Grand Theft Auto: San Andreas – Recensione Grand Theft Auto: San Andreas

Un altro Grande Furto d’ Auto

La Rockstar Games, nonostante non sia perennemente presente sugli scaffali dei negozi, rimane una casa sviluppatrice oramai nota per le innovazioni annuali apportate nel campo dei videogiochi, e ancora una volta ha voluto stupire noi appassionati alla ricerca della novità con una nuova avventura con un’unica parola d’ordine: libertà assoluta. Era il lontano 1997 quando Grand Theft Auto arrivava sul mercato,ospitato da consolle che all’epoca non potevano ancora permettere la creazione di un gioco in 3D carico di azione e corse all’impazzata, e fu solo con l’innovativo passaggio dalla dimensione 2D a quella in 3D, con GTA III, che il gioco iniziò a prendere una piega diversa e a emozionare maggiormente i giocatori della serie. Toccò poi al successo riscosso dall’ormai antico Vice City e ora, per finire, con San Andreas si è arrivati ad un gradino superiore come regola del progredire nell’attività dell’industria videoludica.

Una sola regola: non avere regole

Dite addio a Vice City, all’italo-americano Tommy Vercetti, e preparatevi ad arrivare a Los Santos, città dello stato di San Andreas: una città dilaniata dalla droga, lotte tra gang e malavita. Il nostro protagonista, Carl Johnson, o meglio conosciuto come CJ, alcuni anni prima dell’inizio della nostra avventura, era fuggito a Liberty City per fuggire dalla malavita che, col passare del tempo, lo avrebbe distrutto e reso come tutti gli altri. Niente si sa della sua vita in esilio volontario, poiché il gioco inizia proprio nel momento in cui CJ fa ritorno a Los Santos per il funerale della madre, assassinata da qualcuno che il protagonista dovrà scoprire nel gioco per vendicare la morte della genitrice. Purtroppo il ritorno di CJ non è dei migliori: la sua gang a Grove Street ha perso il potere di una volta e i Ballas, gang rivale, spadroneggiano incontrastati. Quindi insieme al fratello Sweet e gli amici di infanzia Smoke e Ryder, la famiglia di Grove Strett ,capitanata da CJ, proverà a riprendersi il rispetto e il timore che incuteva tempo addietro a Los Santos, portando il nostro protagonista alla ribalta in tutto lo stato di San Andreas. Rispetto a Vice City avremo una mappa decisamente più grande, quasi tre volte più ampia di quella del capitolo precedente; ovviamente, di città in città troveremo decine e decine di veicoli diversi, dalle macchine alle navi, dagli elicotteri agli aerei da guerra, dalle biciclette alle moto, e così via: insomma un parco macchine incredibilmente vasto.

Novità discutibili ed evitabili

Nonostante la longevità, alla quale può essere attribuito senza alcun problema l’aggettivo di infinita, San Andreas, per chi è costantemente alla ricerca di novità, potrebbe diventare noioso e ripetitivo, dopo aver finito le canoniche missioni, che hanno comunque una grande originalità. Analizzando sia i Pro e i Contro, a dominare nella seconda voce abbiamo la grafica: come si è infatti potuto constatare, la Rockstar viaggia con qualche anno di ritardo nel campo grafico, e basti vedere come nel 2002, ovvero due anni prima di San Andreas, avevamo potuto assistere a capolavori grafici di gran lunga superiori all’ultimo prodotto; il sonoro essendo basato su stazioni radio, che a lungo andare scemano nell’originalità, può essere definito monotono ma per quanto riguarda la qualità, un canonico surround, non c’è niente da recriminare; da annoverare in questa lista anche la mancanza di un doppiaggio in italiano che fa perdere, a chi non mastica almeno un po’ di slang americano, il divertimento delle frasi umoristiche dei passanti che commenteranno la vostra condizione, e poi leggere i sottotitoli durante una missione o mentre guidi un veicolo è davvero noioso e fastidioso.
Dopo aver citato i Contro è d’obbligo citare anche i Pro: la possibilità di avere libertà assoluta è una cosa che ha sempre affascinato le menti dei video-giocatori che cercano una scappatoia alla loro monotona vita. Le varie possibilità di crimini da compiere, le azioni che possono influire sulla storia, come l’andare in palestra e diventare muscolosi al massimo, oppure il mangiare fino a scoppiare, rendono variopinte le situazioni in cui si potrà trovare CJ. Senza dimenticare che nel gioco esistono tante altre sotto-missioni, come il trovarsi una fidanzata e mantenere un buon rapporto con lei, partecipare a corse clandestine, sbizzarrirsi in discoteca e tante altre cose che non si potrebbero fare nella vita comune: provate a rubare una macchina della polizia e iniziare a correre all’impazzata sull’autostrada con gli elicotteri che vi sparano per fermare la vostra corsa contro il crimine.

Capolavoro o monotono seguito?

Un gameplay eccellente, una longevità superlativa compensano agli aggettivi negativi che potrebbero essere attribuiti alla grafica, che parecchie volte fa scherzi di cattivo gusto alla giocabilità. Fare tutto ciò che c’è di fattibile in San Andreas comporterebbe un assiduo gioco di circa centocinquanta ore e anche più, data l’infinità del gioco e l’impossibilità di leggere sullo schermo della vostra televisione la parola “end” come capita in tutti i giochi esistenti. Se solo si potesse migliorare la voce grafica, come già detto più volte sopra, GTA San Andreas potrebbe davvero essere considerato il capolavoro per eccellenza dell’industria videoludica specializzata nel genere “azione”. Visto, comunque, il grande passo in avanti fatto da Vice City a San Andreas non si può dire che in un futuro prossimo la Rockstar possa realizzare qualcosa di altrettanto eccellente. Lasciarsi sfuggire questo gioco sarebbe un crimine maggiore di quelli che potrete commettere nei panni di CJ.

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