Pulse

A due anni dalla fine di una vincente campagna su Kickstarter, Pixel Pi Games rilascia su Steam Pulse, un survival game singolare, la cui storia ruota intorno a Eva, una ragazza non vedente. L’utilizzo della cecità all’interno di un videogioco non è esattamente un’idea innovativa, ma Pulse supera tale mancanza iniettando a schermo una manciata di sensazioni differenti, con toni accesi e colorati.

Eva è una giovane ragazza che lascia la sua famiglia e si avvia verso un pericoloso pellegrinaggio, fatto di immaginazione ed eco-localizzazione. I motivi della sua partenza non vengono mai spiegati chiaramente, ma tutte le altre informazioni vengono frammentate e raccontate tramite le immagini di ogni livello, fino a ricevere una più definitiva chiarificazione durante le sequenze finali.

Parliamo di una storia che si può terminare in un paio di ore, anche se è possibile avviare una speed-run che può essere completata in trenta minuti, così come suggeriscono gli achievement di Steam (I Could Run That Blindfolded).

Pulse Recensione 2

Alla stregua di Daredevil, Eva riesce a utilizzare i restanti sensi per giostrare le sue azioni all’interno dell’ostile area di gioco. I suoi passi, così come ogni oggetto in movimento che emette suono, le permettono di intravedere l’ecosistema e l’ambiente che la circonda, permettendole di superare le numerose fasi di platforming inserite nel titolo. Qualora non dovesse essere sufficiente, Eva potrà lanciare i Mokos – dei teneri cuccioli pelosi di colore bianco – in qualsiasi punto della mappa, in modo da localizzare oggetti o luoghi anche su lunghe distanze. I Mokos possono inoltre essere inseriti all’interno di ingranaggi a forma di ruota, permettendo l’apertura di porte e l’avvio di strani marchingegni.

A differenza della visione più chiara dell’eroe Marvel, Pulse mostra immagini molto più psichedeliche, frutto della fantasia di una ragazza che è costretta a immaginare un mondo che non ricorda più molto bene. Per tale ragione ogni ambiente è ricreato in modo altamente minimalista. Ogni livello ha il suo colore predominante, alcuni sono più blu, altri più purpurei, ma in ogni caso tale scelta non va a minare la navigazione della ragazza.

Più che altro è una necessità sinestetica di voler trasmettere la sensazione di una spaesata angoscia: tutto sembra confondersi e sovrapporsi nella sua immaginazione, che si traduce in un disagio visivo e sensoriale per il giocatore. Non mancheranno insomma zone in cui i suoni e le interferenze grafiche possono arrivare dritte allo stomaco, ma con un pizzico di pazienza in più, la soluzione sarà dietro l’angolo.

Pulse Recensione 1

Assodati i caratteri minimalisti della grafica, la scelta di Unity si associa correttamente all’idea di visione. Si sente un po’ la mancanza di impostazioni grafiche più dettagliate: si possono modificare solo la risoluzione e la qualità delle texture. Nei due anni ci si poteva aspettare di più. Resta comunque positivamente impresso il vibrante contorno delle immagini, nonché la direzione artistica dei segmenti naturalistici e architettonici, tra laghi ghiacciati, templi in rovina e villaggi lasciati ardere al fuoco.

Chiaramente il suono ha necessità di un’attenzione certosina, essendo il principale motivo per cui Eva riesce a comprendere lo spazio. Il comparto sonoro non è lontano dall’essere eccellente (colonna sonora di Joel Corelitz), perché riesce a scavare ancora più a fondo, dando quella profondità in più che manca al titolo. Orchestrando una vera e propria atmosfera di qualità.

[signoff icon=”quote-circled”]Abbiamo fatto bene a parlarvi di un “survival singolare”, perché in Pulse non si scappa da nessun mostro o nemico in particolare. Non esiste il Game Over, ma solo il trial and error. Pixel Pi Games ha però ricreato un ambiente ostile, ansiogeno e confuso, capace di far riversare in uno stato di tensione. Riuscire a sopravvivere a questa esperienza cieca, è il vero motivo di questo (esercizio di) stile. Si possono ricercare forti emozioni grazie alla meccanica di gioco, ma il titolo avrebbe avuto tutto un altro aspetto – nonché destino – se ci fosse stata una storia da ricordare.[/signoff]

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