Aion : Elegia Europea di una beta annunciata

 

Il gameplay di Aion è il tweak di tutti quelli che, in ambito theme-park, lo hanno preceduto. Si livella attraverso le numerosissime quest (niente grinding, perlomeno all’inizio) che possono essere sia standard che appartenenti a una “campagna”, tipo chain, che offrono reward più consistenti. Le skill si acquistano dal trainer, pagando. Intorno al livello 10 (noi ce l’abbiamo fatta al 9) si sceglie la classe dell’archetipo intrapreso, si ottengono le ali, e si svolta  verso picchi di goduria molto elevati.

 

 

Niente di nuovo quindi in alcune cose, ma decisamente ottimizzate e perfezionate. La possibilità, fin dall’inizio, di poter potenziare armi e armature attraverso le manastone è molto gratificante, oltre che facile. Personalmente ho provato uno scout/ranger, e dal livello 5 in avanti, quando si può passare al dual-wielding, si rimane veramente impressionati dalla quadratura del cerchio di combo, mosse, clangore d’acciaio, efficacia e semplicità. Mai un rogue è stato così ben caratterizzato. Poi quando ci viene concesso l’onore/onere di volare, il combattimento, ma anche il semplice sfruttamento dello spazio dimensionale (alcuni NPC sono posizionati su piattaforme raggiungibili solo con le propaggini piumate), acquista nuova linfa vitale.

 

 

Ed anche vedendo gli altri archetipi in azione, specialmente i maghi, con il loro libro degli incantesimi in mano che permette loro di castare effetti visivi di rara efficacia oltre che di potenza, mentre un vento mistico gli scuote la tunica facendoli vibrare, non fa che confermarmi l’idea che il dettaglio in Aion sia stato preso come punto fermo del gioco. Devo dire che mi ha piacevolmente sopreso il fatto che gli avversari sono sempre tosti. Difficilmente avrete vista facile con un nemico del vostro stesso livello ed affrontarne due contemporaneamente non sarà proprio una passeggiata.

 

 

Aldilà degli aspetti che in qualche modo conosciamo da altri giochi, rimane quindi la certezza che tutto in Aion si incastri alla perfezione (per quanto riguarda la prima parte del gioco e per quello che abbiamo provato), semplicità come il gathering, che sono rese indispensabili dal fatto che per progredire in alcune quest bisogna averne un livello determinato, sono trattate come parte del contesto che te le fa digerire senza poterle/doverle evitare. Quante volte ci siamo trovati davanti a giochi in cui il crafting pareva avulso dal tutto e non faceva nascere minimamente la voglia di parteciparci. Qui pare tutto ottimamente calibrato.

 

 

Per concludere, in attesa di provare prossimamente la fazione “cattiva”, si può affermare senza paura di eccedere che Aion sarà un protagonista del nostro prossimo autunno. E a meno che il flavour orientale proprio non lo possiate digerire, vi consiglio caldamente di scostarvi per un attimo da WoW ed assaggiare un passo in più verso l’apice, se non della next, della perfezione della old-generation dei MMO. Un gratz alla NCsoft, ed un grazie di cuore a Giovanna Cosentino di Cidiverte.

 


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Aion è arrivato.
E’ arrivato anche tra noi, ritardatari europei (ed anche americani), dopo che varie release orientali avevano già aperto il varco alla nostra curiosità. Per ora possiamo parlare solo del primo evento beta, ma a giudicare da quello che abbiamo visto, c’è solo da gioire, in ogni caso.
Si sa già molto di Aion, in diversi hanno provato la versione cinese, quindi non mi soffermerò sugli aspetti basilari del gioco, ma andrò più a sensazioni.
 

 
Elyos. La possibilità offerta si limitava a loro. Sarò di parte, ma la luminosità del contesto è sbalorditiva. Appena si entra nel mondo (e che mondo “vivo”!) si rimane abbagliati dalla grafica. Dalle cartoline che possiamo scattare con il nostro pulsantino “stamp” per imprimerci nella memoria wallpaper epocali. Indubbiamente l’aspetto visivo è quanto di meglio oggi il panorama MMO possa offrire. Sia i paesaggi che i personaggi sono splendidamente caratterizzati.

 

 

La “starting area” degli Elyos è una verde distesa di boschi e laghetti degni di paesaggi elfici al culmine della sindrome di Stendhal. Alberi, declivi, cespugli, rami e fauna locale ti fanno sentire a casa, non per affinità elettiva, ma per un pathos di realtà vuoi cinematografica che letteraria difficilmente riscontrabile in un videogioco. Ed anche la rossa e desertica zona della miniera nella parte finale è tratteggiata con pendenze e giochi di luce che mi hanno ricordato i set spagnoli dei vecchi western italiani degli anni 60-70. Il Sactum, la città degli Elyos, continua a colpire per vastità, bellezza ed architettura. Le immagini di queste pagine parlano da sé, ma da questo punto di vista Aion è già al top delle classifiche. Passando ai personaggi la mia paura principale risulta subito fugata.

 

Si parlava tanto di occidentalizzazione. Anche se questo concetto poteva essere in un primo momento considerato positivo, per vicinanza culturale con noi europei, dopo aver intravisto il client cinese, le cose sono decisamente cambiate. La maniacale cura dei dettagli, tipicamente orientali, che tutti gli esseri viventi di Aion portano nelle movenze, nei sorrisi, nelle pose e nei tratti somatici (ma sempre con una moderazione che negava l’eccesso dell’esagerazione) faceva tremare le gambe, pensando che potesse essere snaturata per far spazio a sensazioni più “macho” di pose da vichingo e da sguardi venati da bruttezze cimmere (non me ne voglia il mio amico Ellingsen, amo Age of Conan, ma in Aion aspetti di questo tipo avrebbero stonato con la forza di un effetto larsen).

 

 

Invece tutto è stato magnificamente mantenuto (almeno per ora, incrociamo le dita). Le leggiadrie femminili dei PG, che quando piove, alzano le mani al cielo e si toccano il volto bagnato dall’acqua per poi ripararsi sotto un ombrellino di fortuna ottenuto con un’enorme foglia verde, oppure che per sedersi estraggono un seggiolino e si posano delicate sopra il legno, magari dopo aver squartato branchi di lupi con due spade forgiate nel metallo, sono tocchi impagabili. Il morphing dell’aspetto che si può azzardare in fase di creazione è pressoché totale, ed include le altezze, gli spessori, le smorfie, le cicatrici. Ma sempre mantenendo sembianze dolcemente, per le signorine, e ruvidamente, ma nobilmente, per gli ometti, tipiche dell’est asiatico.

 

 

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