Castlevania: Lament of Innocence – Recensione Castlevania: Lament of Innocence

La serie di Castlevania è apparsa praticamente su ogni console possibile, dal primo Nintendo Entertainment System alle console a 128 bit. Fino al 1998 la costante grafica della serie era stata quella del 2D, finchè la Konami non ha voluto tentare il fatidico passo alla terza dimensione con un Castlevania su Nintendo 64. Potete bene immaginare le reazioni contrastanti in ballo: scettici che mai avrebbero voluto uno snaturamento simile per la serie e altri speranzosi di provare le emozioni di Castlevania in un’ambientazione 3D con le dovute migliorie grafiche.
Castlevania 64 è stato considerato da molti un vero e proprio fallimento proprio per aver portato la fortunata serie al 3D, tanto da far desistere la Konami (dopo solo un altro tentativo con Legacy of Darkness sempre per N64) a ritentare sulle console a 128 bit.
Questo finchè Koji Igarashi, produttore dei capitoli Symphony of the Night (considerato tutt’oggi il picco della saga) e Aria of Sorrow, non ha deciso di ritentare l’impresa. Dopo aver assemblato un buon team di sviluppo, Igarashi si è impegnato per dare al gioco il feeling originale derivato direttamente da Vampire Killer (il primissimo Castlevania) e le atmosfere che hanno reso famosa la serie negli anni.
Vediamo se l’impresa stavolta è andata a buon fine.

Il primo colpo di frusta

Lament of Innocence si propone come il primissimo capitolo nella cronologia di Castlevania e narra l’origine della famiglia Belmont e della sua lotta ai vampiri nell’XI secolo d.C.
Il protagonista è Leon Belmont, considerato il più abile cavaliere del suo regno; alla sua guida molte sono state le vittorie in nome della Chiesa conseguite anche grazie al suo amico Mathias Cronquist, impareggiabile stratega. Dopo essere tornati dall’ennesima vittoria in guerra, Mathias rimane sconvolto nel ritrovare la sua amata Elizabetha morta per cause sconosciute; inevitabilmente egli cade in uno stato di profonda depressione.
Poco tempo dopo un esercito di mostri inizia a minacciare il regno facendo numerose vittime. La promessa sposa di Leon, Sara, viene rapita e portata in un castello nel profondo di una foresta, dimora di un potente vampiro. A Leon viene impedito di andare al suo salvataggio e per questo motivo egli sceglie di rinunciare al suo titolo nobiliare e di cavaliere per andare a cercare Sara.
A prima vista la storia del gioco potrà sembrare trita e straordinariamente non-originale, ma è solo la superficie della realtà. Rispetto alla media dei capitoli della serie, Lament of Innocence offre una buona dose di contenuti nella sua storia.
Con questo titolo, la Konami ha voluto rivelare alcuni dei particolari più succulenti alla base della saga, come l’origine di Dracula e della rivalità della famiglia Belmont.
Le scene non-interattive che portano avanti la trama hanno la giuste dose di drammaticità e non spezzano il ritmo di gioco in maniera inopportuna.

Fruste e crocefissi

Nonostante il gioco sia completamente in 3D, lo "spirito" del gameplay rimane strutturalmente bidimensionale; in questo suo aspetto lo si può accostare a Devil May Cry (paradossalmente, visto che si può notare abbastanza agevolmente che proprio DMC sembra ispirarsi al concept di Castlevania).
Il protagonista dovrà aggirarsi nelle molteplici stanze del castello e farsi strada tra innumerevoli mostruosità varie. La telecamera non è personalizzabile e ad ogni cambio di stanza sarà fissa; questo può risultare scomodo, specialmente quando ci si ritrova costretti a cambiare in continuazione l’orientamento della levetta analogica sul joypad o, peggio ancora, quando bisognerà calibrare bene un salto e si fallirà varie volte per difficoltà di percezione delle distanze. Leon potrà contare sulla fidata frusta per sconfiggere i suoi avversari, ma anche sulle classiche otto-armi utilizzabili al costo di cuori. A due tasti del joypad sono assegnati un attacco veloce-e-debole e uno lento-ma-forte, dalle combinazioni di questi due tasti si potranno creare combo di vario genere adatte a diversi tipi di nemici. Leon può anche contare su un doppio-salto e sull’abilità di agganciare dei pali a mezz’aria per prolungare i suoi salti.
I controlli sono abbastanza semplici e intuitivi e danno una buona libertà d’azione. Peccato solo che la componente "verticale" (sempre molto presente nei capitoli della serie) sia abbastanza esigua e poco sviluppata.
Gli elementi da RPG già visti in altri predecessori del gioco sono ridotti a zero. Non ci sono punti esperienza o livelli, lo sviluppo di Leon è affidato a oggetti che ne aumentano la salute o la potenza magica massime; durante l’avventura egli imparerà nuove e più potenti abilità, combo con la frusta ecc… Anche sotto questo aspetto si rimane un po’ delusi, perchè difficilmente vi troverete in una zona del castello inaccessibile perchè non avete ancora imparato l’abilità speciale giusta; anche se ci sono buoni motivi per tornare in posti già visitati, questo mina alla naturale non-linearità caratteristica della saga.
Oltre ad attaccare Leon potrà bloccare attacchi o schivarli e persino utilizzare magie, anche se queste ultime risultano di limitata utilità. Una volta abituatisi con i comandi, ci si rende conto che la difficoltà generale del titolo è tutto fuorchè alta. Ci sono ovviamente le eccezioni come stanze particolarmente affollate di avversari o durante i classici boss che vi porteranno via un po’ di tempo.

Passaggio critico

Davanti a un titolo del genere è lecito chiedersi se il passaggio alla terza dimensione abbia almeno prodotto un aspetto visivo appagante; per fortuna sotto questo aspetto il gioco non delude.
Leon viene animato in maniera fluida ed è ben dettagliato, ed anche i suoi avversari sono ben realizzati. Gli effetti speciali sono di tutto rispetto, soprattutto quelli coinvolgenti effetti di luce particolari. L’unica nota dolente è una ripetitività visiva delle stanze del castello.
Il gioco scorre fluidamente a 60 frame al secondo con poche eccezioni di percorso.
In generale si può affermare che il feeling caratteristico di Castlevania sia stato mantenuto fedelmente. Ritroverete mostri e boss familiari e l’atmosfera gotico-tenebrosa degli ambienti è ben distinta.

Lamenti della notte

Alla composizione ritroviamo con estremo piacere la bravissima Michiru Yamane, già responsabile delle ottime colonne sonore per Symphony of the Night e Aria of Sorrow.
I brani conferiscono al gioco la giusta atmosfera richiesta e nel genere spaziano da pezzi eseguiti col pianoforte ad altri più rock-industrial.
Per le scene non-interattive il doppiaggio eseguito è di buona qualità: gli attori eseguono le loro parti con convinzione e sentimento. E per i puristi che preferiscono il doppiaggio originale, il gioco offre l’opzione per inserire le voci in giapponese.

Vita eterna?

Il gioco è tutt’altro che lungo, purtroppo: per terminare l’avventura principale saranno sufficienti una decina di ore, anche se comunque sono presenti vari segreti sparsi nel castello in attesa di essere scoperti.
Oltre a questo, il gioco offre una modalità più difficile e un’altra in cui impersonare un protagonista alternativo.

Per concludere

Castlevania: Lament of Innocence riesce in buona parte a portare la saga alla terza dimensione, anche se non del tutto in modo indolore. Alcuni aspetti si sono uniformati agli action game tridimensionali diffusisi mentre altri sono stati smussati quasi del tutto. Del resto è molto difficile trasporre una formula di gioco bidimensionale come quella di Castlevania in un ambiente in 3D.
I puristi della saga Konami probabilmente storceranno il naso in più di un’occasione; ma chi è alla ricerca di un buon action senza troppe pretese strutturali può tranquillamente scegliere questo titolo.

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