Alice: Madness Returns – Recensione Alice: Madness Returns

Il periodo estivo è sempre stato di magra per quel che riguarda le uscite videoludiche. Quest’anno invece sono usciti diversi titoli a giugno, non di alto livello ma comunque discreti e ottimi per passare qualche ora piacevole. Alice: Madness Returns è uno di quei prodotti che lanciati nel periodo autunnale sarebbe finito nell’infinito mucchio di titoli solo discreti, oscurato dai titoli tripla A. Il titolo in questione è il seguito di American Mcgee’s Alice, titolo uscito più di dieci anni fa; il gameplay proposto è lo stesso: fasi action miste ad altre platform, con una buona dose di esplorazioni e basilari enigmi da risolvere.

Il ritorno di Alice

Lo spunto narrativo di Alice: Madness Returns è ovviamente preso dal romanzo di Carroll, ma la storia raccontata lungo l’avventura, la cui durata si attesta sulle dieci ore, è ovviamente diversa. Alice si trova in un orfanotrofio dove uno psichiatra cerca di fargli dimenticare l’incendio che ha ucciso i suoi genitori, ma la nostra eroina non si dà pace e durante una passeggiata per le strade di una Londra in piena rivoluzione industriale ritorna nel paese delle meraviglie. Il luogo magico costruito dalla sua mente purtroppo non è più quello di un tempo a causa di un misterioso treno che sta distruggendo quel che di buono c’era lì. Durante l’avventura potremo trovare anche dei ricordi che ispessiranno la trama, dando diverse informazioni sul passato di Alice.  

Un mondo immaginario

La struttura di gioco si presenta davvero interessante nelle prime ore dell’avventura, con un perfetto equilibrio tra le diverse fasi. Purtroppo il gioco tende ad essere ripetitivo a causa di fasi platform troppo standard, combattimenti ripetitivi ed enigmi poco stimolanti. Alice è in grado di spiccare lunghi salti, ma la scelta di permettere alla protagonista di planare e prolungare il salto per ben tre volte ha reso queste fasi abbastanza semplici. Nonostante la presenza di vari elementi che potevano rendere più varie e stimolanti le fasi platform, con trampolini per eseguire salti più alti, sbuffi di vapore per rimanere sospesi nel vuoto e le varie piattaforme mobili, il level design del titolo tende a ripetersi, non sotto il profilo visivo, ma proprio nella struttura.

Le fasi adventure, dove bisogna esplorare le bellissime ambientazioni e attivare interruttori vari per procedere, soffrono di una linearità eccessiva, che rende troppo facili e banali i livelli. Gli unici momenti in cui potreste avere problemi è nella ricerca degli interruttori da attivare sparando con il trita pepe – una delle armi presenti – che sono molto spesso posti in luoghi alti e non visibili facilmente durante l’esplorazione. Bisogna però dire che questi livelli, almeno le prime volte, risultano abbastanza stuzzicanti, ma il problema è che tendono a ripetersi nella struttura.

Il sistema di combattimento, invece, unito alle fasi action, appare discreto. Le diverse armi a disposizione permettono di variare lo stile di combattimento e molto spesso si è costretti ad usare un determinato tipo di attacco per sconfiggere certi nemici, anche combinando l’utilizzo di varie armi. Purtroppo anche qui abbiamo problemi di ripetitività, con nemici che variano nell’aspetto ma non nello stile di combattimento; capito come sconfiggere le 3-4 tipologie di nemici, bisognerà ripetere sempre le stesse combinazioni per riuscire superare tali fasi. Abbastanza soddisfacente è invece la progressione del gameplay, che tende sempre ad arricchirsi di elementi. Il problema di Alice: Madness Returns è però una diluizione eccessiva delle varie fasi di gioco, troppo lunghe in alcuni casi e che tendono ad annoiare il giocatore.   

Le meraviglie del paese

Il punto di forza del gioco è senz’altro la direzione artistica. Lo stile unico della produzione EA è un plus non trascurabile: la reinterpretazione in chiave quasi splatter del paese delle meraviglie è davvero eccezionale. Purtroppo a rovinare il lavoro degli artisti ci pensa una componente tecnica solo sufficiente, che non tocca mai picchi elevati. I troppi difetti grafici, come compenetrazioni poligonali, texture di bassissima qualità e ombre non proprio definite, abbassano di molto la caratura del lavoro stilistico che c’è dietro al titolo. La grande varietà di ambientazioni, che purtroppo cambieranno molto lentamente durante il gioco, impressionano il giocatore, che però non può godere di una esperienza completa a causa di un comparto audio abbastanza inconsistente. Pur essendo presenti musiche di qualità, queste, durante le fasi di gioco, non sono sempre presenti; a volte, inoltre, gli sbalzi di volume tra doppiaggio, effetti sonori e colonna sonora creano in minestrone di suoni dal quale non si riesce a capire praticamente nulla. E questo è davvero un peccato.

Commento

Purtroppo Alice: Madness Returns non soddisfa le aspettative andate creandosi negli ultimi mesi, ma si rivela un titolo solo discreto che piacerà senz’altro agli amanti del genere e del predecessore. Lo straordinario stile adottato dagli sviluppatori non riesce a compensare le lacune che lascia un comparto tecnico solo sufficiente. Il gameplay, pur apparendo divertente e vario nelle prime ore di gioco, finisce per diventare troppo diluito e ripetitivo, grazie anche ad un level design che non è riuscito a dare qual qualcosa in più al gioco. Un occasione sprecata: i presupposti per un buon titolo c’erano tutti.

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