The Banner Saga – Recensione

Gli dei sono morti.”

Non è un aforisma di Nietzsche, ma l’incipit narrativo di The Banner Saga, gioco di ruolo tattico dalle tinte norrene. Una frase molto concisa, per entrare immediatamente nell’atmosfera di gioco: un mondo lasciato a sé stesso, dove i suoi popoli vivono per loro stessi, abbandonando il credo nelle entità superiori, ma non per questo meno intimoriti da fenomeni incomprensibili – come il sole che non cala più, e che alcuni ritengono segno della fine dei tempi. Dopo la nostra entusiasta anteprima, siamo finalmente pronti a parlarvi della versione completa del primo gioco di Stoic Studio.

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L’inizio della fine

The Banner Saga è la storia di quello che si potrebbe definire come “il giorno più lungo”, un tramonto verso una notte eterna per tutti gli esseri viventi. L’ambientazione e la storia prendono forte ispirazione dalla scandinavia dell’età vichinga, mantenendo al contempo una propria identità eliminando i riferimenti sulle figure tipiche del periodo (e fin troppo abusate di questi tempi), quali Thor, il Valhalla, l’Asgard e così via.

In questo freddo mondo, umani e Varl – giganti umanoidi dotati di corna – sono in procinto di rinforzare l’alleanza tra i due popoli, non sempre stati in rapporti idilliaci. Il giocatore, alla guida di questa spedizione, scoprirà presto come un semplice viaggio diplomatico diventerà ben presto una guerra contro un antico nemico comune: i Dredge.

La premessa può non sembrare entusiasmante, e noi vogliamo limitare i dettagli per non rivelare troppo di questa avventura, la cui trama evolve sempre di più nei temi epici e apocalittici. Non si tratta però di una narrazione a senso unico: la storia non ha un solo protagonista, e presto si divide in due parti che prendono inizio in modo totalmente opposto, con personaggi molto differenti tra loro e a cui il giocatore farebbe bene a non affezionarsi troppo. La morte è una minaccia costante: il giocatore dovrà fare delle scelte di continuo, ognuna delle quali con conseguenze più o meno notevoli e/o immediate sull’andamento del gioco. La maturità del titolo è visibile all’interno di tutte queste situazioni, nel quale si avrà anche modo di saggiare la cura dedicata ai dialoghi e una forte maturità dei temi, che inducono il giocatore a prendere decisioni con forti coinvolgimenti morali ed emotivi.

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Tra nostalgia e innovazione

Non è solo l’ottima narrazione a essere autrice del coinvolgimento che ha creato in noi questo titolo: prima ancora di essa, infatti, sono occhi ed orecchie che prendono la loro parte. Raramente, infatti, un videogioco riesce ad essere così accattivante da creare emozioni solamente guardandolo, e non certo per l’uso di tecniche grafiche avanzate. Infatti, il gioco è completamente bidimensionale, frutto di un grande lavoro artistico che prende forte ispirazione dallo stile di Eyvind Earle, pittore e illustratore noto in particolar modo per la sua collaborazione con Disney durante gli anni ’50.

Il risultato è accattivante, e sposa benissimo con le atmosfere nordiche del titolo, rendendolo piacevole non solo al primo impatto, ma anche nel dettaglio – la cui “esplorazione” è possibile grazie alla voluta lentezza di proseguimento del gioco.
Al lavoro di stile si somma anche l’accurato abbinamento di un ottimo comparto sonoro, riscontrabile soprattutto nelle musiche di accompagnamento e, in minor parte, nei suoni dei combattimenti e nelle poche (ma efficaci) voci narranti.

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Oltre il video, il gioco

Che un gioco colpisca così tanto da far cadere ogni descrizione del gameplay in seconda pagina è certamente un fatto degno di nota, ma non per questo possiamo esentarci dal parlarvene meglio. Esso si divide in due parti. La prima riguarda il viaggio: essenzialmente, tutto il gioco è una lunga marcia in cui i protagonisti avanzano con il proprio vessillo (da qui il titolo), seguiti dai loro eserciti, e le scelte del giocatore porteranno all’accrescimento o (più facilmente) alla decimazione di questi ultimi. Sono presenti due parametri: morale e cibo. Ogni giorno di marcia o di riposo comporta consumo di scorte, e quando saranno finite, l’esercito inizierà a perire ed il morale a calare, con conseguenze con i combattimenti – vero fulcro del gameplay.

The Banner Saga è un gioco di ruolo tattico su una griglia quadrata, in combattimenti a turni in cui il giocatore deve fare il miglior uso delle proprie unità per poter sconfiggere i propri nemici. Le unità hanno due parametri principali: armatura e forza. L’armatura protegge dal danno, che è calcolato sottraendo il valore della protezione dalla forza dell’attaccante. La forza consiste sia nel valore di attacco che nella salute del personaggio. I personaggi possono scegliere di attaccare l’armatura o la forza a proprio piacimento: nel primo caso, la salute/forza fisica del bersaglio rimarranno intatte, ma il successivo attacco gli esporrà a maggiori danni, mentre nel secondo i danni saranno limitati ma verranno al contempo limitati anche quelli del bersaglio.

Un concetto molto semplice, alla base di ogni battaglia, le quali inizialmente saranno semplici e risolvibili quasi senza sforzi, limitando il giocatore ad attaccare i nemici alla cieca. Ma più si va avanti, più la difficoltà impenna, rendendo necessario sfruttare al meglio le abilità specifiche di ogni personaggio – attivabili tramite punti di volontà, che permettono inoltre di poter assegnare valore in più alla forza di attacco o di compiere spostamenti più estesi nell’area di gioco. Ci sono anche altri parametri, ma sareste voi stessi a scoprirli e a rendervi conto della loro utilità. Quello che è importante menzionare è, piuttosto, l’univocità di ogni personaggio: ogni uccisione e scontro, ed anche i vari eventi narrativi, porteranno all’ottenimento del Renown, unica “moneta di scambio” per acquistare provviste, oggetti e, soprattutto, far salire di livello i propri personaggi, il cui apice è il quinto livello. Può sembrare poco, ma vista la mortalità dilagante nei propri personaggi, si farà presto l’abitudine a non abituarsi a scelte tipiche di altri giochi del genere, nei quali siamo soliti ad usare sempre le stesse unità.

Come noterete, la mole di informazioni sul gameplay non è elevatissima, ad evidenziare come, in fondo, sia piuttosto semplice da apprendere. Ma, come al solito, ciò che è facile da imparare non è altrettanto facile da padroneggiare. Sebbene siamo lontani dalla profondità tattica di giochi analoghi, The Banner Saga riesce comunque a mantenere una sua originalità e profondità tattiche non indifferenti, che, specialmente a difficoltà elevata, mettono davvero alla prova il giocatore, invitato però ad accettare le conseguenze non solo delle sue scelte, ma anche delle sue sconfitte – difatti, perdere uno scontro non significa esser costretti a ricaricare, ma ha conseguenze sulla trama a venire e sullo stato del proprio esercito.

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Come ombre camminiamo nella valle della morte

The Banner Saga è quanto di meglio si potesse chiedere per iniziare il nuovo anno. È un gioco assolutamente fuori dal comune, che ammalia per il suo stile grafico e la sua profondità narrativa, attraverso un viaggio carico di atmosfera e avvenimenti imprevedibili, e che cattura con combattimenti di facile apprendimento ma che non mancano di dare filo da torcere a chi cerca una sfida. La sua “semplicità” è forse anche il suo unico svantaggio, che potrebbe deludere chi cercava un esperienza più completa e lunga – dato che il gioco è solo la prima parte di una trilogia. Al contempo, la sua breve durata spinge anche ad una maggiore rigiocabilità, che all’interno di un gioco con così tante variazioni è sicuramente un fattore positivo.

Raramente ci è capitato di trovare un titolo che, nella sua limitata grandezza, riesce a dimostrare che si può avere una grande trama senza scadere nei cliché di Hollywood e del mercato giapponese. Un gioco non adatto ai più, ma sicuramente indicato a tutti coloro in cerca di emozioni vere.

8.5
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