Dante’s Inferno – Recensione Dante’s Inferno

Nel mezzo del cammin di nostra vita, si ritrovò la divin commedia videoludica, ma la diritta via non era stata azzeccata. Sicuramente a molti appassionati deve esser venuta, almeno una volta, l’idea di rendere più "interessante” lo studio delle famose terzine dantesche, trasformando l’opera letteraria più conosciuta al mondo in un videogioco o in un film action, ma forse nessuno avrebbe mai pensato che qualcuno potesse un giorno farlo sul serio. Quel qualcuno è Visceral Games, che ovviamente si dedica alla parte più “intrigante” dell’opera (l’Inferno) e la trasforma proprio in un videogioco dalle tinte decisamente violente e persino oscene. Sangue, dannati, morte, brutalità e aggressività degne del miglior Kratos, padre “spirituale” di questo gioco: il paragone è d’obbligo, non solo per un gameplay pressoché identico, ma anche per lo stile, le ambientazioni e il sonoro senza dubbio “ispirati”.
Sembrerebbe che il punto di forza di questo titolo arrivi ad essere la trama, ripresa dal capolavoro dantesco, ma EA riesce a distinguersi anche questa volta, e a rivoluzionare, nel bene e nel male, l’Inferno di Dante.


Dante non riesce a capire perchè l’anima di Beatrice viene rapita da Lucifero…
ma in cuor suo sa che è per una sua colpa

Una selva oscura

Per chi non ne fosse a conoscenza la Commedia di Dante Alighieri si avvia in una selva oscura, dalla quale il poeta fiorentino, smarritosi, tenta di uscire: da subito, comunque, l’autore diventa narratore e rivela come il viaggio, già concluso, sia stato il mezzo per interrogarsi sulla propria vita e redimersi dai propri peccati. L’intenzione di fondo nel titolo di EA rimane la stessa, ma le modalità e gli eventi vengono rivoluzionati drasticamente. Non più poeta, ma soldato della Terza Crociata, Dante combatte la guerra santa con la croce sul petto, ma durante una rivolta di schiavi viene ucciso: a raggiungerlo arriva subito la Morte in persona, pronta a dannarlo in eterno per i suoi peccati; sconvolto da tale rivelazione, l’alter-ego tutto muscoli dell’Alighieri, convinto di meritare l’assoluzione che i vescovi cristiani avevano promesso ai soldati crociati, si riprende e decide di sfidare la Morte stessa, così da guadagnarsi l’occasione di redimere i propri peccati.

Ovviamente lo scontro si conclude per il meglio e ci si guadagna anche l’arma più letale che ci sia: l’originale Falce della Morte. Scosso da questi eventi, Dante decide di tornare a Firenze, dalla sua Beatrice: il ritorno tuttavia non è felice, perché ad aspettare il crociato non ci saranno altro che i cadaveri del padre e dell’amata; l’anima di quest’ultima, inoltre, viene rapita da Lucifero, Signore degli Inferi, come condanna per la promessa di fedeltà non mantenuta da Dante.
Il gioco parte a tutti gli effetti da qui: un protagonista soffocato dai propri peccati tenta di riprendere la “retta via”, ma il suo passato non smette di perseguitarlo: le proprie colpe finiscono col condannare anche la sua amata, rapita dal re degli Inferi e col cuore spezzato come la promessa fra i due. Un amore diviso dal peccato, che Dante tenta in tutti i modi di redimere e cancellare per amore di Beatrice: guidato dalla voce della giovane e pia, raggiunge in fretta le porte dell’Inferno e da lì, aiutato anche dal buon Virgilio, inizia la sua discesa nei terribili gironi infernali; una lotta contro le anime dannate e i custodi della prima Cantica che va avanti, tra gli abomini dell’oltremondo, sino a raggiungere il punto massimo del Male, tutto per salvare la propria anima…e quella gemella.

Nonostante niente di quanto descritto faccia minimamente parte dell’opera alla quale si ispira, è anche ovvio che non si può pretendere un Dante che scenda negli Inferi a suon di terzine, vestito di rosso e con l’alloro in testa. Rimane comunque qualche perplessità su come il più grande poeta di tutti i tempi sia stato trasformato in un Kratos fiorentino, ma appare da subito evidente che per provare a gustarsi un titolo come Dante’s Inferno bisogna necessariamente dimenticare la Divina Commedia.
Fatto questo, si mostra una trama totalmente nuova, che senza però la guida dell’opera dalla quale prende il nome perde tantissimo valore e diventa incompleta, lasciando senza motivazione il ruolo di Lucifero, Virgilio e dei gironi infernali; senza l’Inferno di Dante, dunque, Dante’s Inferno non avrebbe più valore, ma se si considera il paragone con la I Cantica della Commedia i difetti della trama diventano altri, come la totale infedeltà alla storia originale, lo stravolgimento del ruolo di Beatrice e una “blasfemizzazione” generale piena di violenza e brutalità gratuite.


Uno dei pochi legami con la Divina Commedia: i dannati che Dante incontra nel suo viaggio, qui dovrà assolverli o punirli

Edizioni Tascabili

Nel caso in cui, invece, si riuscisse a chiudere un occhio sulla trama, gli utenti PSP potrebbero notare qualcosa di più prezioso, sotto la veste “copia di God Of War – affronto alla Divina Commedia”: l’aspetto più evidente della versione portatile di questo titolo è senza dubbio la sua totale identicità con i capitoli per console di casa; tralasciando infatti quei leggeri dettagli grafici esclusivi della next-gen, la piccola PSP riesce egregiamente a riprodurre senza differenze rilevanti la grafica delle versioni PS3-X360, così come il gameplay, il sistema di sviluppo, le ambientazioni e tutto il resto.
Ovviamente non ci si può aspettare l’alta definizione su console portatile, ma se le versioni next-gen non brillano tra i loro pari, l’edizione PSP si mostra come uno dei migliori risultati visti sinora, inferiore solo a colossi del calibro di God Of War e Metal Gear Solid. I filmati, poi, superano a tratti le potenzialità Playstation 2 con risultati davvero soddisfacenti, così come le animazioni del protagonista e dei nemici. Anche la colonna sonora raggiunge picchi di ottima qualità, ma si nota forse troppo l’influenza dello stile sonoro di papà God of War; nulla da dire invece per un doppiaggio in inglese eccellente, con una voce decisamente adeguata al personaggio e un parlato scorrevole, colorito e talvolta anche affetto da accenti stranieri.
Manca tuttavia il doppiaggio italiano (presente invece nei capitoli PS3 e X360), sostituito da sottotitoli efficaci ma mai soddisfacenti come nella versione inglese.
A parte quella del linguaggio, l’altra grande differenza tra la versione portatile e quella di casa è la mancanza delle reliquie, totalmente eliminate su PSP: rimangono invece i Judas Coins, le fontane, il sistema di sviluppo Holy e Unholy, le magie e i Quick Time Events, totalmente invariati. Se da un lato questo può essere un grande merito (somigliare così tanto ad una versione di casa è onorevole per una console portatile) dall’altro può diventare il peggior difetto: chi ha già giocato una delle due edizioni, infatti, non ha alcun motivo di provare l’altra, il che finisce con lo sminuire entrambe.

Giudice dei dannati

Proprio come su X360 e PS3, anche su PSP il sistema di sviluppo è suddiviso nelle sezioni Holy e Unholy, formate ciascuna da sette livelli con diverse tecniche e abilità. Ottenute la Falce della Morte e la Croce (le uniche due armi del gioco), diventa possibile afferrare i propri nemici e deciderne le sorti: con il quadrato si può punirli, uccidendoli brutalmente e guadagnando preziosi punti Unholy, mentre con il cerchio si può sfruttare il potere della Croce per assolverli, ottenendo così punti Holy. Raggiunto l’ammontare di esperienza necessario, le due barre avanzano di livello, potenziando la Falce (per la barra Unholy) o la Croce (per la barra Holy), e sbloccando anche l’accesso a tecniche più potenti: raccogliendo le anime (rilasciate dai nemici sconfitti), poi, è possibile acquistare queste nuove mosse e potenziare così le combo e gli attacchi di Dante. Il sistema è intrigante e accattivante sin da subito, ma dopo poco si rivela tentennante a causa del metodo di acquisizione del punteggio: per uccidere i nemici all’istante e guadagnare punti Holy/Unholy è sufficiente afferrarli e premere un tasto, molto meno di quanto serve per sconfiggerli normalmente (due o tre combo); sviluppare le due barre si rivela facile e veloce, ma il resto del sistema di combattimento si annulla completamente perché meno vantaggioso e meno efficace: così acquisire nuove combo diventa semplice, ma in tutto il gioco si finisce per usarne solo qualcuna contro i nemici più potenti (boss o mostri più forti del normale) mentre per il resto la normale Falce o le “onde energetiche” lanciate dalla Croce bastano e avanzano per superare qualsiasi ostacolo.


Classico nemico, classica scelta: punirlo o assolverlo?
Solo una questione di potenziamento

I nemici, d’altronde, sono sempre gli stessi (i dannati con le lame e degli energumeni infernali con spadone), tranne in rarissimi casi nei quali vengono affiancati da altri mostri del girone in causa, come i neonati nel Limbo o i golosi nel Girone dei Golosi, o da avversari di poco conto come degli anonimi uccelli sputa fuoco. Nei boss invece si trovano spesso nomi "famosi" (Cleopatra, Marco Antonio, Cerbero, Caronte) e metodi di combattimento originali, contrassegnati da un sempre fondamentale tempismo e da Quick Time Events adeguati. In generale, però, il gameplay rimane molto piatto, e nemmeno piccoli enigmi, piattaforme da ruotare, scalate sui muri o bestioni da cavalcare riescono a farlo decollare. Nonostante vi sia palesemente ispirato, Dante’s Inferno non raggiunge ancora God of War e anche su PSP è costretto ad inchinarsi di fronte al capolavoro di Kratos, ma l’irraggiungibilità di uno dei migliori giochi per PSP non cancella ciò che questo titolo ha sicuramente di buono.

Fine del viaggio

A conti fatti, l’obiettivo di Visceral Games va a vuoto, e quella “digitalizzazione” della Divina Commedia che tutti hanno sempre immaginato rimane un’utopia: la storia originale viene totalmente abbandonata e se non fosse per i nomi dei personaggi e dei gironi questo titolo non avrebbe assolutamente niente in comune con l’opera dantesca. Nonostante ciò, la realizzazione tecnica si dimostra interessante e a tratti eccellente per un gioco PSP, senza contare che il doppiaggio inglese e la grafica degli intermezzi sono tra i migliori mai visti su console portatile; il gameplay paga eccessivamente uno stile troppo vicino a God of War, che tra l’altro non viene raggiunto: due armi in tutto il gioco sono decisamente poche e il sistema di combattimento si estingue dopo poche ore di gioco a causa di un sistema di sviluppo interessante ma mal sviluppato.

I boss, le atmosfere, gli enigmi, le combo e il sonoro sono di ottima fattura e il divertimento generale è garantito (soprattutto nelle prime ore), ma per chi ha già giocato le avventure di Kratos si tratta di un clone con poca trama, mentre chi possiede uno dei capitoli next-gen non ha nessun motivo di possedere questa versione PSP. Un bel gioco, sicuramente da provare, che a molti potrebbe anche piacere, considerando un discreto potenziale e la somiglianza con il capolavoro degli studi di Santa Monica (copiare dal migliore non è necessariamente un male); chi si aspettava un capolavoro, però dovrà attendere ancora.

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