Blacksad: Under the Skin – Anteprima Gamescom 2019

Uno di quei casi che ti si infilano sotto la pelle...

Se dovessimo spiegarvi Blacksad: Under the Skin in poche parole, sarebbero queste: un gatto detective, l’America degli anni Cinquanta reimmaginata come metropoli di un universo popolato da animali antropomorfi, un suicidio che puzza fin troppo da omicidio.

La nicchia di pubblico che già conosce la graphic novel spagnola, scritta da Juan Díaz Canalès e Juanjo Guarnido, è da tempo in trepidante attesa di un nuovo albo (l’ultimo uscì nel 2013), e potrebbe forse trovare in Blacksad: Under the Skin un piccolo hors-d’oeuvre per silenziare la fame, anche solo per poco. La trasposizione videoludica dello stile di un universo narrativo così definito e unico poteva fallire ma è invece incredibilmente on point, riuscendo anche nella colonna sonora a (ri)creare il mood che già dal fumetto traspirava; particolare merito va dato al doppiaggio, sapido di quella rasposità espositiva degna del miglior Humphrey Bogart.

Se il mood visivo e acustico del titolo ci è sembrato davvero riuscito, ben oltre l’impoverita sublimazione in videogame di un concept solidamente fumettistico, ci sono alcuni aspetti che fanno scrollare la testa e che potrebbero gravemente appesantire la qualità del titolo “finale”.

Blacksad: Under the Skin

Primo fra questi, il sincrono fra labiale e doppiato: la causa principale può tranquillamente essere attribuita al doppiaggio originale in francese, ciò nonostante rimane un elemento che trascina violentemente il giocare fuori dal comfort di sospensione di incredulità in cui musica e personaggi l’avevano così sapientemente fatto accomodare; secondo neo di questa produzione è la scarsa cura degli ambienti, non all’altezza dei personaggi che li attraversano. C’è una microscopica terza osservazione, un aspetto del gameplay che nuovamente tende a minare l’esperienza di gioco: il movimento di John Blacksad è vittima della celeberrima imprecisione dei tank controls, risultando i diversi momenti di frustrazione in cui ci siamo ritrovati, ad esempio, a salire quella rampa di scale per la 4° volta o a sbattere contro quella parete invece che riuscire a imbroccare la porta.

Blacksad: Under the Skin, nonostante i suoi evidenti difetti, rimane un titolo degno di nota, un prodotto su cui terremo gli occhi puntati nella speranza che ci sia la voglia e il tempo di limarne gli angoli ancora troppo spigolosi.

Blacksad: Under the Skin

L’avventura Gamescom 2019 continua, tra RTS in un passato alternativo e favolose iterazioni nell’ambiente 4X.

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