tanto al faraone quanto agli dei egizi stessi!!! Assil non affronterà l’avventura da solo: a circa metà gioco si unirà a lui la bella Thara, figlia dell’ambasciatore arabo, il che permette agli sviluppatori di creare delle fasi abbastanza riuscite dove è necessario alternare l’uso dei due personaggi per poter risolvere alcuni enigmi (e qui, ricordando le fasi simili presenti nel mai dimenticato Indiana Jones and The fate of Atlantis, vi potrebbe scendere la classica lacrimuccia nostalgica).

Sotto quel sole cocente non avreste anche voi quell’espressione?

Come ti parlo l’antico egizio

Quali sono le armi a disposizione di Assil per evitare che il povero egiziano rimanga vittima della terribile maledizione? Ovviamente tanti dialoghi e tanti enigmi! I dialoghi, come un pò lo stampo dell’intero gioco, sono classicissimi: una serie di domande da scegliere tra una lista da porgere ai nostri interlocutori, ci permetteranno di svelare la trama e ottenere indizi per risolvere gli enigmi. In realtà solo alcune linee di dialogo sono indispensabili per proseguire lungo il gioco: le altre vi permettono di assistere a siparietti divertentissimi, con demenziali sequenze di botta e risposta tra gli interlocutori che vi sapranno strappare ben più di un semplice sorriso. Interagirete con un buon numero di personaggi, da mercanti senza scrupoli fino ad arrivare ad un particolarissimo gruppo di rivoluzionari: questo permette agli sviluppatori di non annoiarvi mai, inventando per ogni personaggio del gioco dei dialoghi che, pur nella loro demenzialità, sapranno ben caratterizzare ogni singolo personaggio che incontrerete. Ovviamente gli anacronismi si sprecano: pur trovandoci nell’antico Egitto, non mancheranno dei riferimenti più o meno espliciti al mondo dei videogiochi, preso spesso durante il gioco come bersaglio preferenziale dagli sviluppatori (alcuni siparietti di questo tipo sono fra i più spassosi dell’intero gioco). 

Il numero di poligoni non sarà enorme, ma i personaggi sono ben caratterizzati…bella tunica!!!

I ferri del mestiere

Oltre ai dialoghi, un’avventura grafica non è tale senza gli enigmi: ebbene, anche per questo aspetto il gioco rispetta gli standard del genere. Sono presenti unicamente enigmi basati sull’inventario, per cui niente mini giochi "a là Myst". Gli enigmi non sarebbero complicatissimi se non fosse per il fatto che, proprio come per quanto succedeva nelle avventure della Lucas, dovrete per forza di cose ragionare in maniera assurda, associando oggetti a elementi dello scenario in maniera del tutto folle. Proprio per questo gli enigmi possono risultare o semplici o complessi a seconda che riusciate o meno ad immedesimarvi nella “follia” di fondo del titolo. Ovviamente dovrete trovare tonnellate di oggetti (come ai vecchi tempi, tutto quello che potete mettere in tasca prendetelo perché da qualche parte si può usare!) e non manca un certo grado di pixel hunting, anche se sono pochi gli oggetti che possono sfuggire ad un occhio attento. La varietà degli enigmi è buona anche se non è presente alcuna progressione nella difficoltà; semplicemente andando avanti saranno presenti più enigmi con cui confrontarvi rispetto alle fasi iniziali. L’interfaccia è composta dal vostro cursore, con cui potete fare di tutto (dal parlare al raccogliere e usare oggetti) e da una barra nera posta in basso sullo schermo dove compariranno le linee di dialoghi e la descrizione degli oggetti. Piccola nota dolente è la longevità: un giocatore mediamente esperto di avventure grafiche non faticherà a completare questo titolo in poche ore (diciamo un 6-7 ore al massimo) che passerete comunque per la gran parte del tempo a giocare in quanto il backtracking è quasi del tutto assente durante il gioco (complice il fatto che nella locazione del deserto, particolarmente estesa, potrete con un tasto tornare alla prima schermata). Il prezzo non elevato, comunque, compensa ampiamente la brevità del titolo, che resta per tutta la sua durata un bel giocare.

La vostra stanzetta dove inizia il gioco…e dove verrete chiusi da vostro padre per punizione!!!

Egitto, terra di sole

Lo stile grafico rispecchia l’atmosfera del gioco. L’Egitto viene rappresentato con uno stile cartoonesco particolarmente riuscito. Seppur i poligoni su schermo non siano di certo numerosi, la pulizia grafica, insieme alla grande cura per i particolari rende questo titolo molto piacevole da vedere. La varietà delle ambientazioni è più che buona: si passa dalla città al deserto, passando per l’interno di piramidi, sfingi e oasi. I personaggi non sono dettagliatissimi e soffrono più dello scenario dei pochi poligoni presenti, ma risultano comunque ben disegnati e caratterizzati; particolare cura è stata posta per la mimica facciale dei personaggi, che rende ancor più spassosi i siparietti comici. Per quanto riguarda l’aspetto sonoro, il gioco è interamente doppiato in inglese di buon livello e sottotitolato in italiano, anche se la traduzione non sempre è ottima. Le musiche sono piacevoli anche se mai memorabili, ma per un gioco del genere sono più che sufficienti ad accompagnarci durante il gioco senza mai annoiare.

Conclusione

Ankh è prima di tutto un grande omaggio nostalgico alla grande era delle avventure grafiche. La demenzialità del gioco vi regalerà tantissimi sorrisi, gli enigmi mai complicatissimi vi sapranno impegnare costringendovi a ragionare in maniera assurda per poter proseguire nel gioco. Peccato solamente per una longevità non certo estesa e per una traduzione in italiano non sempre impeccabile. In ogni caso, qualsiasi amante delle avventure grafiche dovrebbe giocare a questo titolo, che mi sento di consigliare anche a chi si vuole avvicinare per la prima volta a questo immortale genere.

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