Doom 3 – Recensione Doom 3

ID Software è un nome che sicuramente tutti gli appassionati di FPS conosceranno, semplicemente perché, prima di ID Software, probabilmente non esisteva nemmeno la definizione di First Person Shooter. I primi due capitoli di Doom, usciti rispettivamente nel 1993 e nel 1994, hanno infervorato gli animi dei videogiocatori come pochi altri titoli sul mercato: la visuale in prima persona, le ambientazioni fanta-horror e l’alto tasso di violenza hanno fatto da apripista per tutti gli FPS da allora in poi. Facciamo ora un balzo in avanti di dieci anni: siamo nel 2004, e ID Software decide finalmente di regalare ai propri fan – dopo una sterminata serie di raccolte e versioni varie di Doom e Doom II un po’ per tutte le piattaforme, comprese Psx e Nintendo 64 – un nuovo capitolo della saga. Doom 3 si può considerare a tutti gli effetti un remake piuttosto che un nuovo gioco, anche se le nuove tecnologie e l’esperienza hanno sicuramente giocato un ruolo importante nel dar vita a un titolo in grado di difendersi ancora oggi, a ormai qualche anno dalla sua pubblicazione.

 

 

Il comparto tecnico è sicuramente migliorato, ma i mostri e le scene cruente sono le stesse del passato

L’Inferno è su Marte

Mentre il sottotitolo di Doom II era "Hell on Earth", Doom 3 sposta l’azione dalla terra allo spazio: attingendo a piene mani dai film di Alien e dai numerosi fanta-horror dei primi anni ’90, il gioco ci metterà nei panni di un Marine coloniale inviato su Marte. La storia è ambientata nell’anno 2145, e gli uomini hanno ormai da tempo iniziato la colonizzazione dello spazio. In particolare è il pianeta rosso a destare l’interesse di investitori e scienziati, dato che la superficie di quest’ultimo ben si presta agli esperimenti sulle energie alternative e allo studio di nuovi minerali. Di tutto questo si occupa la U.A.C., solita multinazionale senza scrupoli che, pur di arricchirsi, è disposta a mettere a rischio l’incolumità dell’intera colonia di lavoratori. Naturalmente, dopo alcuni minuti di gioco le cose inizieranno ad andare per il verso sbagliato, tanto che all’interno della base si aprirà un vero e proprio varco per l’Inferno! Da esso, tutte le nostre vecchie conoscenze dei tempi di Doom II invaderanno la colonia dando inizio ad un violento e terrorizzante sterminio. Riusciremo a sopravvivere all’orrore? Fortunatamente per noi, nemmeno i mostri dell’inferno sono insensibili ai proiettili…
 

Dall’Hell Knight allo Zombie, il caro buon vecchio shotgun sa mettere tutti a tacere

 

Perché rinnovare una ricetta che ha fatto la storia?

Smorziamo subito l’entusiasmo di chi crede che Doom 3 sia in qualche modo innovativo o particolarmente riformista rispetto ai suoi illustri predecessori. Forse per il timore di rovinare un brand così importante, forse (più probabilmente) per la volontà di creare più un remake che un nuovo titolo, ID Software ci propone la stessa identica struttura che ha fatto la fortuna della serie tanti anni fa: nei panni del solito marine senza passato e senza personalità, ci ritroveremo a seguire un’unica via possibile tra un livello e l’altro, attraversando l’intera base su Marte e sterminando i nemici che si pareranno sul nostro cammino. Ben presto una tale ripetitività nelle azioni da compiere potrebbe rivelarsi fatale e annoiare il giocatore, ma non è questo il caso di Doom 3: il gioco riesce sempre, in un modo o nell’altro, a tenere alta l’attenzione almeno per tre quarti dell’avventura. La parte finale, infatti, risulta forse eccessivamente ripetitiva, ma a conti fatti non si può certo accusare gli sviluppatori di aver mancato il bersaglio. Durante il gioco vi ritroverete spesso e volentieri a fare piccoli (e grandi) salti sulla sedia: vuoi per un rumore improvviso, per un movimento nel buio, per un nemico apparso all’improvviso, il suolo marziano promette tanto terrore e tanto divertimento.

I fan di vecchia data avranno di che gioire giocando a Doom 3. Allontanandosi dal realismo degli FPS più recenti, infatti, il gioco propone molte delle trovate già ampiamente sperimentate negli episodi precedenti: porte segrete brulicanti di nemici che si aprono all’improvviso, chiavi rosse/gialle/blu per aprire le porte del rispettivo colore, assurdi ibridi demone/macchina e così via, in un’interminabile sequenza di autocitazioni che riesce incredibilmente a non cadere nell’ovvio, mostrando invece come una formula che ha reso grande un gioco in passato sia in grado ancora oggi, se ben curata, di risultare divertente e all’avanguardia.
 

 

 

Le creature più grosse trasmettono tutta la loro pesantezza grazie al buon motore fisico del gioco

 

 

Chi ha paura del buio?

Anche chi non ne ha, con Doom 3 si ritroverà a saltare più di una volta sulla sedia, provando quella suspance da horror vecchio stile, dove più che sugli effetti speciali si giocava sull’intravedere il mostro di turno nell’oscurità. Nato nel 2004 – lo ribadiamo – Doom 3 merita un plauso per un motore grafico e fisico in grado di difendersi molto bene ancora oggi: ogni oggetto o personaggio nel gioco trasmette l’impressione di avere un peso e, se colpito o abbattuto, reagisce in modo credibile e ben calcolato. Ma la vera forza del titolo, lo stavamo dicendo poco sopra, è il continuo giocare con la luce e l’oscurità: le fonti di luce sono tutte in tempo reale, dalla più flebile fiammella al riflettore, passando naturalmente per l’immancabile torcia nelle mani del giocatore. Colpendo un neon si piomberà immediatamente nel buio più profondo, così come rovesciando una lampada questa proietterà, cadendo, le ombre degli oggetti che la circondano. Memorabile, per citare un altro esempio di luce dinamica, la realizzazione dell’Imp – uno dei mostri più popolari della serie, una sorta di demone in grado di scagliarci contro palle di fuoco infernale – che sembra veramente emergere dal nulla quando, dall’oscurità più totale, illumina se stesso e l’ambiente circostante lanciandoci contro le sue sfere infuocate. Uno sforzo sicuramente da apprezzare, che dona al terzo capitolo di Doom quella profondità terrorizzante che forse mancava ai vecchi episodi, da un punto di vista non tanto di ispirazione quanto proprio di tecnologia necessaria per realizzare le idee dei game designer. Passando oltre e chiudendo il discorso sul motore grafico, infine, non si può non parlare degli ambienti che andremo ad esplorare, forse un po’ sottotono rispetto alle aspettative. Interamente realizzate in tre dimensioni (suolo marziano e annesse montagne comprese), tralasciando le brevi escursioni all’esterno della base e qualche livello ambientato nella dimensione infernale, le locazioni che visiteremo nel nostro tentativo di fuga dal pianeta rosso saranno abbastanza monotone: niente che non si sia già visto in altri shooter in prima persona, anche in questo caso con molte citazioni prese di peso da Doom e Doom II e riadattate per renderle al passo coi tempi. D’altro canto visiterete dei laboratori e l’interno di una base militare, quindi certamente non aspettatevi palette cromatiche particolarmente accese, quanto più un grigio slavato imperante, ovviamente spesso macchiato di rosso…

 

I ragni sembrano fatti apposta per proiettare terrorizzanti ombre (in tempo reale) intorno al giocatore

 

Il presente (e il passato recente) degli FPS

Ultimo punto degno di nota, la scrittura (obbligatoria) di una trama a sorreggere la mattanza di demoni e creature varie: è ormai impensabile acquistare un FPS che non abbia una minima storia di contorno, e anche Doom 3 si è ragionevolmente adattato alle nuove richieste del mercato videoludico. Utilizzando un sistema poi ripreso e migliorato da una serie di titoli più o meno altisonanti (Bioshock per fare un nome su tutti), ID Software ha dotato il nostro alter-ego virtuale di un moderno PDA, che utilizzeremo per scaricare e riascoltare i diari audio registrati dagli occupanti della base. Praticamente ogni scienziato morto che incontreremo sul nostro cammino avrà con sé un proprio documento registrato, che come la piccola tessera di un grande puzzle si incastrerà con gli altri tasselli fino a formare quella che è la vera e propria trama del gioco. Tante piccole storie, a volte ininfluenti ai fini della trama vera e propria, che contribuiranno però a rendere più "viva" l’esperienza di gioco, favorendo l’immersività e giustificando molte volte alcune scelte dettate dal gameplay. L’esempio più lampante per spiegare quest’ultima affermazione: tutti i giocatori di Doom si ricorderanno perfettamente il sorriso ebete con il quale accolsero, a suo tempo, l’introduzione della motosega come arma (in Doom II si trovava addirittura all’inizio del primo livello, dopo pochi secondi di gioco). In quel vortice di autocitazioni e rimandi al passato della serie, non poteva certo mancare una bella motosega anche in Doom 3! Come giustificare l’arrivo di tale arma impropria in uno studio scientifico su Marte? Semplicissimo: durante il gioco ci imbatteremo nel diario di un addetto alle spedizioni, contenente una lamentela inviata sulla terra per un carico sbagliato. Al posto della strumentazione richiesta, infatti, è stata inviata un’intera cassa di motoseghe! Una trovata banale, forse, ma che nel suo piccolo vi assicuriamo renderà credibile l’intera faccenda, dando allo stesso tempo al giocatore una scusa plausibile per armarsi fino ai denti e proseguire nel suo viaggio. Solo un piccolo appunto per i più interessati a questo dettaglio: non a caso abbiamo accennato ad una "cassa di motoseghe", e voi ne prenderete solamente una. Provate ad indovinare cosa ne sarà delle altre e iniziate a guardarvi le spalle…
 

Scoprirete presto che anche gli scienziati posseduti sanno accendere una motosega…

  Il destino di Doom

Che destino può attendere un gioco che ha proprio il destino come titolo (Doom = "destino, fato")? Sicuramente si tratta di un titolo imperdibile per i fan della serie: alla ID Software gli sviluppatori si sono fatti in quattro per proiettare il brand nel nuovo millennio, e lo sforzo si vede tutto. La cura nei dettagli e nelle citazioni non mancherà di mandare in visibilio chi a suo tempo ha amato i due titoli originali e le varie espansioni che li hanno seguiti negli anni. Detto questo, consigliamo vivamente il gioco anche agli appassionati di FPS in generale: pur non aggiungendo niente di nuovo al genere e risultando leggermente noioso verso le fasi finali, Doom 3 saprà certamente tenervi sul chi vive più di molti altri titoli presenti oggi sul mercato, spingendovi a volte a mettere il gioco in pausa per guardarvi le spalle, come a controllare che non ci siano mostri vomitati dall’inferno pronti ad attaccarvi all’improvviso. Il consiglio con cui vi lasciamo è lo stesso riportato sulla scatola del gioco: abbassate le luci, indossate le cuffie ed immergetevi nel terrorizzante mondo di Doom 3: non ve ne pentirete.

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