Thief (2014) – Thief

Nel 1998 uscì il primo videogioco della serie di Thief, The Dark Project, che aveva ottenuto l’attenzione di tutto il mondo videoludico grazie al suo concept interamente incentrato sulla furtività. Non fu difficile immaginare l’enorme successo che avrebbe guadagnato, infatti, con l’arrivo dei due titoli successivi nel 2000, The Metal Age, e nel 2004, Deadly Shadows, si creò un vero e proprio fanworld. Gli anni passano e quel tanto desiderato nuovo Thief tardava a presentarsi. Dopo che ne trascorsero cinque, arrivò un primo annuncio di Thief IV e, in seguito a varie peripezie, smentite e rismentite, gli impavidi sviluppatori di Eidos Montreal ne annunciarono il reboot. 
Nel 2014, ben dieci anni dopo il rilascio del terzo capitolo, il ladro per eccellenza è tornato in scena. Sarà all’altezza del nome che porta?

Durante una normale serata lavorativa, Garrett è impegnato nel rapinare le case di alcuni aristocratici della città, ma viene ben presto interrotto da una sua vecchia allieva, Erin. Le insegnò l’arte della furtività insieme a qualche importante regola morale. Col passare del tempo divenne una donna spietata. Ella forzerà Garrett a seguirla fino alla casa del Barone, il crudele reggente della città, poiché intenzionata a derubarlo dei suoi beni. Le vicende prendono una brutta piega e la storia si proietta di un anno in avanti, mostrando un protagonista diverso da quello inizialmente presentato. Ha acquisito dei nuovi e misteriosi poteri che lo aiuteranno a migliorare le sue abilità di ladro e non solo. L’intenzione principale è quella di ridare vigore alla sua città, quindi dovrà sconfiggere il Barone.

L’utilizzo precedente del termine “impavidi” riguardo agli studi di Eidos Montreal, non è stata una scelta randomica. Lavorare al reboot di una serie è un impegno disagevole per tantissimi motivi: in primo luogo bisogna creare un titolo che riesca ad appassionare i nuovi giocatori; secondariamente, bisogna far si di accontentare anche i vecchi fan della serie, poiché le aspettative sono tantissime. Nonostante ciò, lontanamente dai timori di molti, Thief è un titolo che si presenta abbastanza bene e sa intrattenere.
Il suo principale punto di forza è lo stealth, ben architettato in ogni suo contesto.

L’intero gameplay ci forza ad utilizzare questo approccio, per il semplice motivo che ci sono molte guardie e le abilità offensive di Garrett sono veramente limitate. In uno scontro diretto non sempre si riesce a farla franca, poichè si possiede solo una mazza e l’abilità di schivare un attacco in arrivo. Oltre questo avrete a disposizione un arco con risorse molto limitate, non sempre sarà possibile rifornirsi. Il disequilibrio ricercato si capisce fin da subito, risultando un ottimo fiore all’occhiello.
L’intero equipaggiamento del protagonista permette di modificare a suo piacimento gli oggetti con cui può interagire, usandoli come distrazione per i nemici. Per esempio, si potranno lanciare bottiglie per attirare l’attenzione delle guardie o spegnere le luci a distanza con l’utilizzo di frecce d’acqua.

Passando all’analisi dei personaggi, bisogna ammettere che manca una forte caratterizzazione. C’è una forte ricerca di identità all’interno della narrazione, che non riesce mai seriamente a decollare, restando sempre lì vicina al colpo di scena, senza mai raggiungerlo. Qui non bisogna puntare il dito solo sulla sceneggiatura, vi sono altri motivi per cui non si riescono a raggiungere dei risultati.

La caratterizzazione dei personaggi è appunto uno di questi: prendendo in considerazione la figura di Erin, dopo un inizio col botto la sua interpretazione scemerà in un’estenuante ricerca che non solo sarà scontata, pure noiosa. Per non parlare poi della troppa linearità del titolo, che guiderà Garrett dall’inizio alla fine della narrazione. L’unica grande libertà risiede nell’approccio che si vuole seguire per raggiungere l’obiettivo, a lungo monotono e ripetitivo. Infatti, si può dire che la componente più misera in questo nuovo Thief sia la sfida. Una volta compreso il meccanismo, tutto filerà liscio come l’olio. Non è mai un bene per questo tipo di esperienza.
La vera protagonista di questo Thief è La città, non più steampunk come quella a cui i vecchi fan erano abituati, ma molto più medievale e vittoriana. Addirittura c’è una forte impronta orrorifica, che non si mostra con la presenza di fantasmi o di creature malvagie, ma sottoforma di ombre ben studiate. Non è certamente “paura di essere scoperti”, ma un’emozione dal gusto diverso, un po’ più ansiogeno. Peccato solo per quei tanti e fastidiosi caricamenti che non permettono di goderne a pieno la sua bellezza.

 

Visualmente Thief non lascia spazio a nulla di nuovo, anzi sembra un titolo datato a causa di alcune textures abbastanza sgranate. A parte il suo assente stile combattivo, l’intero comparto grafico ricorda quello di Dishonored, balzando agli occhi una malcelata similitudine tra i due prodotti. Per il tempo impiegato nella sua realizzazione, un maggiore dettaglio sarebbe stato adeguato. Neanche le animazioni sono pretenziose, però funzionano discretamente, sia che si parli di quella dei personaggi sia degli oggetti interattivi. Un po’ meno risaltano quelle facciali, che in quel caso potevano di gran lunga essere soggette a forti migliorie: rimangono inappaganti e il loro dettaglio in alcuni casi è veramente gretto.

In generale nulla da dire contro il sonoro, il dettaglio audio collima bene con l’esperienza. C’è da sottolineare però l’importantissima scelta della lingua utilizzata: si consiglia l’originale e si capirà benissimo il perchè. A parte alcuni rari e documentati casi, tipo la voce di Garrett, la scelta della localizzazione italiana mostra quanto il lavoro di doppiaggio sia stato quello più frettoloso di tutti. Grande delusione per la realizzazione dei dialoghi, ripetitivi come l’esperienza di gioco, in cui alcuni NPC ripeteranno le stesse storie fino alla fine del livello, ininterrottamente. Sarebbe stato di maggior gradimento il silenzio.

Non è la prima volta che Eidos Montreal si trova alle prese con un titolo molto pretenzioso, poiché bisogna ricordare l’ottimo lavoro fatto con l’Adam Jensen di Human Revolution. Un paragone un po’ azzardato, certamente. Di sicuro con Deus Ex i lavori sono stati meno superficiali. Bisogna ammettere che il lavoro su Thief sia a cavallo tra perfezione e imperfezione. Per quanto la componente Stealth sia ben articolata, non viene sempre spalleggiata da una ottima IA. Quando la narrazione sembra innalzarsi, diventa ancor più banale di prima. Oltre la pletora di colpi di scena telefonati e situazioni monotone.
Si consiglia il titolo agli appassionati del genere stealth e soprattutto agli achiever, poichè essi avranno la possibilità di trovare un qualche minima sfida al suo interno. Generalmente riuscirà a divertire anche i più scettici, se passeranno sopra alle sue imperfezioni. Resta il fatto che è triste vedere una così forte mancanza di identità in un gioco che un tempo aveva fatto innamorare di sè una generazione di player.
Quindi no: non è del tutto all’altezza del nome che porta.

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