Made in Italy: intervista a Z4G0, l’autore di Albedo

Trentanni passati ma l’aspetto e la voglia di fare di un ragazzino: Z4G0 (nome d’arte di Fabrizio Zagaglia) è il “classico” sviluppatore virtuosista che nella vita non avrebbe potuto fare altro che creare videogiochi, basti vedere il suo blog per averne dimostrazione, o l’ottimo Albedo: Eyes From Outer Space, che ha sviluppato praticamente da solo. La scorsa settimana abbiamo intervistato Leonard Menchiari, l’autore di Riot: Civil Unrest, e data la compresenza di Z4G0 non poteva mancare la sua intervista.

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GameSource: Abbiamo dato un’occhiata al tuo blog, sembra che tu non sia mai stato con le mani in mano. Raccontaci i punti salienti del tuo percorso, da produttore amatoriale a sviluppatore di videogiochi di professione.

Z4G0: Il mio primo approccio con i videogiochi è relativamente recente, all’incirca nella seconda metà degli anni 90. La scintilla vera arrivò con il mio primo PC nel ’95 (un 486 a 100MHz) in bundle con NBA Live ’95, Star Trek The Next Generation: A Final Unity e F117A. Rispetto a oggi per PC uscivano molti meno giochi, costavano molto di più e internet ancora era un miraggio, quindi per qualche anno giocai e rigiocai a quelli e a qualche shareware preso in edicola (Commander keen, Terminal velocity, Spectre V3, ecc…). Ancora mi mancavano i classici come DooM o Monkey Island, che ripresi solo qualche anno dopo in contemporanea all’uscita di altri nuovi classici come Half Life, Quake III e Unreal Tournament. Fu in questo periodo che si accese anche la curiosità per lo sviluppo di videogiochi, grazie alla sezione “talent scout” della rivista The Games Machine: in un numero c’era un articolo su un programma che permetteva anche a chi era alle prime armi come me di realizzare i propri giochi, ovvero Klik & Play. Poco dopo, per pura coincidenza, lo trovai in un negozio, super scontato e super impolverato: da qui in poi è stato tutto un susseguirsi di nuovi strumenti, nuove tecnologie e nuovi progetti ed esperimenti.

GameSource: Ticon Blu (ora Ivan Venturi Productions) e la scena dello sviluppo di videogiochi bolognese: come ti sei avvicinato a questo mondo?

Z4G0: Dopo le superiori – periodo nel quale creai anche il primo Longy, un topdown adventure-shooter su cui si basano Albedo e ITIS Arena (un nome, un programma) – e qualche anno di università (manco a dirlo, a indirizzo informatico), trovai su GameProg.it un’offerta di lavoro praticamente sotto casa per sviluppare ENUA, un browser game MMORPG in flash. Fui assunto e misi in pausa gli studi. Qui, tra gli altri, conobbi Marco Di Timoteo (Studio Evil), che all’epoca si occupava di gamedesign e grafica. Dopo solo un paio d’anni purtroppo l’avventura ENUA finì, e per qualche mese tornai a studiare attivamente. Tra una pizzata tra ex-colleghi e l’altra incontrammo Ivan Venturi. Inizia a lavorare con lui (allora in TiconBlu) su un paio di progetti mentre finivo di dare gli esami, poi su Eymerich, che era in sviluppo da qualche anno in collaborazione con Imagimotion. Tra un Eymerich e l’altro sfruttai la notte per partecipare allo sviluppo di Syder Arcade (sempre Studio Evil, che nel frattempo era diventata un’azienda) e iniziai a buttare le basi per il nuovo Longy (il terzo)… che poi diventò Albedo.

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GameSource: Veniamo alla tua creazione: come è nata l’idea di Albedo? Come descriveresti il tuo gioco a qualcuno che ancora non lo conosce?

Z4G0: Inizialmente il progetto era nato come un remake in 3D del mio vecchio giochino Longy: stessa ambientazione horror/sci-fi, stesso protagonista a metà tra un Duke Nukem e un Guybrush Threepwood, stessi mostri monocoli e stesse meccaniche adventure basate su puzzle ambientali, intervallati da sezioni più action.
Realizzai un primo prototipo lavorandoci saltuariamente di sera per diversi mesi. Un giorno Ivan, in partenza per la Games Connection, ci chiese se conoscevamo o avevamo progetti da voler mostrare ad eventuali publisher… e così proposi il mio remake di Longy. Dopo diversi feedback di publisher interessati capii che serviva qualcosa che rendesse ancora più particolare il gioco, più riconoscibile, perchè allo stato attuale era ancora troppo “generico”. Ivan intravide alcuni elementi della fantascienza anni ’60 già nel prototipo, per via dei colori accesi e dal design dei mostri un po’ naive. Quindi si decise di abbracciare quest’idea e virare (nemmeno poi di così tanto) lo stile di Longy, che nel frattempo cambiammo in “Albedo” (un nome che suonava abbastanza evocativo, scelto a caso all’interno di un listato di uno shader ). Alla Games Connection Ivan incontrò nuovamente la MergeGames, che fu molto interessata al progetto e ne divenne publisher, grazie a cui potei dedicarmi a tempo pieno per più di un anno.

GameSource: Ma è vero che l’hai fatto (quasi) tutto da solo? Com’è stato affrontare lo sviluppo di un gioco così complesso autonomamente? Quanto tempo ti ci è voluto?

Z4G0: Quasi tutto, dove quel quasi varia molto dai punti di vista: avendo utilizzato un engine già “pronto” come Unity3D, mi preme sottolineare come esso semplifichi e si prenda a carico una discreta fetta dello sviluppo. Inoltre alcuni colleghi (Francesco Aloisi, Danilo Egizio e Gerardo Verna) mi hanno dato una mano producendo un po’ di asset, utilissimi, specie verso la fine quando mancavano pochi giorni alla deadline e tante stanze da riempire… Per non parlare del reparto audio, dove Max Di Fraia è riuscito a ricreare quelle sonorità tipiche dei film e telefilm di fantascienza anni ’60. Senza dimenticare tutto il discorso localizzazione e doppiaggio, fatto in outsourcing…
Quindi, se è vero che una grossa percentuale del gioco l’ho realizzata da solo, non credo sarebbe mai uscito senza il supporto esterno di cui sopra, di sicuro non in tempi umani. Ho iniziato a creare il primo prototipo verso la fine del 2011: i primi due anni ho lavorato saltuariamente mentre ero impegnato tra Eymerich e Syder Arcade, ho lavorato fulltime solo l’ultimo anno. Se si considerano però anche gli altri vecchi progetti basati sullo stesso lore (Longy 3D, Longy 2 – tutti esperimenti incompiuti per mancanza di tempo e cambi di tecnologia), Albedo ha finalizzato un percorso durato più di 10 anni.

GameSource: Early Access: solo a citarlo il tuo volto si riempie di tristezza, probabilmente condivisa da molti altri. Puoi dirci la tua esperienza in merito? Qualche pro o solo contro?

Z4G0: In realtà mi ha permesso di ricevere una grossa quantità di feedback utilissimi e, non ultimo, ha coperto lo sviluppo della seconda parte del gioco. I contro sono in parte da ricercare in come la modalità Early Access sia stata travisata da diversi sviluppatori portando a una connotazione in genere negativa percepita dai giocatori, che sembrava particolarmente motivata e sostenuta specie nel periodo in cui rilasciai la versione anticipata di Albedo.
Un secondo problema è legato proprio alla tipologia di gioco, molto lineare, che mal si sposa con il concetto di Early Access. Questo può avere un impatto non trascurabile sull’economia del gioco, specie se si considera che, tesi avallata anche dal report di SteamSpy, il lancio in Early Access va considerato alla stregua di un lancio di una versione finale: la prima release è quella che conta, gli spike successivi, compresa l’eventuale relase finale (che, sempre secondo SteamSpy viene raggiunta solo nel 20% de casi), tendono a essere via via più bassi.

Early-Access

GameSource: A cosa stai lavorando ora? Nuovi progetti personali in arrivo?

Z4G0: Ora sto lavorando alla conversione di Albedo per Xbox One e PlayStation 4: se tutto va bene dovrebbero uscire verso la fine di settembre. Quanto ai progetti personali… nulla all’orizzonte, al momento. Grazie e alla prossima birrata! [già avvenuta almeno due volte da quando l’intervista è stata fatta, ndr]

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