Dark Souls 3 – Recensione

Creare un videogioco che sia un capolavoro non è un’impresa alla portata di tutti, ma farlo ripetutamente è quasi impossibile per chiunque. Eppure quando il gioco lo crea From Software, siamo quasi sicuri di essere davanti a un capolavoro senza nemmeno doverlo provare. Ma visto che noi siamo di palato fino, vogliamo essere ancora più critici e ci spingiamo oltre: quando un gioco lo dirige Hidetaka Miyazaki, siamo certi che si tratta di un capolavoro.

Chi vi scrive non ha particolarmente apprezzato Dark Souls 2 a causa di varie scelte discutibili di game design, ma ha adorato gli altri Souls e Bloodborne. Come tutti ormai sapranno, Miyazaki non ha partecipato attivamente alla creazione di Dark Souls 2, ma ha diretto Dark Souls 3, e ve lo diciamo subito: la differenza si sente.

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Ancora una volta saremo immersi in un universo cupo e inquietante, dove qualunque cosa cercherà di ucciderci nel modo più violento possibile. Lothric è il nome della nostra nuova casa e, come ci verrà subito spiegato, siamo stati resuscitati con il compito di cercare i Sovrani dei Tizzoni: quattro dei cinque sovrani che hanno disertato dai loro troni al Firelink Shrine. I quattro Lords sono individui che hanno partecipato al rituale del Vincolamento del Fuoco, ma hanno abbandonato il loro posto, causando il rapido spegnimento della fiamma. Tutti i sovrani devono tornare sui loro troni per vincolarsi nuovamente alla fiamma e preservare il mondo. A peggiorare la situazione, sembra esserci una sorta di malattia che affligge gli abitanti di Lothric: questa malattia si manifesta sotto forma di una sostanza nera che fuoriesce dal corpo della vittima assumendo una forma quasi draconica e aumentando esponenzialmente la pericolosità dei nostri avversari. La malattia sembra non avere scrupoli e attacca chiunque, dai boss ai nemici semplici. La morte è dietro ogni angolo ma purtroppo per noi ogni angolo nasconde un segreto che dobbiamo scoprire.

Su queste basi inizia il nostro viaggio in un mondo pericoloso ma estremamente affascinante, molto più di quello del capitolo precedente, e come minimo al livello di quanto abbiamo visto nel primo Dark Souls. Pur avendo un hub centrale dove tornare ogni volta per gestire i nostri equip e potenziare il personaggio, tutto il mondo di gioco trasuda misteri e connessioni: già la prima area di gioco dopo il Firelink Shrine (High Wall of Lothric) è piena di strade da percorrere, shortcut e vie alternative per raggiungere altre zone nel modo più efficiente e contemporaneamente contorto possibile. Questo tipo di design è ancora più accentuato nella seconda area, l’Undead Settlement, dove le alternative si sprecano e capire da che parte conviene andare prima è un buon modo per farsi venire un bel mal di testa. E più si va avanti, più le cose degenerano in un labirinto degno dei migliori puzzle game. Tutto questo avviene senza intaccare minimamente il pace del gioco, che in ogni istante resta rapido ed elettrizzante. I nemici in ogni singola area sono disposti intelligentemente: non troveremo mai un nemico posizionato in un punto impossibile da vedere, pronto a caderci in testa uccidendoci sul colpo, ma tutti i nemici possono essere visti o previsti prima facendo un po’ di attenzione e con un po’ di astuzia.

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Un paragrafo a parte se lo meritano i boss. Questa serie è famosa per tanti motivi, e tra questi ci sono le boss fight: nemici enormi e difficilissimi da sconfiggere, una vera e propria sfida. Se negli altri Souls in parte era vero per la quantità dei loro HP o per il loro danno (non in tutti i casi ovviamente, alcune boss fight sono semplicemente epiche), in Dark Souls 3 questo particolare dettaglio è più vero del solito, non solo per la difficoltà degli scontri, ma sopratutto per la loro bellezza. Il design della maggior parte dei boss è eccezionale, i loro moveset estremamente vari, dinamici e imprevedibili, ma quello che più ci ha colpito è stato vedere i boss evolversi durante il combattimento, svelando ogni loro aspetto e dettaglio mentre ci riempivano di botte. Il primo boss, per esempio, ci ha letteralmente preso alla sprovvista e lasciato a bocca aperta.

Nuovo ma non troppo

In Dark Souls 3 sono state introdotte diverse novità, per la maggior parte di piccola portata, ma nell’insieme offrono un approccio più profondo al gioco rispetto al passato. Prima su tutte, perché immediatamente utilizzabile, è la novità derivante dalle Stance, vale a dire delle pose da combattimento, uniche per quasi ogni arma, che cambiano completamente il modo di approcciarsi al combattimento. O almeno così dovrebbero. In effetti l’idea è interessante: ogni arma ha un moveset particolare, che però si riduce nella maggior parte dei casi a un buff per alcune armi a una mano (asce ad esempio) o una posa a due mani, che, pur concedendo un moveset nuovo, lascia estremamente scoperti da un punto di vista difensivo. Questi moveset sono quindi difficilmente utilizzabili nelle boss fight, e la loro efficacia in PvP è tutta ancora da testare. Le stances ci hanno dato l’impressione che si volesse dare al combattimento in Dark Souls 3 un’impronta e una velocità simile a quella di Bloodborne, irraggiungibile però nella pratica vista la mancanza delle schivate. Una bella novità, certamente, ma non game changing come molti di noi si auguravano.

Le novità non si fermano a questo: è stato rinnovato il sistema di difese date degli equip: ora i vari pezzi di armatura non andranno a modificare direttamente i nostri valori di difesa derivanti dalle stats, ma avranno un loro valore separato che indicherà la loro capacità di assorbire i danni; è stato reintrodotto (dai tempi di Demon’s Souls) il mana, o FP, che serve per castare le magie, ma anche per utilizzare i moveset delle stance; a proposito di mana, sono state introdotte delle nuove flask che servono per ricaricarlo. Insomma di novità ce ne sono diverse, ma alla fine però niente risulta davvero nuovo.

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Giocando a Dark Souls 3 non abbiamo mai provato una sensazione di smarrimento, ma anzi una familiarità tale che i primi due boss non sono nemmeno stati difficili da battere e li abbiamo sconfitti al primo tentativo. A enfatizzare ancora di più questa sensazione, ci sono diversi volti conosciuti tra gli NPC, come Andre, probabilmente lo stesso Andre of Astora di Dark Souls, o Siegward of Catarina, che certamente avrà qualcosa a che fare con Sieglind e Siegmayer of Catarina (permetteteci di dire che il primo incontro con Siegward è esilarante. NDR.). Questa non vuole essere necessariamente una critica, ma una constatazione di come la serie dei Souls sia talmente radicata nelle nostre menti che le abilità che abbiamo sviluppato giocando ai titoli precedenti ce le siamo portate e ritrovate ora, ed è una sensazione decisamente appagante.

In tutto questo nostalgico compiacimento, però, non ogni cosa ci è piaciuta. Alcune aree e sopratutto alcuni nemici sono decisamente troppo simili ad altre già viste. Nell’Undead Settlement, ad esempio, edifici e  buona parte dei nemici sembrano presi completamente da Bloodborne e portati in Dark Souls 3 senza nemmeno tentare di camuffarli un po’. Umanoidi alti e vestiti da contadini, con forconi e lance sono praticamente ovunque, accompagnati da altri più forti che tanto ricordano quelli quasi trasformati in lupo presenti in Bloodborne. Molti altri esempi si possono fare, ma sarebbero per la maggior parte somiglianze con gli altri Souls e dal momento che si tratta dello stesso universo, ci sentiamo di poter chiudere un occhio.

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Ok, ma si può giocare su PC?

La risposta è sì, Dark Souls 3 gira su buoni livelli anche su PC non troppo potenti, mantenendo un minimo fisso di 30 fps e calando solo in certi momenti particolarmente agitati. Noi siamo riusciti a giocare tranquillamente con oltre 60 fps per quasi tutto il tempo, semplicemente abbassando qualche dettaglio grafico e aggiornando i driver della GPU. Probabilmente per una volta, però, la versione per console sarà superiore a quella PC (ammesso che non abbiate un super PC, nel qual caso non avrete nessun problema).

Graficamente siamo davanti a un gioiellino, tanto quanto lo erano i suoi predecessori, nel bene e nel male: il motore grafico non è tanto diverso dagli altri e ovviamente ha gli stessi punti di forza e le stesse debolezze. A panorami mozzafiato e modelli dettagliatissimi fanno da contraltare fenomeni di clipping e stuttering sporadici, come anche animazioni non sempre fluidissime e convincenti.

Niente da dire sul comparto audio, minimal come sempre durante le fasi di esplorazione, ma perfetto e incalzante durante i combattimenti più impegnativi.

9
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