Metal Gear Solid: Peace Walker – Anteprima Metal Gear Solid: Peace Walker

Il sibilo del vento: esterno di Shadow Moses. Un vento leggero, con raffiche leggere: strada per Gronznyj Grad, sulle montagne. Poi il rumore del mare, che dolcemente si infrange sulla riva: impossibile non ripensare alla Big Shell, le cui zone esterne erano punti cruciali da attraversare per infiltrarsi nella struttura. Nei primi veri passi della demo di Metal Gear Solid: Peace Walker c’è tutto questo, e anche molto altro. Una semplice piccola zona, prima parte di uno scenario più ampio, ambientata in una spiaggia desolata, sede di questi particolari effetti sonori. In effetti il richiamo agli altri titoli non è così evidente ed immediato, ma pensare a Peace Walker come un gioco a sé stante rischia di apparire come un crimine.

Nonostante la successione cronologica della saga sia a questo punto piuttosto difficile da ricostruire, tutto sembra ritornare a Peace Walker, tutto sembra essere partito da lì: c’è Big Boss, c’è l’infiltrazione solitaria, ci sono le armi e gli oggetti tipici, ci sono i soliti supernemici, c’è Hideo Kojima, ci sarà Outer Heaven.

Senza Peace Walker non ci sarebbe stato il primo "Metal Gear" (inteso come gioco), senza gli eventi di Metal Gear non sarebbe nato il mito di Solid Snake, senza Solid Snake forse nulla dell’amatissima saga stealth-tactical più famosa al mondo sarebbe successo. Con Big Boss nasce il mito del soldato perfetto che sta alla base del progetto "Les Enfantes Terribles" (dal quale nascono Solid e Liquid Snake), da lui nasce l’utopia di Outer Heaven, lodato come un nuovo paradiso; ed è proprio di Outer Heaven che si parla in questo nuovissimo capitolo che presto arriverà sulla piccola di casa Sony, sfruttata al massimo per l’occasione.

Direttamente successivo a MGS: Portable Ops, Peace Walker mostra subito un Big Boss determinato che ha fondato una propria compagnia di mercenari, i militari senza frontiere. Insieme ad un team tutto nuovo, il soldato leggendario si ritrova a fronteggiare nemici più potenti di lui, ma grazie a queste sue esperienze matura la sua idea di un nuovo mondo e decide definitivamente di iniziare la costruzione della base di Outer Heaven (che sarà in Metal Gear); il tutto, ovviamente, in completo segreto, immerso in un fitto intrigo di misteri e doppi giochi.

Sicuramente queste nude parole non possono sostituire un intera saga di eventi, ma chi ha già avuto modo di conoscere i vari Snake e le loro storie sa già benissimo che un capitolo come Peace Walker assume un’importanza così alta che forse avrebbe meritato una console più adatta e capace di esprimerne al massimo ogni aspetto. Una bella scommessa, sia per gli uomini di Sony che per quelli di Kojima: riusciranno a vincerla?


Un po’ di storia

Molto probabilmente chi sta leggendo adesso conosce la saga abbastanza da capire quale valore abbia Peace Walker anche solo per la posizione cronologica che occupa; mentre Portable Ops sembrava più un titolo MGS su PSP per accontentare i fan (pur non rinunciando alla sua fetta di importanza, tutt’altro), Peace Walker è proprio un capitolo fondamentale della storia e se veramente rispetterà le attese sinora sollevate farà rimpiangere davvero una sua mancata produzione per le console di casa.

In questo periodo cruciale la mente e il cuore ferito di un uomo divenuto leggenda trovano la strada che volevano seguire da anni: sin da Snake Eater, successivamente alla morte della persona più importante per Big Boss (allora chiamato Naked Snake), i pensieri di quest’ultimo hanno subito una radicale trasformazione, influenzata da un forte odio per il disonesto governo che serve e dal dolore per questa forte perdita. Dopo aver messo alla prova le sue abilità persuasive in MGS: POps, (Naked) Snake forma un vero e proprio gruppo di militari indipendenti, il cui unico scopo, da quanto emerso sinora, è quello di non seguire le logiche contorte dei governi e di opporsi alla scorretta condotta dei Patriots, i quali controllano il mondo delle guerre e dei soldati.

In Peace Walker, nell’anno 1974, l’indifesa Costa Rica viene occupata da un gruppo sconosciuto di mercenari con equipaggiamento avanzato; il governo chiede allora l’intervento dei militari senza frontiere, mettendo in gioco Big Boss. Questo finisce con lo scoprire verità sempre più disgustanti: l’odio verso i Patriots aumenta e i militari senza frontiere diventano un’istituzione sempre più indispensabile secondo il giudizio di Snake; circa 20 anni dopo, lo stesso gruppo di mercenari, comandato come sempre da Big Boss, fonda Outer Heaven.

La storia pervenutaci con Metal Gear (primo gioco della saga, uscito su MSX) mostra a grandi linee una grave crisi nucleare che rischia di far scoppiare la Terza Guerra Mondiale: Outer Heaven viene dipinto come uno stato indipendente che tenta di conquistare il mondo grazie alla costruzione del Metal Gear. Sotto questo punto di vista, l’infiltrazione di (Solid) Snake viene giudicata necessaria e la vittoria finale dello stesso contro Big Boss consiste nel lieto fine.

Peace Walker, tuttavia, ci mostra un’altra versione dei fatti, quella dello stesso Big Boss, che opponendosi allo strapotere dei Patriots fonda un nuovo paradiso dove i soldati non sono costretti a seguire gli ordini egoistici del proprio governo corrotto, ma possono intervenire nei campi di battaglia di tutto il mondo per riportare la pace e la libertà. Il Metal Gear che Big Boss tenta di costruire sarebbe dovuto servire solo a combattere il sistema dei Patriots, ma l’azione manipolatrice di questi ultimi e le straordinarie abilità di Snake ne hanno determinato la caduta, irreversibilmente. Tutta un’altra storia, quindi, una storia che già di base segue il punto di vista di Big Boss e la sua crescita, con le grandi domande che hanno portato, molti anni dopo, al "paradiso" di Outer Heaven, ma che non si ferma qui e promette intrighi e misteri anche riguardo la misteriosa e potente milizia di mercenari che ha occupato il territorio rendendo necessario l’intervento di Snake. Un altro capolavoro o un capitolo forzato? È ancora presto per dirlo, ma a pensarci bene, c’è mai stato un prodotto di Hideo Kojima che non si sia rivelato un capolavoro?

Questione di tecnica

Spostandoci sugli aspetti puramente tecnici, non ci si poteva certo aspettare che un lavoro Kojima Productions fallisse l’obiettivo di sfruttare al massimo la potenza di una console: anche questo capitolo mantiene le promesse e mostra qualcosa che su PSP difficilmente si è già visto, forse solo grazie a God of War e FFVII: Crisis Core. Esteticamente non si nota alcuna differenza con MGS3: Snake Eater, non si vedono rallentamenti e anche gli effetti visivi funzionano perfettamente: ovviamente non si è al livello di MGS4 (e sottolineo ovviamente), qualche riflesso non è perfetto e il terreno può sembrare un po’ "fisso", ma considerando che si tratta di una console portatile si può ritenere un lavoro di altissima qualità, il migliore forse su PSP. Big Boss è identico, i movimenti del CQC piuttosto fluidi e la realizzazione di mimetiche e armi ben curata: solo un po’ di trascuratezza sui fondali impedisce di rimanere estasiati, ma non bisogna dimenticare che ci si trova su una demo, realizzata anche con un po’ di fretta per essere disponibile al TGS 2009. Più problematica sembra la gestione della visuale, che purtroppo viene lasciata ai tasti playstation (triangolo, cerchio, croce e quadrato) con evidenti problemi di sensibilità e precisione: almeno nella demo, mirare con precisione è davvero difficile e bisogna prendersi un bel po’ di tempo anche solo per colpire un avversario distante, figurarsi con un unico colpo alla testa; se trascurabile quando si è in incognito, nel bel mezzo di una battaglia potrebbe essere vitale colpire il punto giusto col minor numero di munizioni sprecate, cosa che con questo sistema di gestione diventa un’impresa. In soccorso non arriva nemmeno quella che può essere definita come "mira assistita", dato che questo sistema non si limita a "prendere" il nemico puntandolo in generale, ma sposta fisicamente il mirino verso la parte "più facile da colpire" in quel momento, andando sulla gamba o su un braccio il più delle volte, con effetti inutili nello scontro e forti resistenze per ritornare agli ordini del giocatore; quella non assistita, come già detto, presenta invece problemi nella sensibilità dello spostamento (il tutto a causa della mancanza della seconda levetta analogica).

A parte questo, nel gameplay si notano altri arrangiamenti dovuti alla mancanza dei due pulsanti dorsali (rispetto al Dualshock) che provano ad essere sostituiti dalle freccette: in realtà esse sopperiscono anche alla perdita dei tasti azione (obbligatoriamente dedicati alla telecamera), sostituendoli nella scelta della posizione (in piedi, accovacciato, disteso), nelle funzioni speciali (appiattito a muro), nella ricarica dell’arma e nell’apertura dei menù "armi" ed "equipaggiamento"; con le freccette si riesce anche a cambiare impugnatura (destra o sinistra) quando si sta mirando con un’arma, mentre sembra impossibile (almeno nella demo) mirare rapidamente uscendo da posizione a muro, opzione veramente utile in molti casi che qui fa sentire la sua mancanza. Terribile perdita, se confermata, sarebbe quella della possibilità di strisciare mentre si è distesi a terra, assente nella demo. Per finire, mira e fuoco sono comodamente lasciati ai tasti L e R, perfetti per essere rapidamente scelti e pressati anche per lungo tempo senza fastidi.

Non si è di fronte alla perfezione, ma è già un ottimo risultato che un gameplay così ampio sia stato fatto entrare in una console così piccola: il vero peccato è la mancanza della seconda levetta, causa prima di questi fastidi che non possono essere risolti. Se tuttavia la versione finale riuscirà ad aumentare la sensibilità della telecamera, potremo gustare un vero e splendido Metal Gear Solid anche sulla nostra amata PSP.

Hoping for the future

Una demo di sole 3 missioni, di cui un tutorial e uno scenario piuttosto banale, seguiti da una lotta contro un boss, non possono trasmettere ciò che veramente un gioco di Kojima ci ha sempre abituati a sentire. Molto, con ogni probabilità, sarà riposto nella trama, punto cardine nel gioco, ma non sono da escludere le piacevoli sorprese sul gameplay (chi ha giocato a Portable Ops sa che cosa si intende); intanto si può già gustare un simil MGS3 che non dispiace assolutamente, con solo un po’ di problemi nella visuale. A dir la verità nulla di questa demo fa gridare al capolavoro, ma conoscendo videoludicamente il caro Hideo, è già una sorpresa che abbia rilasciato questa breve demo: un piccolo assaggio per dissetare un po’ i fan o la prima moneta di un immenso tesoro?

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