Tom Clancy’s Splinter Cell: Double Agent – Recensione Tom Clancy’s Splinter Cell Double Agent

Il monitor si tinge ancora una volta di verde

Sam Fisher si infiltra nuovamente nei nostri hard disk con il quarto capitolo dell’ormai famosa serie stealth Splinter Cell firmata Tom Clancy. Il nostro agente speciale si troverà a sventare, in una delle ormai ordinarie missioni, una catastrofe nucleare, accompagnato da un nuovo acquisto della suddetta compagnia. Conclusa la prima commissione, studiata come un tutorial per i nuovi giocatori, Sam verrà a conoscenza della morte di sua figlia a causa di un incidente, e come ogni agente speciale che si rispetti, perde ogni ragione di vita, decidendo così di infiltrarsi nei loschi piani dell’associazione terroristica John Brown’s Army con l’ausilio del famigerato Lambert, a capo della Third Echelon. La storia vera e propria comincerà con la fuga di Sam dal carcere dove era stato imprigionato al fine di venire a stretto contatto con un membro dell’associazione da aiutare ad evadere dal penitenziario, riuscendo così ad entrare nel quartier generale dei criminali. Di conseguenza, l’agente dovrà portare a termine contemporaneamente sia gli incarichi dell’associazione terroristica sia le commissioni di Lambert, in un continuo travaglio interiore alla ricerca della cosa più giusta da fare.
 


Il malcapitato si trova nel posto sbagliato, al momento sbagliato.

Comparto tecnico davvero Next-Gen?

Il motore grafico sfruttato da SCDA (da ora lo chiameremo in questo modo) è il celeberrimo Unreal Engine 2, questa volta sfruttato fino al massimo, facendo riscontrare rallentamenti a coloro che possiedono un computer con caratteristiche hardware medio-basse. Prima del lancio ci si aspettava un comparto grafico di più pregevole fattura, in modo da rientrare negli standard più recenti . Sam Fisher riuscirà comunque a stupirci infiltrandosi in scenari degni di essere osservati nel particolare, anche se gravati di alcune scorrettezze e bug, che potranno poi essere risolti con la patch ufficiale. I giochi di luci e ombre sono, come nei capitoli precedenti, uno dei punti di forza del comparto visivo. Scendendo nel dettaglio possiamo notare come siano ben rese le espressioni facciali di Sam, seppure le texture del corpo del protagonista e del resto degli altri personaggi non siano sempre all’altezza. E’ inoltre da sottolineare la qualità poco dettagliata dell’acqua e della neve in alcune situazioni del videogioco.

Spostandoci al sonoro,  tutti ben sapranno come sia importante per uno stealth possedere un buon comparto audio. In SCDA gli effetti acustici sono di ottima fattura, accompagnati da musiche ben selezionate che ricordano il classico stile “action”, e da un buon doppiaggio in italiano. Riguardo quest’ultimo aspetto è da evidenziare la nuova voce di Sam, non più di Luca Ward ma di Dario Oppido, che riesce comunque a rendere la personalità dell’agente seppur a scapito del suo carisma.
 


Il nostro superagente si cimenta in un’altra delle sue incredibili azioni.

Una tuta differente per ogni scenario

Il gameplay è rimasto perlopiù immutato rispetto ai precedenti capitoli, e anche stavolta concentrato nella possibilità per il personaggio di infiltrarsi con indiscrezione e religioso silenzio durante le varie missioni assegnateci. Come di consueto saremo sempre ben armati, anche se un approccio troppo violento per il raggiungimento degli obbiettivi comporterà il più delle volte il fallimento della missione. Lo scopo principale rimane dunque immutato: mimetizzarsi sempre con tutto ciò che ci circonda. Il grado di visibilità sarà questa volta evidenziato da un segnale luminoso posto sulla schiena di Sam (non più da una barra posta in basso a destra dello schermo), che cambierà colore in base al livello di pericolo. Inoltre potremo constatare la voluta eliminazione del livello di rumore emesso dai nostri movimenti al fine di rendere maggiormente arcade l’esperienza di gioco. La vera sostanziale differenza di SCDA rispetto ai suoi predecessori è l’introduzione delle due “barre della credibilità” di Sam nei confronti dell’NSA e del JBA. Dovremo quindi rispettare equamente gli ordini impartiti dalla National Security Agency e dal John Brown’s Army, senza cadere nell’errore di tradire una delle due, fallendo così il nostro compito di agenti infiltrati. La difficoltà del prodotto risulterà leggermente al di sopra della media, impegnando anche i giocatori stealth più esperti e obbligandoci a salvare spesso durante le missioni. Peccato per le azioni dei nemici non sempre all’altezza, ancora una volta afflitte da un’IA poco ispirata: come nei predecessori ci ritroveremo a sfiorare un avversario senza essere minimamente visti.
 


Buona la realizzazione grafica di luci e ombre; da notare l’indicatore di pericolo posto sulla schiena di Sam.

Longevità

La campagna in giocatore singolo terrà impegnati mediamente intorno alle 10 ore, ma prima di cancellare definitivamente il gioco dai nostri hard disk potremo cimentarci nelle ormai note partite multiplayer, dove troveremo un manipolo di mercenari fronteggiare un gruppo di spie. I primi avranno il compito di difendere una serie di dati attraverso l’utilizzo di armi da fuoco, mentre i secondi, dotati di velocità, agilità e astuzia, dovranno raggiungere le sopra citate informazioni ed impossessarsene. Niente di innovativo rispetto ai precedenti capitoli, lasciando a Chaos Theory un multiplayer più elaborato con una modalità cooperativa qui totalmente assente.

Conclusione

Splinter Cell Double Agent si dimostra un buon prodotto, sicuramente tra i migliori giochi stealth ora in commercio. Il videogame non è esente da bug, comunque risolti con la patch ufficiale. Riguardo al comparto grafico ci si aspettava qualcosa di più, ma purtroppo sembra che anche il nostro Sam Fisher accompagni questo nuovo videogioco con i segni della sua vecchiaia, perdendo di conseguenza parte del suo carisma.

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