Nine Hours, Nine Persons, Nine Doors – Recensione 999 – Nine Hours, Nine Persons, Nine Doors

Con il termine visual novel in Giappone si intende una categoria di giochi d’avventura che, come dice il nome stesso, mischiano una narrazione serrata tipica del romanzo, con gli elementi caratteristici degli adventure games quali esplorazione, risoluzione di enigmi e così via, il tutto presentato nella maggior parte dei casi con una grafica bidimensionale in perfetto stile anime.
Nonostante il discreto successo di alcuni franchise come Ace Attorney o i giochi della defunta CING (Hotel Dusk e il suo seguito Last Window, per esempio) tuttavia, in Occidente rappresenta ancora un genere di nicchia, snobbato da molti videogiocatori  probabilmente a causa della preponderanza del testo sul gioco vero e proprio, quindi non può che stupire positivamente la scelta di Aksys game di distribuire sul suolo americano un software come 999: Nine Hours, Nine Persons, Nine Doors in una lingua comprensibile ai più.
Sviluppato da Chunsoft e uscito in Giappone nel dicembre 2009, dopo quasi un anno dalla release 999 è approdato negli USA lo scorso novembre e ha inaspettatamente suscitato grande entusiasmo presso il pubblico, registrando in poche settimane sold–out, e rivelandosi uno dei migliori giochi per Nintendo DS dello scorso anno.

 

 

Il gioco del 9

Il maggior punto di forza di 999: Nine Hours, Nine Persons, Nine Doors risiede, come naturale che sia in un romanzo interattivo, in una trama solida e complessa, che tiene senza fatica il lettore/giocatore incollato al doppio schermo della console portatile fino alla sua reale conclusione; scritta da Kotaro Uchikoshi, già autore della storia di un altro ottimo visual novel, l’acclamato Ever 17:  The Out of Infinity, con il quale 999 condivide molti aspetti, anche di gameplay. Effettivamente il punto di partenza della storia non è nulla di particolarmente innovativo, anzi, suona decisamente di già visto. Ma man mano che si prosegue con la trama ci accorgeremo che il frettoloso giudizio iniziale è altamente immotivato, perchè ci troviamo davanti ad una storyline ben architettata e appagante come poche.
All’inizio della vicenda il protagonista, il giovane Junpei, si risveglia in quella che sembra la cabina di una nave  abbandonata senza alcun ricordo di come abbia fatto a finire in mezzo all’oceano e con uno strano braccialetto al polso sinistro il cui display  riporta il numero 5. In poco tempo si rende conto di non essere il solo passeggero del transatlantico – che si rivela un’inquietante replica del Titanic –  perché altri otto personaggi condividono la sua stessa sorte: muniti anch’essi di un braccialetto numerato da 1 a 9, sono infatti tutti costretti a partecipare ad un sadico gioco, il Nonary Game, orchestrato da un individuo misterioso chiamato Zero, la cui identità e il reale aspetto sono celati dietro una maschera antigas. Lo scopo del gioco è quello di attraversare una serie di porte numerate per trovare – e varcare – entro nove ore quella riportante il numero 9, che equivale all’unica via di fuga dalla nave; ma per fare  questo è necessario seguire delle regole precise, che comporteranno alla divisione in gruppi dei malcapitati, i quali capiranno ben presto il motivo per cui ad ognuno è stata assegnato un braccialetto: per poter passare da una porta infatti, bisogna creare una combinazione tale che la radice digitale dei valori numerici a loro assegnati – ovvero la somma dei numeri reiterata in modo che il totale  abbia un valore compreso tra 1 e 9 – risulti la stessa cifra dipinta sulla porta.
 

 

I braccialetti numerati avranno un ruolo chiave nel gioco

Spetterà dunque al giocatore, nelle vesti di Junpei, compiere la scelta di quale percorso seguire, ognuno dei quali condurrà a sei differenti finali e arricchirà la trama di particolari, mostrando le sfaccettature più profonde dei personaggi: presentati in un primo momento come i classici stereotipi degli anime giapponesi – una giunonica femme fatale poco vestita, l’omone ottuso, la ragazzina esuberante con un’improbabile tinta di capelli, la classica amica di infanzia di cui è innamorato il protagonista e così via –  i nove partecipanti al Nonary Game, di cui – eccezion fatta per Junpei e la sua ex compagna di scuola Akane – non conosciamo neppure il vero nome perché sin dal primo momento useranno degli alias. Cammin facendo, mostreranno la loro effettiva natura e il loro passato, in un crescendo di colpi di scena e rivelazioni. Pur non essendo molto credibili in alcune situazioni – nonostante il limite orario, i personaggi perdono infatti spesso tempo a dialogare tra loro di argomenti complessi di storia, psicologia o pseudo-scienza che solo apparentemente non hanno nulla a che fare con la situazione in cui si trovano – il loro comportamento ha invece delle reali motivazioni e nulla è effettivamente lasciato al caso; ci troviamo  davanti ad un plot ben studiato, che lascia ben poco spazio ad alcune falle nella storia o a facili incongruenze; su altissimi livelli la narrazione in terza persona, grazie anche ad un eccellente lavoro di traduzione dal giapponese all’inglese, che coinvolge con l’ausilio di minuziose descrizioni degli ambienti e colpisce emotivamente attraverso gli atteggiamenti dei personaggi, dei quali riusciamo a percepire facilmente il senso di sfiducia e di disperazione. Erroneamente categorizzato come gioco horror, in 999 non si mostrano mai troppo palesemente delle scene raccapriccianti alla vista del giocatore: si tratta infatti di un thriller psicologico in cui si predilige all’immagine violenta di un corpo dilaniato da un’esplosione, una tanto accurata quanto macabra enunciazione dello stato del cadavere, quasi compiacendosi nel narrare particolari grandguignoleschi che colpiscono nel segno… e nello stomaco del giocatore.  Ottimi anche i frequenti dialoghi tra i protagonisti, mai noiosi e spesso permeati da una brillante ironia che più di una volta sfiora, pur non cadendo mai nella gratuita volgarità, l’allusione sessuale. Il gioco in effetti, è tra i pochi per Nintendo DS ad aver ricevuto un rating M, adatto dunque ad un pubblico più maturo: a parte le ragioni appena elencate comunque, difficilmente i giocatori più giovani potrebbero appassionarsi a questo tipo di storia, tenendo anche conto che spesso vengono citate – e  avranno pure il loro peso nel plot –  alcune teorie medico-scientifiche perfettamente riscontrabili nella realtà. 

 

Gli altri compagni di sventura del Nonary Game sembrano piuttosto stereotipati, ma ognuno di essi riceverà il giusto approfondimento nel corso della trama

 

 

 

 

Seek a way out!

Come nelle più classiche avventure grafiche, al narrato si accompagna la parte più ludica e interattiva, che comporta l’esplorazione e la risoluzione dei puzzle: da questo punto di vista infatti 999 presenta lo stile di un “escape the room”, quel sotto-genere di giochi di avventura/punta-e-clicca – che al contrario del visual novel hanno largo seguito in Occidente – in cui bisogna trovare, attraverso l’uso di oggetti reperiti nell’ambiente circostante o la decodifica di alcune combinazioni, il modo in cui uscire da una stanza chiusa. Infatti, dopo aver attraversato una porta numerata, Junpei e i suoi compagni di avventura si ritroveranno bloccati in uno dei locali della mastodontica nave e  si vedranno costretti per proseguire il loro cammino ad identificare la via di uscita o la chiave per poter aprire le porte sbarrate. La visuale dell’ambiente, riportata sul touch screen del DS, è quella in prima persona di Junpei, mentre nello schermo superiore si visualizzeranno il testo e gli sprite degli altri personaggi; inoltre, tramite la pressione del tasto X sarà possibile controllare la planimetria della stanza.
Attraverso lo schermo tattile e lo stilo invece, si potrà far ruotare la visuale per esplorare a 360° le aree circostanti e si interagirà con gli oggetti. In certi casi alcuni di essi verranno inseriti nell’inventario, accessibile in qualsiasi momento della fase investigativa, nel quale ogni articolo può essere esaminato e addirittura combinato con altri. Controllare più volte gli indizi trovati talvolta sblocca dei dialoghi fondamentali con gli altri protagonisti, che riveleranno a Junpei alcune informazioni e persino dei consigli utili alla risoluzione dei puzzle, oltre che degli esilaranti scambi di battute, atti a smorzare l’atmosfera pesante e che dipingono maggiormente il carattere a tutto tondo dei personaggi.

 

I personaggi non si risparmieranno in sarcasmo durante le fasi esplorative

 

Inoltre il giocatore avrà sempre a disposizione una serie di “documenti” da consultare e persino una calcolatrice che estrae con un semplice clic la radice numerica di una serie di cifre. C’è da dire comunque, che questi due strumenti resteranno perlopiù inutilizzati: i puzzle infatti sono una onesta mediazione tra immediatezza e complessità. Essi non sono mai troppo difficili da indurre frustrazione né tantomeno elementari o con soluzioni improbabili o casuali. È difficile infatti, se non impossibile del tutto, perdersi un indizio particolarmente nascosto o rimanere senza idee per proseguire; malgrado le nove ore concesse da Zero all’inizio del gioco inoltre, non c’è mai un limite di tempo effettivo entro il quale si deve trovare la via d’uscita ed è possibile salvare in qualsiasi istante: il giocatore potrà quindi intraprendere con tutta calma l’avventura e  la risoluzione degli enigmi. Quello che per alcuni rappresenta un serio difetto, data la già scarsa interattività della controparte narrata – imputabile alla natura stessa del gioco tuttavia –  per altri può essere un espediente per enfatizzare proprio la parte “romanzesca”, reale punto nevralgico dei momenti di tensione e che a conti fatti è il fiore all’occhiello del prodotto Chunsoft.

 

Gli enigmi, a parte qualche raro caso, sono piuttosto intuitivi ma mai elementari

 

 

Come accennato in precedenza, il gioco prevede sei finali, di cui tre completamente negativi, un falso finale  – l’unico realmente evitabile – e uno necessario a sbloccare il  "true” ending, che non è possibile raggiungere sin dalla prima partita. Questo perché, al contrario di molti altri esponenti del genere, 999 ha un alto livello di rigiocabilità, necessaria  affinchè l’intera storia possa essere compresa e goduta appieno. Anche gli epiloghi negativi infatti meritano di essere vissuti, perché ogni finale rappresenta il tassello di un intricato puzzle e ogni partita conferirà maggior significato alla precedente, fino allo sconvolgente e chiarificatore finale effettivo della vicenda. Malgrado si dovrà ricominciare da capo l’avventura e rifare alcuni enigmi, il gioco permette di accelerare i dialoghi già letti, tramite la pressione del freccetta destra, tornando alla normale velocità di visualizzazione in caso di eventi e frasi inedite e soprattutto nei momenti in cui si dovranno effettuare le scelte, mostrando in grigio scuro le opzioni già selezionate

Il character design, in un coloratissimo stile anime, è stato affidato a Kino Nishimura: ottimo per i cultori del genere, è complessivamente gradevole anche per chi storce il naso davanti ad occhi troppo grandi ed altre esagerazioni anatomiche poco realistiche. Ogni personaggio vanta una serie di sprites in 2d come avviene ad esempio nella saga Ace Attorney , con animazioni molto semplici ma ben riuscite, che sfruttano una palette di colori molto accesa e luminosa. Anche gli sfondi sono bidimensionali, statici ma dettagliati, e ricreano alla perfezione l’atmosfera di lussuosa decadenza di una nave da crociera di inizio Novecento, e trasmettono inoltre, grazie anche alle pregevoli descrizioni, un claustrofobico senso di smarrimento.

 

 


Il character design dei personaggi è complessivamente molto gradevole

 

Ulteriore plauso va fatto al comparto sonoro: i brani composti da Shinji Hosoe accompagnano ottimamente ogni istante dell’avventura, risultando sempre adatti alle svariate circostanze, ma anche gli altri effetti sonori – come il suono dei passi, il sinistro cigolio delle porte, o anche solo lo spettrale scricchiolio della nave che rompe il silenzio – contribuiscono a costruire la tensione e l’atmosfera del gioco.

 

 

I want to play a Nonary Game

Tirando le somme, pur presentando alcuni oggettivi e indiscutibili difetti, 999: Nine Hours, Nine Persons, Nine Doors è un gioco ottimo, che merita il successo di pubblico e critica riscosso in patria come in Nordamerica. Inutile dire che chi non è disposto a sorbirsi un’ingente mole di testo – peraltro in inglese –  non troverà alcun punto di interesse nel software Chunsoft,  mentre gli amanti delle trame articolate e ben scritte non resteranno delusi dalla storia di 999, che pur presentando situazioni di partenza non necessariamente originali – il gioco di Zero ricorda molto la serie horror di Saw, così come non è nuova l’idea di un gruppo di persone che devono trovare una via di fuga da un ambiente ostile – si dipana magistralmente, coinvolgendo il giocatore attraverso uno  intreccio mozzafiato e  uno script infallibile  in un gioco di emozioni che difficilmente, una volta terminato, lascerà indifferenti. Poiché al momento non è  prevista una distribuzione in Europa, è obbligatorio ricorrere all’import per poter godere di questo piccolo capolavoro, tuttavia, data l’indubbia qualità del titolo, questo non dovrebbe costituire un deterrente all’acquisto, così come non deve esserlo la sola lingua disponibile, l’inglese: il gioco è infatti facilmente comprensibile a chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la lingua di Albione. L’entusiastica accoglienza ricevuta negli USA da 999 inoltre potrebbe rappresentare il vero trampolino di lancio per la localizzazione di un maggior numero di visual novel in Occidente, e chissà, magari una flebile, ottimistica speranza per i fan del genere del Vecchio Continente. 

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