Homefront: The Revolution – Recensione

Ci sono giochi dallo sviluppo lungo e travagliato, dietro cui ruota un alone di mistero e sacralità. Titoli ad esempio come Prey che abbiamo potuto giocare dopo un decennio ma la cui attesa è stata ripagata abbondantemente. Homefront: The Revolution potrebbe senz’altro appartenere a questa schiera di giochi, se non altro visto il cammino tortuoso dietro al suo sviluppo. Un po’ di storia: ordinato come sequel di Homefront, sparatutto in soggettiva dall’impostazione classica ma dall’ambientazione originale, dalla ormai defunta THQ questo sequel è poi finito in un purgatorio fatto di fallimenti e passaggi di quella che è ben presto diventata una patata bollente. La conclusione è stata l’acquisto dei diritti da parte di Crytek che poi li ha girati, per via di alcuni problemi finanziari, a Koch Media che ha infine dato a Deep Silver il compito di compiere il miracolo. Dopo lo slittamento della release dal 2015 al 2016 lo sviluppo di Homefront: The Revolution, affidato da Deep Silver al team interno Dambuster Studios, è giunto finalmente a una conclusione con la recente release che merita senz’altro un’analisi approfondita.

Alba Rossa

L’ispirazione distopica dietro a Homefront può essere ricondotta senza dubbio ad Alba Rossa, una pellicola cinematografica uscita non a caso nel 1984, in cui si racconta di un’America sotto attacco da parte di forze di occupazione sovietiche. Terminata la guerra fredda con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, il nemico di Homefront è rappresentato dall’esercito nordcoreano che occupa con successo il suolo statunitense – come accade nel remake proprio di Alba Rossa, datato 2012 –  mettendo il giocatore nella posizione di un partigiano che lotta per riconquistare il suo diritto basilare: la libertà.

Attenzione però, non siamo di fronte a un sequel cronologico in quanto dal primo titolo al secondo in comune è rimasta solo l’ambientazione: gli Stati Uniti in ginocchio e occupati militarmente da una potenza straniera. Homefront: The Revolution è ambientato nel 2029, quattro anni dopo l’occupazione militare del paese da parte della Corea del Nord (KPA), in un paese ben lontano dall’incarnazione del sogno americano. La location da cui partono le nostre gesta è una Philadelphia occupata dal KPA – e non è un caso vista l’importanza della città durante la Rivoluzione Americana – dove vestiremo i panni di Ethan Brady il cui destino s’intreccerà brevemente con il capo della rivoluzione, Walker.

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Lo smartphone è lo strumento della rivoluzione, peccato non poter rispondere agli sms.

Questo importante personaggio, dopo averci salvato ed essere rimasto ferito, finisce prigioniero del KPA diventando il cardine di buona parte delle nostre missioni. Il tentativo di salvare Walker ci porterà all’interno della cellula rivoluzionaria di Philadelphia, al cui vertice si trovano il leader Jack Parrish e il capo delle operazioni militari Dana Moore, e dove ben presto diventeremo un elemento chiave in grado di scatenare sommosse popolari e risvegliare l’orgoglio sopito di una società devastata.

La Resistenza non si piegherà

Per chi si aspetta un fps lineare come il suo predecessore rimarrà deluso: The Revolution è impostato come un sandbox  – la definizione di open world sembra parecchio azzardata per il titolo in questione – che ricorda da vicino titoli famosi con varie sezioni di gioco che saranno rivelate ed esplorabili man mano che si progredisce con la storia. Per ogni zona di Philadelphia avremo la possibilità di seguire l’obiettivo principale o perderci tra le tante missioni secondarie o quelle istantanee che riguardano eventi che accadono in tempo reale. La maggior parte di esse riguarderanno l’occupazione di edifici o roccaforti liberandole dal controllo del KPA tramite varie azioni (sabotaggio, ripristino dell’elettricità, manomissione di computer ecc.) che contribuiranno ad aumentare l’area di influenza della resistenza sulla città. Questo è uno degli elementi migliori di The Revolution, ovvero quest’ambientazione urbana devastata da uno stato di polizia oppressivo e ricco di edifici diroccati che lasciano intravedere diverse citazioni e omaggi. Il lato negativo però riguarda la poca varietà delle missioni, comprese quelle istantanee (sempre relative al salvataggio di un gruppo di ribelli sotto il fuoco di cecchini o folti gruppi di nemici), che dopo le prime fasi di gioco risulteranno tutte più o meno simili e facilmente affrontabili, anche tramite l’uso di abili espedienti.

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Provocare sommosse per le strade di Philadelphia sarà il nostro pane quotidiano.

Molto interessante diventa il completamento dell’obiettivo obbligatorio “Cuori e Mentiovvero una percentuale che misurerà il grado di vicinanza della popolazione alla resistenza: tramite diversi atti come il salvataggio di cittadini sotto le vessazioni del KPA o il sabotaggio delle apparecchiature coreane, riusciremo ad avere la cittadinanza dalla nostra parte e saremo in grado di recuperare intere porzioni della città grazie al loro supporto. Suggestivo, in questo senso, è il cambiamento delle location da ordinate e quiete a movimentate e piene di roghi, trincee e altro, man mano che la popolazione inizierà a rivoltarsi contro l’oppressore. Un altro aspetto positivo riguarda il passaggio dal giorno alla notte realizzato tramite un semplice ma efficace espediente: ogni qual volta conquisteremo un obiettivo il tempo impiegato per allestire la nuova postazione della resistenza ci farà fare un balzo in avanti temporale rispetto al momento in cui è stato conquistato. Tutto questo è verificabile tramite lo smartphone in nostro possesso in cui, oltre all’orario, potremo tenere traccia delle varie missioni principali e secondarie, controllare la nostra posizione e quella degli obiettivi tramite GPS o leggere gli sms inviati dai nostri collaboratori.

La migliore arma? L’ingegno, o forse no.

Riguardo al nostro armamentario, a differenza di quello ben più avanzato dei coreani, non avremo una grossa scelta potendo contare inizialmente su una sola arma a cui ben presto se ne affiancheranno altre per un totale di cinque per tipologia. Inspiegabilmente non potremo recuperare le ben più tecnologiche armi dai nemici ma ricaveremo solamente proiettili e oggetti che ci sarà utile vendere per il crafting, aspetto fondamentale per permetterci di ampliare il nostro arsenale. Con il denaro guadagnato dalle missioni potremo acquistare accessori posizionabili su ciascuna arma per aumentare la stabilità della stessa, la potenza di fuoco e così via mentre con gli upgrade potremo letteralmente smontare l’arma e rimontarla, in tempo reale grazie a un menù radiale, creandone una dalle caratteristiche del tutto nuove. Per quanto riguarda l’equipaggiamento del nostro personaggio non sarà possibile effettuare modifiche sostanziali se non acquistare upgrade, in numero decisamente limitato, mentre avremo maggiore libertà riguardo alle armi da lancio: molotov, granate esplosive, dispositivi di manomissione e depistaggio.

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Non potete permettervi l’upgrade per avere un fucile di precisione? Nessun problema, basta aggiungere un mirino telescopico al fucile d’assalto.

Sbloccando nuovi componenti tramite dei crediti particolari, acquisibili compiendo le missioni principali e secondarie, potremo creare ad esempio ordigni che esplodono a distanza utilizzando lo smartphone o montare dispositivi su macchine telecomandate riuscendo a creare scompiglio pur rimanendo nell’ombra. Proprio tra i chiaroscuri degli stretti cunicoli cittadini si compieranno la maggior parte delle nostre gesta, grazie a una componente stealth non sempre fattibile visto il respawn casuale di nemici singoli o pattuglie ben più nutrite: se scoperti, la scelta più saggia sarà quella di allontanarsi e nascondersi o depistare il nemico fino al cessato allarme. Purtroppo in queste situazioni, così come negli scontri a fuoco, si evidenzierà uno dei maggiori difetti di Homefront: The Revolution ovvero la scarsa intelligenza artificiale dei nostri nemici ma anche dei nostri alleati.

Difficilmente i soldati tenteranno di aggirarci o si comporteranno in modo imprevedibile seguendo, invece, sempre gli stessi schemi pre-impostati facilmente riconoscibili una volta maturata una certa esperienza di gioco. Riguardo ai nostri alleati è apprezzabile la possibilità di reclutare manovalanza negli avamposti ribelli in modo da avere un buon supporto nelle missioni più impegnative, purtroppo però non sarà raro arrivare all’obiettivo decimati per via di un’IA che non sempre riesce a seguire i nostri passi. In questo frangente risultano suggestivi e ben architettati gli assalti di gruppo scriptati, magari a cavallo della motocicletta, in determinati momenti chiave del gioco che metteranno il giocatore nel bel mezzo di un parapiglia davvero emozionante con fuoco di copertura e quant’altro al nostro seguito.

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Se siete fan di Homefront la risposta è sì, ci sarà il Goliath anche in The Revolution.

Nonostante l’impiego del CryEngine non possiamo ignorare la scarsa varietà di modelli poligonali dei nemici, giustificati dalle divise dell’esercito, ma soprattutto degli alleati con veramente poche tipologie di textures facciali. Anche gli ambienti, seppur vari e suggestivi, presenteranno una scarsità di elementi all’interno degli edifici dove troveremo una gamma ricorrente ed esigua di oggetti scenici (i soliti armadietti, scatolame vario e così via). Citando gli ambienti non possiamo però esimerci dal segnalare la presenza di alcune interessanti citazioni e easter egg, il maggiore dei quali riguarda un cabinato da sala giochi dove saremo in grado di giocare a TimeSplitters 2. Non abbiamo riscontrato netti cali di frame rate mentre alcune collisioni e bug saranno sparsi qua e là ma, dopo il day one, difficilmente risulteranno decisivi per bloccarci in determinate situazioni mentre, in generale, è evidente un non completo sfruttamento delle possibilità offerte dal CryEngine.

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Quell’anonimo cabinato in realtà nasconde un’interessante sorpresa.

Se la longevità del titolo è garantita dalle varie missioni secondarie, istantanee e dagli incarichi che potremo trovare negli avamposti della resistenza, ricompensati con l’utile valuta, da Homefront: The Revolution ci saremmo aspettati un comparto multiplayer più corposo. Il lavoro di Dambuster Studios sulla componente online si rivela forse frettoloso ma sicuramente carente vista la mancanza di una componente PvP. Se siete stufi del solito deathmatch e apprezzate le partite online con obiettivi troverete apprezzabile la possibilità offerta dall’unica modalità Co-Op “Resistenza” che ci permetterà di effettuare missioni in team online con i nostri amici o con giocatori casuali. Purtroppo, nonostante la presenza di un sistema di crescita del personaggio e di upgrade di armi ed equipaggiamento, il dover affrontare la stessa IA carente già sperimentata nella modalità Storia sarà un deterrente al piacere iniziale di cooperare con compagni non guidati dal computer.

Il comparto audio è forse uno dei pochi praticamente esenti da difetti e apprezzabile sia per l’effettistica in sè, con credibili suoni ambientali e di circostanza (quali esplosioni, raffiche di mitra ecc.), sia relativamente al doppiaggio in italiano ben curato e, cosa non da poco, ben recitato. L’unica pecca riguarda i dialoghi che sentiremo per strada e che risulteranno suggestivi inizialmente ma, anche in questo caso, alla lunga ripetitivi e non di rado inframmezzati da frasi in inglese. Un difetto comunque da poco e che non preclude la godibilità dell’insieme nel quale, però, si sente la mancanza di più brani a sottolineare i momenti topici dell’azione. Inutile dire che la colonna sonora si farà sentire soprattutto durante gli eventi scriptati contribuendo certamente all’epicità dell’azione e del momento.

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Una nuova alba

Homefront: The Revolution non entrerà a far parte di quella serie di titoli dallo sviluppo travagliato ma di grande valore ma resta un prodotto gradevole grazie a un background narrativo piuttosto originale e a un’ambientazione interessante. Purtroppo il diagramma che si delinea sul lavoro di Dumbuster Studios è fatto di alti e bassi per via di una modalità Storia che parte in sordina per poi risollevarsi decisamente, nonostante palesi clichè, nelle fasi centrali ma che ricade in un finale forse un po’ troppo frettoloso. Siamo certi che le pecche grafiche non saranno un problema, grazie a un’azione frenetica e incessante e un sonoro di prim’ordine, ma la scarsa intelligenza artificiale si farà notare sia in modalità singolo che multigiocatore.

7

Pro

  • Ambientazione suggestiva e varia
  • Buon sistema di crafting e varietà di armi
  • Comparto sonoro convincente

Contro

  • Motore grafico non all'altezza
  • Alcuni bug e IA inefficace
  • Comparto multiplayer deludente
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