Valhalla Knights 2 – Recensione Valhalla Knights 2

Dopo un titolo di grande successo, spesso ci si aspetta di lì a poco l’uscita di un sequel che possa prolungare la piacevole esperienza di gioco con elementi nuovi, capaci magari di riparare ai difetti del primo capitolo. Molte volte ciò accade, altre si rimane un po’ delusi, altre volte il sequel non arriva; tutto cambia però se alle spalle di un nuovo capitolo si trova un gioco che non ha avuto alcun successo: le aspettative mutano e i videogiocatori iniziano a pretendere dagli sviluppatori un gioco ovviamente migliore. Quando ciò non accade, ovvero quando il sequel non riscatta la brutta esperienza del primo capitolo, allora il gioco si chiama Valhalla Knights 2 (VK2). I difetti che affondavano il primo titolo della saga di K2 erano tanti, troppi per poter minimamente pensare di riproporre un sistema ad esso ispirato. Invece gli sviluppatori hanno fatto proprio questo: partendo da un gioco pessimo, hanno migliorato in maniera superficiale e discutibile alcuni elementi e ne hanno consolidato degli altri, lasciando sostanzialmente invariata la meccanica generale e cambiando giusto qualche ambientazione e la storia; gradevoli anche le cutscenes, ma è decisamente poco, troppo poco.
 



Come si vede, la grafica non è fantastica, mentre in alto
abbiamo la mappa alla sua massima estensione

Sadici

A caratterizzare principalmente il primo VK erano sicuramente i dungeon, numerosi, sterminati e consecutivi: qui vengono riproposti in maniera ancora più eccessiva, con un’ampiezza almeno raddoppiata e una difficoltà generale maggiore. Non solo: mentre prima caverne, castelli, foreste e tutte le altre ambientazioni si estendevano in larghezza, lasciando al giocatore la possibilità di passare a quelle successive senza troppi giri, adesso diventano molto più intricati e si trasformano in veri e propri labirinti, decisamente estenuanti. La mappa, ridicola per un gioco del genere, mostra di volta in volta solo un piccolo tratto attorno alla posizione attuale del giocatore, impedendo una visione generale del dungeon e della via da seguire per passare a quello successivo. Spesso dunque ci si perde nei meandri di una foresta o di una palude, con decine di mostri che rendono più tortuoso il percorso e rischiano sempre di mandare a monte ogni sforzo: anche il gruppo di nemici più banale può improvvisamente rivelarsi letale e mettere ko l’intero party, rispedendolo in città. La differenza di potenza tra i mostri di un dungeon e quelli dell’ambientazione successiva è a tratti disarmante; a volte anche gli stessi nemici che fino a due minuti prima erano sembrati innocui possono arrivare a sterminare facilmente tutti i membri. Se ciò può essere trascurabile all’inizio del gioco, quando si raggiungono dungeon più avanzati inizia a dominare l’incertezza e da un momento all’altro un semplice nemico potrebbe rispedire il giocatore in albergo, con evidenti seccature nel dover rifare chilometri di strada per ritornare sul posto. Ciliegina sulla torta di questo terribile difetto è l’assenza dei teletrasporti, elemento che nel primo VK riusciva a rendere meno sofferente l’esplorazione dei dungeon: in questo secondo capitolo, che paradossalmente ne avrebbe un bisogno maggiore, vengono totalmente eliminati.
Chiude la questione il sistema delle quest: mentre nel primo capitolo della saga la storia proseguiva in un modo e le missioni secondarie in un altro, adesso si perde questa distinzione e i giocatori che desiderano avanzare nel gioco sono costretti a tentare la fortuna sperando di accettare la quest giusta. Ne deriva una confusione generale con conseguenti perdite di tempo oltre il sopportabile: a volte per compiere una missione della gilda bisognerà raggiungere zone remote colme di mostri, per poi recuperare futili oggetti e riportarli in città in cambio di una ricompensa ridicola. Fortunatamente è possibile aggirare in qualche modo il computer: la "crudeltà" degli sviluppatori aveva infatti previsto che in alcune missioni dovesse essere obbligatorio tornare a piedi in città dopo aver raggiunto l’obiettivo, ripercorrendo l’intero percorso a ritroso; fortunatamente, però, basterà tornare in albergo (con una magia o rimanendo sconfitti), uscire verso il primo dungeon e rientrare subito in città per ottenere lo stesso risultato: in mancanza dei teletrasporti, l’ingegno diventa l’unico modo per non gettare l’UMD di VK2 fuori dalla finestra entro i primi 30 minuti.
 



Il copione è sempre lo stesso: si corre addosso ai nemici e inizia lo scontro!

Una tecnica non invidiabile

A livello tecnico VK2 non riscatta gli altri difetti del gioco. La grafica, leggermente migliorata rispetto al primo capitolo, presenta problemi più grandi nelle visuali di gioco e nella visibilità di alcuni dungeon. Per quanto riguarda questi ultimi (tralasciando la pessima, orribile mappa di cui si è già parlato) presentano varie situazioni fastidiose sulla luminosità degli ambienti e sulla visibilità del percorso da seguire: sembrerà assurdo, ma sarà obbligatorio affidarsi alla mappa per spostarsi senza problemi, il che significa già tutto. Durante i combattimenti, invece, si lotterà contro i nemici e contro il gioco, soprattutto a causa dell’angolo di visuale più basso (che mette i propri giocatori di fronte ad alcuni nemici, oscurandoli) e agli improvvisi spostamenti della telecamera, la quale vi manderà nel caos più totale. Il battle system peggiora anche negli altri aspetti: l’azione diventa più frenetica, rapida e confusa, i tasti di scelta rapida occupano uno spazio minore, ma per questo motivo si ritrovano ammassati e pieni di abbreviazioni che mettono in difficoltà il giocatore. Farci l’abitudine non è facile e anche dopo esserci riusciti i risultati sono piuttosto scarsi: mentre il primo VK interrompeva l’azione all’apertura del menù di battaglia, in VK2 niente fermerà il combattimento in corso, impedendovi anche di ragionare un po’ o di risollevare uno scontro compromesso; la visuale poi torna a mietere vittime quando si cerca di cambiare personaggio in uso, con i soliti cambi improvvisi e alcune visuali inconcepibili che impediranno ogni intervento riparatore e anzi peggioreranno ulteriormente la situazione. Il primo Valhalla Knights, con un sistema più lento ma ragionevole, permetteva di impostare una minima strategia di gioco, tant’è che nemici a volte “impossibili da battere” potevano essere sconfitti grazie ad un approccio diverso alla battaglia; in VK2 non esiste alcun approccio alla battaglia, si tratta solo di attaccare e attaccare in continuazione sperando di avere la meglio, in una sorta di last standing match dove vince chi riesce a rimanere in vita sino alla morte di tutti gli altri: ci si sente come in un Dynasty Warriors, con l’obbligo di schiacciare il tasto d’attacco quanto più possibile contro tutti, mentre l’opzione di impersonare un Mage o un Priest (utilizzando dunque le magie) è quasi un’eresia.
L’equipaggiamento ripresenta più o meno gli stessi slot del primo VK, ma con alcune aggiunte per quanto riguarda le armi, grazie alle Effect Card che permettono di personalizzare alcuni attributi (come i danni elementali); l’altra novità sono le skill, abilità che si apprendono salendo di livello e possono essere utilizzate dopo un certo numero di colpi: l’idea era d’obbligo, ma ancora una volta il risultato complessivo è abbastanza deludente, considerandone l’inutilità generale; identico l’effetto suscitato dal Coliseum, nuova opzione all’interno della gilda, nel quale è possibile affrontare gruppi di nemici uno dopo l’altro per guadagnare oggetti e armi: purtroppo, però, anche stavolta la superficialità e l’inutilità ne sono gli elementi più caratteristici.
Il resto, dai negozi in città agli oggetti, dalle modalità di apprendimento dei job alla gilda, dalle classi (ce ne sono due in più) alle tipologie delle quest, rimane quasi totalmente identico al primo capitolo. Sfortunatamente.
 



L’immagine non riesce a rendere la caoticità e la confusione dei combattimenti


Magari fosse come Final Fantasy XII

L’unico elemento che riesce davvero a migliorarsi, fortunatamente, è quello della trama, al quale ha partecipato direttamente lo “scenario writer” di Legend of Mana e Final Fantasy XII, Miwa Shoda. Il tocco di classe si vede, perché la storia inizia in maniera del tutto diversa e più avvincente: il video introduttivo inserisce bene il giocatore nell’ottica di un mondo che soffre il giudizio di una dea, scesa dal cielo per punire l’umanità. Tutto sembra molto ispirato a Final Fantasy X: una terribile minaccia (in questo caso la dea) perseguita l’uomo,  che rischia di scomparire dal mondo; impotenti di fronte alla potenza di questa dea, gli uomini continuano a resistere nei secoli tramandando uno spirito sempre più combattivo contro l’oppressione divina, dando vita ad organizzazioni e forze di resistenza speciali. L’eroe di VK2, salvato un giorno dalla speciale task force “anti-dea”, decide di votare la sua vita al raggiungimento di quest’obiettivo e alla protezione dell’umanità, pronto ad affrontare migliaia di avventure. Inizia così una lunga, “nascosta” e imprecisa crescita del protagonista che viene chiamato ad affrontare prove sempre più difficili, sino al raggiungimento dei propri obiettivi.
Nonostante la trama di fondo sia sicuramente più promettente rispetto a quella del primo capitolo, VK2 finisce per sprecarne il valore a causa del sistema di avanzamento della storia affidato alle quest e della scarsa caratterizzazione del protagonista; quest’ultimo, poi, ancora una volta completamente muto, sembra quasi un foglio bianco che cammina e combatte, mentre persino il gestore dell’albergo dimostra un proprio carattere in alcune quest. Ancora una volta, quindi, pur considerando i piccoli passi avanti, trama e personaggi non vengono approfonditi e si finisce spesso nel monotono e banale. Un’occasione persa.

Tirando le somme..

Se Valhalla Knights poteva essere difficile e irritante, Valhalla Knights 2 è disarmante, un gioco impossibile da giocare che impedisce in ogni modo di divertirsi: anche i più caparbi non possono trovare soddisfazione perché non si tratta di sconfiggere potenti boss o di affrontare pericolosi dungeon, semplicemente si ha davanti un sistema di gioco senza alcun senso che risponde a regole incomprensibili. La volontà di farcela non si esaurisce tanto per i combattimenti difficili, quanto per la terribile noia che bisogna affrontare durante i viaggi, davvero troppo lunghi e monotoni: percorrere ogni volta lo stesso percorso per mezz’ora e poi magari soccombere ad un passo dall’obiettivo (dovendo ricominciare tutto daccapo) non ha alcun senso. La realizzazione tecnica è scadente, combattere è ancora peggio e il resto delle meccaniche di gioco rimane di bassa qualità. Solo la trama si alza ad un altro livello, ma scoprirla in mezzo a tutte le missioni secondarie è un’impresa, per cui ci si stanca presto o anche prima. Davvero, perché farsi del male??

Ti è piaciuto quello che hai letto? Vuoi mettere le mani su giochi in anteprima, partecipare a eventi esclusivi e scrivere su quello che ti appassiona? Unisciti al nostro staff! Clicca qui per venire a far parte della nostra squadra!

Potrebbe interessarti anche

Lascia un commento