Vincere non è tutto – incontro con Rick Gush

Uno dei momenti più rilevanti (se non il più) dell'intero Mantova Gaming Park è stato l'incontro con Rick Gush, uomo che si autodefinisce - a ragion veduta - il più anziano game designer vivente.

Uno dei momenti più rilevanti (se non il più) dell’intero Mantova Gaming Park è stato l’incontro con Rick Gush, uomo che si autodefinisce – a ragion veduta – il più anziano game designer vivente. Rick ha lavorato nella creazione di videogiochi sin dalla fine degli anni ’70, ed è particolarmente noto per aver fatto parte di Westwood Studios, una compagnia ormai defunta da oltre dieci anni e pertanto sconosciuta alle generazioni più giovani, ma i cui giochi hanno fatto la storia. Tra tutti, spicca la popolarissima saga di Command & Conquer, ma sono altrettanto importanti anche nomi quali Dune II, il primo gioco di strategia in tempo reale, le avventure grafiche Legend of Kyrandia e Blade Runner, e le serie di giochi di ruolo di Eye of the Beholder e Lands of Lore.

Il discorso molto estroverso (e parlato in un italiano americanizzato) di Rick, che potete visionare per intero nel video sovrastante, parte proprio parlando di Westwood Studios, definito da lui come una piccola Camelot – che per gli americani è un modo per indicare un periodo limitato di benessere idilliaco.

Infatti, soprattutto a inizio anni 90, Westwood era una compagnia ricca e di successo, con molti soldi da investire in personale umano e ricerca. Basti pensare che Rick, per un periodo, ha avuto sotto di sé una squadra di decine di artisti, comprendente anche animatori Disney, ed è stato uno dei principali promotori a spingere i grafici a lavorare sul 3d, mentre lui si dedicava prevalentemente agli episodi di Kyrandia e Lands of Lore per poter accontentare economicamente il loro publisher e proprietario, Virgin, che però non ha posto vincoli alle loro sperimentazioni.

La ricerca sul 3d è stata poi sfruttata per Command & Conquer, usando grafica pre-renderizzata per alcuni elementi di gioco e per le sequenze cinematiche fra le missioni, uno degli elementi più caratteristici della serie. L’esperimento ha avuto talmente successo da far diventare Command & Conquer la principale occupazione di Westwood, nonché la serie di riferimento per ogni gioco di strategia. Gush attribuisce il successo dei loro titoli alla libertà concessa di Virgin, non solo in termini di ampi budget, ma anche di potere decisionale.

L’acquisizione di Westwood da parte di EA, nel 1998, ha purtroppo posto fine a questo idillio, a causa dei molti vincoli alla creatività e ai tempi di sviluppo, fattori che hanno spinto molti membri chiave ad abbandonare la società.

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I principali colpevoli dell’impoverimento dei videogiochi, secondo Gush, sono gli esecutivi, che danno ordini pretendendo di essere designer. Ed è proprio sul design che verte il centro del discorso.

Ad esempio, cita il fatto che il secondo episodio di Legend of Kyrandia abbia incluso nella storia una relazione fra due personaggi il cui intero arco di eventi è stato descritto in diciotto righe, dimostrando come il design narrativo di un gioco possa funzionare pur essendo breve, ed è anzi una necessità per non tediare il giocatore con pagine e pagine di descrizioni testuali, e tutto questo non è nemmeno un elemento fondamentale per concludere il gioco.

Quindi, vincere non è tutto.

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Rick Gush cità Eric Zimmerman come uno dei principali esperti di game design: Eric ha pubblicato diversi suoi articoli su Gamasutra, l’ultimo dei quali  stabilisce come il gioco non dovrebbe essere altro che un insieme di regole formali che definiscano gli obbiettivi del giocatore e il mezzo con cui vincere il gioco stesso.

Sebbene riconosca il suo valore, Rick si oppone totalmente a questo modello, definendolo sopravvalutato rispetto a quello che è l’elemento chiave dei videogiochi, ossia il motivo che spiega perché le persone giocano: la fantasia, o, più precisamente, le sensazioni derivate dal vivere un esperienza immaginaria.

Rick cita l’esempio di SiSSYFiGHT, un gioco online creato nel 2000, dove i giocatori impersonavano dei ragazzini efebici intenti a scontrarsi verbalmente: lo scopo degli utenti era nell’insultarsi nel modo più ridicolo possibile, creando ilarità sia che si vincesse che si perdesse.

Un altro esempio citato, e decisamente più noto anche in Italia, è Doom: secondo Rick, poter usare armi come il BFG (acronimo per Big F*cking Gun) rappresentava una soddisfazione maggiore di concludere i livelli stessi. Poter usare questa grossa e devastante arma infondeva nei giocatori una sensazione di potenza, derivante dal poter fare qualcosa di “incredibile” che prima non era in grado fare.

Per Rick, queste parti di gioco sono ciò che tira fuori la “creatività” delle persone, ovvero la possibilità dell’essere umano di donare piacere al proprio ego e poter sentirsi fiero di quello che sta facendo, cosa non possibile lasciando i giocatori completamente allo sbaraglio. In questo senso, Rick cita Second Life come una dimostrazione della “stupidità delle persone”: Second Life è un gioco che sta lentamente sparendo in quanto eccessivamente libero. Mette le persone nelle condizioni di dover essere creative, senza una definita guida per farlo, minando così il divertimento per chi ha paura (o semplicemente non è in grado) di esprimersi.

Lo scopo del game designer è fornire gli strumenti ai giocatori per sfogare la loro creatività, trovare il “BFG del gioco”, che dia alle persone una soddisfazione immediata e tangibile, e che in futuro potrebbe definire meglio le loro potenzialità e spingerli a voler fare cose meno vincolanti – in un certo senso, a voler diventare designer a loro volta.

Come creatori, bisogna quindi prima di tutto trovare qualcosa che spinga le persone a voler giocare, e intorno a quello costruire le regole e le condizioni per vincere o perdere.

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Prima di concedersi a domande e chiacchere, Rick Gush conclude il discorso parlando dell’Italia: lui crede nel nostro paese e nelle nostre capacità come sviluppatori di videogiochi. Da americano divenuto cittadino italiano (Rick vive infatti a Rapallo, cittadina di poche decine di migliaia di anime in provincia di Genova), e da persona anziana e con una lunga esperienza nel settore, lui vede il nostro potenziale intellettuale come la possibilità di diventare un paese dominante nel settore dei videogiochi. Ammette che è difficile: la situazione politica ed economica del nostro paese è un costante scoglio che frena la possibilità di creare un’azienda di sviluppo funzionale, ma bisogna trovare il coraggio di buttarsi e creare qualcosa di più che piccoli giochi (e chissà che NERO non sia la risposta, ndr).

Per le curiosità e l’intervista vi invitiamo a guardare in particolar modo la seconda metà del video, svolta in gran parte dai nostri amici di Console Generation.

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