Metal Gear Solid 3: Snake Eater – Recensione Metal Gear Solid 3: Snake Eater

Hideo Kojima torna al passato per un grande futuro

Iniziava nel 1998 l’avventura di Solid Snake in casa Sony, in quello che era un miglioramento del Metal Gear per MSX2 di dieci anni prima. Un uomo senza nome e storia alle spalle, figlio di nessuno se non della guerra. Durante il gioco si ebbe la possibilità di capire che l’antagonista del nostro eroe altri non era che il fratello Liquid Snake e non poche volte il comandante, tramite l’ormai diventato famosissimo Codec, aveva nominato un possibile padre del nostro eroico soldato: Big Boss.
A distanza di sei anni, Hideo Kojima rende nota la storia di quest’uomo, apparso a volte molto misterioso e privo di una storia che spieghi il perché del suo nome.

Big Boss la novità, Ocelot la costante

Sono gli anni 60, le due guerre mondiali sono finite e inizia la guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Al suo servizio di quest’ultima c’è un professore che sembra creare molti problemi agli USA: Sokolov, l’inventore dello Shagohod, una macchina nucleare capace di bombardare l’America da ovunque e in un qualsiasi momento. Voi siete un membro fondamentale della FOX, progenitrice della FOXHOUND dei primi due capitoli, un’ associazione che fa fronte ai movimenti di terrorismo internazionale basandosi a grandi capacità di infiltrazione. ll vostro nome in codice è Naked Snake: la vostra missione è infiltrarvi nella base sovietica e rapire il professore per poi riportarlo in America. Troverete dei nemici lungo il vostro percorso a partire da The Boss, il vostro mentore, una donna molto autoritaria e figura molto ammirata dal protagonista. Troverete il colonnello Volgin, principale antagonista della storia, comandante della sezione GRU; Eva, un membro del KGB, gran fanatica di motociclette e quindi un’abile e spericolata guidatrice che vi affiancherà nella vostra missione nel rapimento di Sokolov e che alla fine vi riserverà una sorpresa poco gradita. Per finire in grande stile, una vecchia conoscenza di nome Ocelot, maggiore della squadra GRU al comando della squadra Ocelot Unit, un giovane presuntuoso e ancora inesperto e soprattutto privo del soprannome “Revolver”, che però ingaggerà una vera e propria sfida con voi rimanendo fino alla fine al centro della storia senza mai perdere il desiderio di sconfiggervi. Questa è l’atmosfera che fa da sfondo alle vicende di questo terzo capitolo: una locazione imprecisata nell’Unione Sovietica, immersa nelle foreste tra basi militari e montagne boscose. Voi sarete lì da soli, dovrete procuravi le armi e il cibo per sopravvivere, completando questa missione e guidando il progenitore del nostro famigerato eroe.

Sopravvivenza anni 60

Nei precedenti capitoli avevamo grande tecnologia al nostro seguito, basti citare l’amato radar e l’odiato (per le sue continue interruzioni) Codec per capire di cosa parlo: invece in questo prequel vi troverete in una vera e propria missione di infiltrazione senza aiuti tecnologici e dove conterà soprattutto la vostra capacità di sopravvivenza. L’assenza del radar vi costringerà ad agire e muovervi in maniera molto più cauta e ragionare molto di più nel corso della missione: non avrete a disposizione un comodo visualizzatore della posizione dei nemici col solito puntino rosso e il campo visivo in verde, ma dovremo aiutarci con altri sistemi che vi saranno forniti, come ad esempio il rilevatore acustico, oppure il rilevatore di calore, che però non offrono le stesse prestazioni del vecchio radar di Solid Snake, con le tracce lasciate sul terreno, oppure cambiando la visuale col binocolo o anche passando alla visuale in prima persona. Una cosa molto utile in questo capitolo è il camuffamento, che vi permetterà di utilizzare diverse maschere facciali, tra le quali anche le divertenti bandiere degli stati principali attuali, e divise militari che, a seconda della locazione, si adatteranno meglio all’ambientazione, permettendovi una mimetizzazione molto efficiente che vi potrà esser segnalata in alto a destra sottoforma di percentuale. L’intelligenza artificiale dei nemici è altamente migliorata ed ora sarà molto alta la difficoltà come anche il livello di tensione: una cosa fondamentale è quella di far addormentare o uccidere sempre le guardie per evitare che queste possano tornare a darvi problemi nel corso della vostra avventura. Fondamentale sarà anche la capacità di procurarsi del cibo uccidendo animali, invece di trovare le solite razioni di cibo: quindi preparatevi a gustare topi, serpenti, coccodrilli e altri svariati tipi di animali che non avreste nemmeno sognato di mangiare e preparatevi a dei giudizi da parte del vostro eroe alquanto inaspettati.

Kojima, Shinkawa e Williams: squadra che vince non si cambia

Squadra che vince non si cambia, e Hideo Kojima non si separa, per iniziare, da Harry Gregson-Williams, che già con Sons of Liberty aveva fatto un buon lavoro. Williams conferma la sua abilità compositiva mostrando come anche la musica possa condizionare l’azione, l’atmosfera di spionaggio anni ’60 ed il concetto di sopravvivenza, riuscendo a coinvolgere il giocatore con quegli scoppi improvvisi di suoni che rendono emozionante e palpitante l’azione. Un sonoro, quindi, giostrato alla grande da questo che rimane uno dei migliori compositori contemporanei.
Parlando della grafica non si può non dire che sia uscito un ennesimo capolavoro che fa risaltare tutti i particolari, soprattutto nella tecnica della mimetizzazione e nell’ambiente circostante caratterizzato da fogliame, alberi con particolari caratterizzanti, il tutto amalgamato senza problemi nella fluidità del gioco. Naturalmente anche i disegni dei personaggi fanno la loro figura grazie all’ormai confermato character designer Yoji Shinkawa con i suoi grandi particolari stile militare. Nessuna imperfezione nemmeno in questo campo e niente da recriminare a questo vincente trio esecutivo-musicale-produttivo.

Una tensione abbastanza lunga

Se pensavate che questo capitolo fosse riduttivo e molto sbrigativo vi sbagliate, perchè Snake Eater raggiunge una longevità notevole, che vi terrà occupati per un bel pò di tempo a pianificare le vostre azioni passo per passo e nei lunghi e a volte stancanti scontri con i boss. A volte le aree sono grandi e spaziose e potreste anche perdere la strada principale, cosa che comporta ulteriore aggiunta di ore di gioco: insomma è una longevità che scaturisce anche dalla difficoltà di alcune mosse e azioni che dovrete compiere.

Mi hanno sfatato un mito?

Il mito di Big Boss non è sfatato, anzi è chiarito e ora avrete il quadro della situazione completo. Il consiglio è quello di acquistare questo terzo capitolo, prequel dei primi due, e godervelo in tutto il suo splendore di gioco di sopravvivenza e azione. Naturalmente è consigliato ad un’utenza che sappia tenere i nervi saldi e mantenga la calma anche nelle situazioni più snervanti come, ad esempio, l’attesa dietro un muro aspettando che la guardia si giri per colpirla alle spalle. Un gioco emozionante che merita di essere comprato anche dai non amanti della serie e del genere.

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