Town of Light

Nel mondo videoludico, utilizzare l’ospedale psichiatrico come ambiente non è certo una novità, in particolare nel genere horror. Anche Town of Light, il nuovo progetto di LKA.it si svolge interamente in un manicomio. Ciò che lo distingue, tuttavia, è il focus dato alla scenografia in cui si svolge questa storia: Town of Light estrapola l’ospedale psichiatrico dai cliché del genere horror (di cui Outlast è un recente esempio) e lo pone come elemento centrale della narrazione. E’ dunque la vita all’interno di una di quelle strutture a diventare il focus di questa avventura completamente made in Italy. Andiamo dunque a scoprire in anteprima più approfonditamente di cosa tratta questo gioco.

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Una avventura narrata

Town of Light appartiene a quel filone di giochi d’avventura (definiti dai Tale of Tales notgames“) al quale appartengono ad esempio Gone Home, The Path e l’italiano Anna, nei quali la narrazione assume un ruolo preponderante, mettendo in secondo piano gli aspetti legati al gameplay. Il focus, dunque, è sull’esplorazione dell’ambiente in cui ci troviamo immersi ma, a differenza ad esempio del capostipite del genere Dear Esther, l’avanzamento nel gioco avviene attraverso la risoluzione di semplici enigmi.

Tra realtà…

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L’ambientazione è l’elemento che rende unico questo gioco. Town of Light è ambientato nell’ex ospedale psichiatrico di Volterra, nel pisano, che LKA.it ha deciso di riprodurre fedelmente. Dai cartelli stradali arrugginiti e lasciati a loro stessi ad un piccolo parco giochi abbandonato per poi arrivare all’interno del manicomio stesso: è evidente la cura con cui ogni struttura sia stata realizzata. Interessante, inoltre, il poter interagire con gli elementi presenti nel parco, in particolare il sedersi su una panchina che potrebbe essere interpretato come un omaggio al padre spirituale di questo genere di giochi, Graveyard.

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…E finzione

In Town of Light rivestiremo i panni di René, la cui voce ci accompegnerà dall’inizio alla fine della nostra avventura. Il background di René è ispirato da una paziente del manicomio realmente esistito: questa ragazza soffriva di allucinazioni, concretizzate in momenti di luce abbagliante, arrivando conseguentemente ad associare la paura non al buio ma alla luce. Il “paese della luce”, dunque, non è altro che il posto più spaventoso in cui un matto avrebbe potuto ritrovarsi: un ospedale psichiatrico.

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Una vicenda fantastica inserita in un ambiente concreto e realmente esistente. E’ Luca Dalcò stesso, direttore del progetto, a spiegarci il senso di questo gioco. Egli afferma in una intervista a Repubblica “Non è un documentario sui manicomi. Lo scopo del gioco è quello di intrattenere, ma immettendo alcune nozioni di quella che è la realtà manicomiale. E’ come un romanzo storico: una storia di fantasia ambientata in un contesto credibile a livello”. L’atmosfera sognante alimentata dalla voce narrante e dagli ambienti completamente privi di umanità si scontra con la realtà, concretizzata nei disegni delle tecniche utilizzate per sedare i pazienti della struttura fedelmente riprodotte all’interno del gioco.

Tirando le somme

Un progetto interessante, dunque, Town of Light, che tuttavia non appare privo di difetti. Innanzitutto, ci si scontra immediatamente con i limiti tecnici del genere di gioco: è necessario che la storia sia abbastanza interessante da compensare la mancanza quasi totale di interazione. Speriamo che Town of Light riesca a ritagliarsi un posto nel panorama così competitivo dei giochi di esplorazione: le premesse ci sono, aspettiamo ansiosi di mettere le mani sul prodotto finito.

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