The Curse of Monkey Island – Recensione The Curse of Monkey Island

Ritorno all’isola delle scimmie

Per tutti coloro che masticano il genere, è decisamente difficile non conoscere la leggendaria saga di Monkey Island, parto del geniale Ron Gilbert ormai al quarto episodio. Quello che state per vedere è il terzo fra tutti, successivo a “The Secret of Monkey Island” e “Monkey Island 2: Le Chuck’s Revenge”, ma primo a non essere stato nemmeno toccato da Gilbert: molti trovano che quest’assenza si senta, altri credono che sia il migliore dei quattro a prescindere, ma qui verrà trattato semplicemente come gioco a sé stante. Preparatevi ad una delle più grandi, incredibili e assurde avventure piratesche di sempre: la maledizione abbia inizio!


Maledizione! Di nuovo lui!

Un gioco come questo ha senz’altro bisogno di un buon prologo, che spieghi i fatti successi in precedenza: diventato pirata e sconfitto il corsaro fantasma Le Chuck nel primo episodio (The Secret of Monkey Island), e rivisto quest’ultimo ritornare in vita per tormentarlo, il protagonista Guybrush Threepwod, intrepido bucaniere capace di trattenere il respiro per 10 minuti, era rimasto incarcerato alla fine del 2° capitolo (Monkey Island 2: Le Chuck’s Revenge), in un posto chiamato Big Whoop. Uscito da lì in qualche modo che egli stesso si rifiuta di riferire, incomincia il terzo capitolo su una macchinina da autoscontro, in pieno oceano, con nient’altro che mezza pannocchia, dei palloncini pieni d’elio e un diario su cui sta annotando il resoconto delle sue avventure. Disperato per la propria sorte, con un sospiro scrive le ultime parole e… BAAANG! Improvvisamente, senza nemmeno accorgersene, è nel pieno di una battaglia tra un fortino in cui si è arroccata Elanie Marley, donna di cui s’è invaghito dal primo capitolo nonché sindachessa di un arcipelago e piratessa, ed una nave di non-morti capitanata da Le Chuck in persona. Tempo dieci secondi e si ritrova imprigionato in una stanza, in cui un minuscolo filibustiere dalla faccia familiare sta sparando con un cannone. È da qui che prenderete il controllo del gioco, da qui parte il lungo viaggio in cui sarete posti in mezzo alle situazioni più assurde e strampalate. Per risolvere i mille enigmi che vi attendono dovrete usare il cervello, ma non troppo. La maggior parte di essi è infatti così assurda eppure logica che oltre all’intelligenza avrete bisogno di una buona inventiva. Riuscirete a salvare Elanie da uno strano destino? Solo giocando avrete la risposta a questo quesito.

Paesaggi caraibici

Il gioco è interamente sviluppato in grafica 2D, disegnata in stile cartoonesco. La qualità dei disegni che compongono il gioco è splendida: i personaggi, le ambientazioni, tutto è disegnato ad opera d’arte, vivacemente colorato e reso piacevole alla vista, unendo in sè demenzialità e atmosfera. Ottima è anche la varietà dei luoghi e dei personaggi che incontrerete: in tutto il gioco visiterete 4 isole ricche di particolari interessanti, piene d’atmosfera e di magia, popolate da personaggi strambi ed originali: imponenti locandieri taciturni, cannibali vegetariani, venditori di assicurazioni, vulcani allergici al lattosio (?) e molti altri ancora.


Brezza dall’est

Un tributo al geniale compositore della colonna sonora di The Curse of Monkey Island è d’obbligo. Grazie al magistrale lavoro di Michael Land, infatti, l’intero gioco acquista ancora più prestigio: temi musicali che rimarranno incisi nella memoria ad ogni schermata, motivi orecchiabili e sempre in perfetta sincronia con l’azione, suonati ad arte e ricchi di magia. Oltre ai temi ripresi dai precedenti capitoli e opportunamente remixati, avrete occasione di sentire nuovi temi inediti di qualità non inferiore.
Un ottimo lavoro è stato fatto anche con il doppiaggio: dato che questo capitolo è anche il primo ad ospitare il parlato, il gioco ha dovuto affrontare l’esame di apprezzamento dei fan per quanto riguarda le voci dei personaggi vecchi e nuovi. Un esame sicuramente passato: il doppiaggio è di ottima qualità, con grande varietà tra le voci dei vari personaggi, tutte azzeccate ed in sintonia con il loro possessore.


Una moneta per nove caselle

Le uniche vere innovazioni di questo capitolo sono state circa l’interfaccia di gioco, assolutamente in meglio. Nei primi due capitoli questa era composta da una parte dello schermo inferiore, suddivisa in due parti: una di nove caselle ciascuna contenente un’azione (apri, chiudi, esamina, usa, raccogli, dai, tira, premi, parla), e al’altra suddivisa in riquadri contenenti gli oggetti dell’inventario. Per compiere un’azione era quindi necessario cliccare sul riquadro corrispondente e poi sul punto dello schermo interessato, eccetto che per l’azione di camminare, che era quella principale assegnata al puntatore; inoltre, alcune azioni più comuni per l’oggetto con cui interagire erano assegnate al tasto destro (ad esempio “apri” con una porta, o “parla” con un individuo). In questo invece le cose sono cambiate: per compiere un’azione qualunque, eccetto camminare, è infatti necessario tenere premuto per pochi istanti il tasto sinistro del mouse. Facendo ciò compare un medaglione, con sopra raffigurati una mano, un teschio e un pappagallo. Muovendo il mouse su uno di queste tre immagini e rilasciando, è possibile compiere l’azione corrispondente: nel caso della mano si potrà raccogliere un oggetto, aprire una porta, o spingere un personaggio e così via; nel caso del teschio si potrà esaminare il punto in questione; nel caso del pappagallo si potrà parlare con una persona, o perché no? Inalare dell’elio da dei palloncini. Al tasto destro è invece assegnata la funzione di aprire e chiudere l’inventario.


The end

The curse of Monkey Island è uno dei giochi che fanno da pilastro all’intero genere Avventura Grafica: un gioco pregevole, fatto con cura, ricco di momenti esilaranti e di idee originali. Nonostante la sua età avanzata, grazie al suo stile è un’avventura che non sembra mai troppo vecchia, e grazie alla recente ridistribuzione della LucasArts, anche chi si fosse perso l’originale, potrà godersi questo gioco in tutto il suo caraibico splendore.

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