Dark Messiah of Might and Magic – Recensione Dark Messiah of Might and Magic

Chi non conosce Might & Magic? Lo storico franchise, negli anni, ha saputo far suoi milioni di fans in tutto il mondo, grazie soprattutto a un mondo magico in grado di stregare tanto chi ne è saturo d’informazioni quanto chi vi si avvicina per la prima volta. E’ dunque con stupore che si può affermare che, a conti fatti, questo Dark Messiah non centri quasi nulla con il magico universo a cui fa riferimento, da cui prende solamente il nome di alcuni personaggi più o meno noti in cui ci si può imbattere nel corso dell’avventura. Avventura che fortunatamente, se continuate a leggere, capirete vale la pena d’essere vissuta.

Figlio di chi?

In questo titolo Ubisoft saremo chiamati a impersonare un ragazzo di nome Sareth: egli è l’allievo di Maestro Phenrig e un abile utilizzatore di magie oltre che di armi bianche. Partendo dal dover consegnare un antico manufatto ritrovato nel prologo (che funge da tutorial completo e curato), ci ritroveremo presto invischiati nella classica battaglia ben più grande di noi tra Bene e Male, vedendoci costretti a viaggiare per luoghi tanto diversi quanto ben caratterizzati e graziati da un intelligente sistema d’esplorazione, capace di regalare qualche sfogo creativo malgrado la forte linearità dei livelli, grazie ad appositi strumenti in cui ci imbatteremo tra un combattimento e un altro.


Proprio di combattimento bisogna parlare, se si vuol cercare il punto forte di Dark Messiah: il sistema messo a punto dagli sviluppatori per affrontare le molteplici minacce che attenteranno alla nostra vita (di tutte le nature e forme) si rivela una versione fortemente derivativa delle meccaniche di un The Elder Scrolls, realizzata con più cura e in grado di rendere coinvolgente ogni scontro: proprio come nella saga di recente stampo Bethesda potremo usufruire di un tasto per la parata e di uno per gli attacchi, che qui si rivelano tuttavia ben più stimolanti da eseguire: variando il movimento del mouse sarà infatti possibile impartire movimenti diversi al braccio del nostro personaggio e di conseguenza menar fendenti a diversa altezza e da diverse angolazioni.  Avremo a nostra disposizione, inoltre, un calcio utile per spezzare la guardia avversaria e prendere fiato nel mezzo degli affollati combattimenti in cui ci ritroveremo per la maggiore in netta inferiorità numerica.


Fortunatamente Dark Messiah, grazie anche al dipanarsi di una trama tanto oscura quanto interessante, riesce a far sì che il giocatore si senta abbastanza potente da affrontare qualsiasi avversario, a patto di usare la testa: la crescita del personaggio è difatti portata avanti attraverso la possibilità di spendere un determinato quantitativo di punti per livello investendoli in abilità di vario genere, passando per l’abilità nel corpo a corpo, nel tiro dalla distanza e nella magia; tale sviluppo aggiunge interessanti variazioni a un gameplay che altrimenti alcuni potrebbero trovare monotono in brevi termini, e malgrado la relativa superficialità (non aspettatevi menù particolarmente complessi in stile JRPG) riesce ad aggiungere un pizzico di tattica nella gestione degli scontri.


Non può tuttavia essere tutto oro quel che luccica, e difatti anche il fin qui esaltato combat system di Dark Messiah soffre di difetti che al giorno d’oggi risultano quantomeno irritanti: stiamo parlando della gestione delle abilità, disposte su di una barra a pié di schermo e selezionabili tramite la pressione di un tasto numerico: compiere operazioni che richiedano di combinare differenti abilità può risultare ostico, in virtù soprattutto della scomparsa di suddetta barra al termine dell’azione scelta. Va inoltre fatto notare che gli scontri risultano troppo spesso confusionari, e che malgrado l’alto tasso di coinvolgimento garantito da un ottimo senso di fisicità nei propri movimenti, si finisca un pò troppo spesso per menar colpi a casaccio.
 

Shining

Dark Messiah propone un ottimo comparto grafico: al di là di richieste grafiche di certo non particolarmente esose si può parlare di grande cura per il dettaglio, e in più di un’occasione si può notare come questa sia manifesta in ogni singolo metro d’ambientazione o di modellazione poligonale per quanto riguarda gli altri personaggi, amici o nemici che siano. Si potrebbe storcere il naso di fronte a qualche piccolo calo di frame nelle situazioni più concitate o nei fastidiosi cali di risoluzione delle cut-scenes, ma in linea di massima ci si può ritenere più che soddisfatti per l’ottimo lavoro svolto per le sequenze in-game. Sontuoso il comparto sonoro, graziato da un doppiaggio ispirato e in grado di contribuire ulteriormente ad aumentare lo spessore di una trama profonda, interessante, intrigante, per una volta intelligente e originale, capace di lasciare anche al giocatore qualche scelta più o meno cruciale da prendere. Ottime le musiche, epiche al punto giusto ma mai fuori tema. La versione presa in esame è quella inglese, dunque vi consigliamo caldamente di assaporare il titolo con in lingua anglofona vista la qualità di quest’ultima.


Buona la longevità, nella media degli odierni action-adventure, e buona pure la rigiocabilità, graziata dalla diversità di certe scelte che possono essere prese nel corso dell’avventura.
Purtroppo, come sempre, esiste un’altra faccia della medaglia, e questa mette in luce un rilevamento delle collisioni non proprio esemplare che porterà spesso a mancare colpi sicuri o a cadere in baratri anziché raggiungere quella corda penzolante o quella leva utile a sterminare i nostri nemici, avvalendosi della varietà di strumenti ambientali a nostra disposizione per affrontare le diverse situazioni proposteci, o ancora di una certa dispersività in alcuni passaggi, della ripetitività di altri o della talvolta eccessiva linearità nei percorsi da seguire.

In Conclusione

Resta poco da dire su Dark Messiah, se non che il giudizio finale non può che essere più che positivo: il titolo Ubisoft è un esempio di ciò di cui il media videoludico è capace in termini di coinvolgimento a livello ludico ed emotivo, e presenta un gameplay discretamente profondo in grado d’accontentare chi, oltre all’azione, cerca anche un minimo d’impiego di materia grigia in uno dei numerosi action-adventure odierni, troppo spesso votati al semplice scripting degli avvenimenti a schermo. Cupo, impegnativo, avvincente, il lavoro svolto dai francesi Ubisoft è colpevole solamente di scadere nei cliché del suo genere d’appartenenza, ossia una certa ripetitività, oltre che a un evidente forzato tentativo di espianto di meccaniche ruolistiche. Perfetto per chi cerca l’azione, un po’ meno per chi si spaventa all’idea di un relativamente lungo massacro indiscriminato, affranto da limiti realizzativi talvolta non trascurabili.

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