Blue Dragon – Recensione Blue Dragon

Dagli alberi da ciliegio alla nebbia di un giovane e fantasioso camminatore

Nacque nel Sol Levante un uomo, un uomo qualsiasi, un giapponese amante della tecnologia e dell’innovazione,normale se paragonato ai suoi compaesani, fino a quando la sua mente non sprigionò l’idea che gli cambiò la vita: una casa di videogiochi. un progetto forse banale, essendo il primo sogno di ogni bambino, oppure non innovativo, essendo il progetto col quale in troppi provano a sbancare, ma anche speciale, se quella scintilla viene dalla mente di un uomo chiamato Hironobu Sakaguchi. Poesia è la storia che c’ha insegnato, amore è il sentimento che c’ha insegnato a sentire nel giocare i suoi capolavori, maturità c’ha donato facendoci vivere le sue ultime fantasie, e, infine, ha dimostrato come un suo gioco non può essere preso alla leggera, perchè ci vuole cuore, cervello, passione, sentimento, per capire cos’è un videogioco, non più solo il passatempo col quale perdere tempo, ma una storia sulla quale basare il proprio prossimo pianto, oppure scoppio emotivo, oppure sobbalzo, insomma il motivo per spendere cento ore di vita senza doversene mai pentire. Sakaguchi ha fatto crescere ragazzi e bambini con le sue fantasie in casa Square, e, al momento propizio, dopo aver raggiunto l’apogeo che gli serviva, s’è ritirato nella nebbia, la nebbia di una persona che dopo aver fatto scuotere il mondo al sol sentire di due parole, Final Fantasy, s’è rintanato, come un eremita che raggiunge l’Everest in compagnia di pochi amici, o nel caso di Sakaguchi, colleghi, per realizzare gli ultimi silenziosi passi, destinati ad essere sentiti da tutti coloro che hanno seguito le sue orme nella nebbia. Sakaguchi, Toriyama, Uematsu, questa la triade principale, creano la Mistwalker, il camminatore della nebbia, e il loro primo progetto si basa su quel che ha sempre amato il Toriyama: un drago, un drago blu, Blue Dragon.

Dragon Ball alla corte di Sakaguchi

Lo sfondo sul quale si baserà l’intero quadro di Blue Dragon mantiene l’impegno costante di salvare il mondo, come in ogni gioco di natura Sakaguchiana, con la sola differenza che stavolta manca di intrecci estremamente complessi, approfondimenti psicologici tra i personaggi ed è incapace di suscitare profonde emozioni o qualsiasi altra cosa che possa riportare la memoria alle intricate trame che il Giapponese per antonomasia c’aveva propinato nelle sue Ultime Fantasie degli ultimi dieci anni.  I protagonisti veri e propri sono tre: Shu, Jiro e Kluke, ragazzi tra i 13 e i 15 anni ognuno diverso dall’altro, con particolari caratteristiche ma accomunati dalla stessa voglia di vendetta per un mostro che puntualmente, accompagnato da una strana nube viola, semina e il panico e la morte e la distruzione al suo passaggio, un Sin formato Dragon Ball, giusto per rendere l’idea. I tre ragazzi, mossi dallo spirito poc’anzi citato, decidono di tendere una trappola al mostro chiamato Land Shark, che però riesce a trascinarli con sè nel sottosuolo permettendo loro di venire a conoscenza della realtà che si nascondeva dietro la nube viola: una macchina. All’interno di questa strana macchina, il Land Shark presenta una navicella guidata da un mostriciattolo, non me ne voglia l’antagonista, di nome Nene che riporterà senz’altro la memoria degli appassionati di Toriyama al Pilaf che tante peripezie passò lottando col piccolo Goku, del quale rivediamo molte somiglianze in Shu. Tentando un impossibile attacco frontale, i tre impavidi ragazzini vengono respinti in malo modo dal mago Nene e a sottrarli da morte certa interviene una strana forza magica, una forza che si palesa sotto forma di sfere emananti un’abbagliante luce blu che i Shu e i suoi due compagni di viaggio dovranno ingerire su consiglio di una mistica voce: dopo qualche secondo di atroce sofferenza, un potere, chiamato Shadows, si manifesta in loro, un potere che altro non fa che mostrare la potenza dei tre ragazzi in forma animalesca, per Shu quella forma animalesca è rappresentata da un drago, un drago blu, Blue Dragon. Un filo conduttore tenuto ben saldo da dei dialoghi alquanto singolari e molto carismatici, cosa che non manca mai nei capolavori di Sakaguchi, che senza troppa fatica ci rimarranno in mente, il tutto guidato dai soliti fattori vitali: amicizia, coraggio, valore e solidarietà.
Analizziamo ora i personaggi più nei particolari, almeno i principali: Shu, il vero protagonista indiscusso della storia, il fulcro intorno al quale si sviluppa la vicenda, traspare senza difficoltà la sua indole selvaggia, palesata anche dal suo stile parecchio trasandato guidato da una storia malinconica che lo ha visto vivere col nonno da molti anni dopo la morte dei genitori. Impulsivo e impavido, si getta sempre a capofitto nelle situazioni incurante del pericolo o di quel che potrebbe accadere dopo. Jiro: l’ago della bilancia del gruppo, il cervello è la sua arma e riesce sempre a mantere una certa calma, gli unici momenti di emotività che si concede coincidono con le situazioni di pericolo per Kluke, la ragazza della quale si è innamorato. Kluke, la prima ragazza del gruppo, ne subentrerà un’altra dopo, dolce e gentile, forse anche troppo, ma spesso riesce a rasentare l’apatia con la sua maschera che lascia il dubbio su tutti i suoi sentimenti. Anche lei ha perso i genitori, come Shu, uccisi dal Land Shark e questo evento l’ha resa ancor più solidale verso il prossimo seguendo le orme dei genitori, medici. Marumaro, il primo outsider del gruppo, si unisce infatti a storia inoltrata, è l’anima dello scherzo e della simpatia del gruppo, la sua love story senza buon esito con Zola, la seconda ragazza che si unirà al gruppo, darà il via a tantissime gag comiche che non guastano mai nell’atmosfera comunque triste che accompagna l’intera vicenda. Zola, ultima ad intervenire nella trama ma non meno importante, è una mercenaria molto aggressiva vestita in maniera non poco accattivante e la sua freddezza riesce a portarle il miglior risultato col minimo sforzo. Infine, Nene, l’antagonista della storia, che sembra essere l’ultimo sopravvissuto di una strana epoca nella quale regnava la magia, dove ogni giorno vi era un doloroso conflitto per la conquista del potere, tornato ora all’attacco per riacquistare la sua forza e le sue sembianza che al momento non sono altro che quelle di un vecchietto privo di forza e vigore fisico.

Lascerò combattere la mia ombra, stavolta!

Un buon futuro si costruisce su un ottimo passato, soleva dire Napoleone Buonaparte, e a quanto pare Sakaguchi qualcosa ne sa considerato che il BS, battle system, riprende molti canoni da quello dei primi Final Fantasy per PSX, Final Fantasy VI e Final Fantasy VII, riuscendo però ad effettuare cambiamenti che lasciano un po’ di amaro in bocca. Sistema di base a turni, avremo la tanto amata barra che indica l’ordine di attacco, dalla quale c’avevano separati dopo FF X-2, e il più che ovvio menù dal quale scegliere la nostra mossa, attacco, magie, oggetti e la fuga. Le novità, poi, consistono nella battaglia vera e propria, infatti, per la prima volta, non saranno gli eroi della situazione a combattere, anzi le loro ombre, quindi quelle forze spirituali che dovrebbero rappresentare l’animo del personaggio: di conseguenza niente armi, armature, accessori, e quant’altro, tutto andrà in mano alle skills delle ombre, divise in ottime specializzazioni. Le ombre quindi, saranno il fulcro del gioco, sarà loro il progredire nei livelli, fino ad un massimo di 99, in ciascuna delle dieci classi, o categorie, che dir si voglia: Sword Master, Monk, Assassin, White Magic, Black Magic, Support, Barrier Magic, Guardian e Generalist. Data la mancanza di sostanza da parte delle Shadows, però, ad attaccare saranno sì loro, ma nel momento di subire danni oppure difendersi toccherà a Shu e compagni mettere in bella mostra le loro skill difensive, che comunque andranno a fondersi con quelle sviluppate dall’ombra. Una volta terminata la battaglia avremo i tanto cari punti EXP, esperienza, soldi, Gold, e infine gli Spirit Points, che serviranno ad aumentare le skill delle nostre ombre e a far imparare nuove tecniche. Per quanto riguarda invece gli attacchi di Shu e compagni bisogna menzionare una strana decisione da parte degli sviluppatori Mistwalker: intorno alla fine della main quest otterranno attacchi speciali chiamati Corporeal col solo difetto che i boss, nel finale, resisteranno senza troppi problemi a questi attacchi elementali che porteranno le Shadows in forma corporea. Altra innovazione interessante è il Battle Circle, il cerchio di battaglia, che starà intorno a Shu, unico personaggio visibile in fase di esplorazione: questo cerchio visibile sullo schermo serve a far capire al giocatore quali mostri ci apprestiamo ad affrontare, oppure può essere un comodo aiutante nelle strategie, infatti, se raggruppati a più di dieci, potremmo decidere quali mostri combattere e quali o ancora meglio combatterli tutti in sequenza evitando inutili e noiosi cambi di battaglia e stancanti caricamenti.
Passando poi al capitolo esplorazione, le fondamenta di un RPG, possiamo parlare di tre diverse situazioni in Blue Dragon: la prima rappresenta l’esplorazione cittadina a fare compere per i negozi e riposare nelle locande e recuperare quelle casse dei tesori che potrebbero risultare fondamentali nell’andare avanti con la storia; la seconda rappresenta i dungeon classici nei quali ci ritroveremo in enigmi banali come ad esempio "uccidi tutti i mostri per ottenere la ricompensa", il posto pullulerà di mostri e ogni volta che entrerete nuovamente troverete la situazione ristabilita; il terzo ed e ultimo ambiente è la mappa del mondo, di un’estenzione spaventosa, è caratterizzata dalla presenza di mostri in quantità industriale e dalla visuale dall’alto per permetterci un viaggio più facile ed orientativo per le sconfinate terre di Blue Dragon. Ogni tanto comunque a distogliere il tutto da un’azione forse frenetica e comunque impegnativa avremo molti minigiochi che metteranno a dura prova la vostra velocità ditale.

"This is the beginning, long ago it’s all been started, under the sky above"

Così la canta Ian Gillan una delle main theme di Blue Dragon, sulle parole di Hironobu Sakaguchi e la musica di un maestro, un uomo che per tanti anni, oramai decenni, ha fatto piangere, commuovere, esaltare, le orecchie e i cuori degli appassionati del mondo videoludico nipponico: Nobuo Uematsu. Le sue melodie, nonostante oramai siano passati tanti anni, non cambiano mai e con la dolcezza delle sue note è riuscito anche stavolta ad immedesimarsi nel mondo anime di Toriyama e Sakaguchi, alternando musiche lente assomiglianti quasi a cantilene come Happy Birthday, melodie rilassanti alternate da alti picchi orchestrali come la Main Theme, che molto la si potrebbe ricongiungere a To Zanarkand di Final Fantasy X in versione orchestrale, e anche musiche più ritmiche con un abbozzo di quel rock orchestrale, ripreso dagli Emerson, i Lake and Palmers e, dopo sue aperte dichiarazioni, Jimi Hendrix e Paul Simon & Art Garfunkel che Uematsu ama tanto e che tanto declamava per la sua "Sairin Katatsubasa No Tenshi", la One Winged Angel per gli europei. Pianoforte perennemente presente nelle sue composizioni, mantenendo quello stile che ha incantato gli amanti della saga di Final Fantasy, e finalmente, il mondo può tornare a fantasticare sulle note di Nobuo Uematsu, un uomo senza il quale l’estratto di Sakaguchi non avrebbe avuto certo lo stesso esito.
Parlando poi della grafica bisogna dire che il lavoro della Mistwalker è stato abbastanza altalenante e l’Artoon, responsabile dello sviluppo, non sembra aver appieno compreso gli obiettivi predisposti dal sognatore nipponico: prima nota negativissima sta nel comparto nemico, mostriciattoli contabili sulle dita delle mani e differenziabili solo per colori e nomi differenti, per il resto identici in tutto e per tutto, forse la cosa viene resa più realistica, ma non è la realtà che cerchiamo in un RPG. Da notare anche il basso livello di dettaglio, forse causato da un tentativo di creare uno stile troppo cartoonesco, tentativo mal riuscito, ambientazioni spoglie però da alta valutazione solo per quanto riguarda l’animazione dell’acqua, eccellente e sublime. Il tutto è salvato, per fortuna, da effetti grafici notevoli, con giochi di luce molto belli e con paesaggi suggestivi, merito anche di un’indovinata serie di colori molto accesi e vivaci.
Infine parliamo del doppiaggio, disponibile in lingua originale, in inglese e nella nostra madre lingua: sconsigliato il terzo, molto criticato; da provare è senz’altro quello originale, in giapponese, con una buona dose di sottotitoli in italiano, per poter far diventare il sonoro di questo gioco il non plus ultra del mondo videoludico.

"non Blue Dragon ma Lost Odyssey"

TGS 2006: Sakaguchi annuncia Lost Odyssey, il gioco che davvero mostrerà al mondo Microsoft e non, lasciando comunque l’esclusiva al primo, il vero e proprio seguito della sua idea di Final Fantasy che sempre ha avuto e sempre avrà ed è ancora lì in attesa di sviluppo. La domanda allora sarebbe "perchè fare Blue Dragon se la vera idea per Lost Odyssey?" Non abbiamo però ancora trovato risposta, se non quella di dire "ci voleva qualcosa che dicesse: Sakaguchi è ancora lì, irrimovibile, pronto e con lo stesso ed identico spirito di un quarantacinquenne rimasto ancora adolescente, deciso a continuare il suo progetto di regalare emozioni ai giovani come solo lui sa fare". Blue Dragon non sarà il capolavoro che tutti aspettavano, non sasrà il Final Fantasy che tutti cercavano, sarà una goduria per i fan di Dragon Quest e Toriyama, ma per gli altri, memori delle opere di Sakaguchi e Nomura alla Squaresoft, sarà una magra consolazione: però, se amate Sakaguchi non potete non legarvi alla causa Mistwalker e contribuire alla crescita di questi grandi camminatori nella nebbia.

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