Dead Space – Recensione Dead Space

Il cannibale

Cannibale. Così si può definire Electronic Arts. La casa produttrice e sviluppatrice di questo gioco può proprio assurgere a vero e proprio cannibale dell’industria videoludica, forse in buona compagnia di Activision-Blizzard, perchè sempre pronta a sfornare ad ogni piè sospinto l’ennesimo tie-in di successo (rare volte anche di qualità però) o la nuova versione di un gioco sportivo su licenza (qua la qualità almeno è presente) e vendere puntualmente milioni di copie. Insomma, incassi garantiti ma originalità e nuove idee un po’ in secondo piano. Ma con l’avvento della "next-gen" (è vero, il next andrebbe ormai tolto ma next-gen suona tanto bene!) le politiche aziendali sono un po’ variate e si è deciso di affiancare a serie già conosciute nuovi IP originali, talvolta con risultati discreti (Army of two) o potenzialmente innovativi (Mirror’s edge) e altre volte con titoli decisamente di qualità come Bad Company (sì, si chiama Battlefield ma dei precedenti capitoli ha solo il nome…) e soprattutto Dead Space, titolo che ci apprestiamo a recensire, che è forse il portabandiera di questa nuova corrente EA.

 

Welcome to USG Ishimura

Il plot non è forse dei più originali ma decisamente adatto alla situazione. L’azione si svolge circa 500 anni nel nostro futuro. La colonizzazione dello spazio ha ormai preso piede, e vengono utilizzate  immense astronavi  minerarie capaci addirittura di trivellare interi pianeti alla ricerca di risorse. Una di queste, la USG Ishimura, trova un antico manufatto: “il Marchio” ma, una volta effettuata questa scoperta, si verifica un blackout energetico e delle comunicazioni della nave. Viene così deciso di mandare una squadra di tecnici, tra cui il protagonista, l’ingegnere Isaac Clarke (interessato a questa nave non solo per rimetterla in sesto ma anche per questioni affettive),  per riparare quello che a prima vista sembrerebbe un normale guasto di routine. Ma la situazione già dal prologo pare destinata a prendere una brutta piega! Non vi svelo di più per non rovinarvi la trama e la sorpresa ma vi posso dire che se l’incipit è un po’ scontato, il prosieguo è invece molto avvincente (a conferma della bontà della storia, sappiate che esistono un fumetto, già disponibile, ed un dvd di prossima uscita che fungono da prequel). Il metodo di narrazione è molto simile a quello di Bioshock: nessuna cut-scene, dialoghi in tempo reale, ritrovamento di alcuni diari e appunti che chiariscono molti dettagli utili per avere un quadro più chiaro della faccenda, assoluto mutismo del protagonista. Proprio come in Bioshock tutto funziona benissimo non spezzando il ritmo dell’azione ma dipingendo al contempo una storia ricca e ben articolata.

Nello spazio nessuno può sentirti urlare

Prendendo spunto dall’espressione forse più famosa del film “Alien”, a cui il gioco si rifà per alcune idee e situazioni, passiamo a parlare del comparto audio, di importanza fondamentale per un gioco horror. Sotto questo aspetto Dead Space non delude affatto. Le musiche sono azzeccatissime e molto evocative, in alcuni frangenti veramente terrorizzanti (in senso positivo), riuscendo a creare una grande atmosfera e facendovi sentire quasi sempre braccati. Come se non bastasse anche gli effetti sonori, in particolar modo quelli ambientali, contribuiscono ad aumentare la suspense, sentendo tubi che rotolano in una stanza apparentemente vuota (la cosa angosciante è che a volte lo sarà veramente), strani versi provenire dall’angolo che dovreste girare, urla inumane dietro alla porta che state per aprire e così via in un crescente senso di appresione. Si può portare un esempio proprio ispirato alla serie Alien: nello spazio aperto (si, ci saranno sezioni fuori dalla nave o a gravità zero) nessuno può sentirvi perché come nella realtà ci sarà un silenzio quasi totale e suoni molto ovattati. Ottima cosa per rifiatare un attimo da musiche ed effetti sonori sempre propensi a creare tensione, un po’ meno se spunterà un mostro alle vostre spalle che, per ovvie ragioni, non potrete sentire arrivare. C’è un’unica piccola nota dolente nel doppiaggio: la qualità generale è molto buona ma la presenza nel cast di Dario Argento, che presta la voce al dottor Kyne, non convince del tutto, sia per interpretazione che per efficacia.

Corridoio dopo corridoio…

Considerando che l’azione si svolge tutta all’interno di una nave spaziale, non ci si aspetterebbe una grande varietà di locations. Gli sviluppatori sono invece riusciti (nei limiti del possibile ovviamente, in fondo non è una città sommersa) a regalare ad ogni stanza o corridoio una qualche peculiarità che li distingue da quelli precedenti, creando anche ambienti più ampi di come potreste aspettarvi, ed eliminando quindi quella sensazione di “copia e incolla” dei vari corridoi tanto frequente in molti giochi ambientati in astronavi. Ad avvalorare il tutto contribuisce una realizzazione grafica veramente di prim’ordine, mostrando una solidità eccezionale anche nei, rari, momenti di sovraffollamento e sfoggiando effetti di luce bellissimi e molto funzionali all’atmosfera. Sono inoltre presenti moltissimi dettagli che donano “vita” allo scenario come le tantissime scritte col sangue sui muri, oggetti distrutti, buchi nelle pareti, il sangue che nello spazio aperto si solidifica e forma delle bolle invece che scorrere normalmente. Potrei stare per ore a parlarvi di questi dettagli ma lo spazio (delle recensione) è tiranno e inoltre vi rovinerei la sorpresa, vi basti sapere che forse era dai tempi di Resident Evil 2 che non si vedevano scenari così dettagliati e d’atmosfera in un survival horror.

…dopo corridoio (lo stesso di prima) dopo corridoio (lo stesso di prima)

Purtroppo anche questo gioco qualche difettuccio ce l’ha ed il più grave potrebbe essere l’abuso di necessità di backtracking nel corso del gameplay: più e più volte sarà necessario rivisitare luoghi già visti per proseguire nell’avventura. Niente di assolutamente insopportabile ma comunque la sensazione di dejà vu c’è e bisogna sottolinearlo.
Per il resto il gioco vi offrirà molto divertimento e coinvolgimento. Oltre all’atmosfera fantastica, come avrete già capito dai paragrafi precedenti, le meccaniche di gioco sono molto buone e divertenti ponendosi a metà tra Silent Hill e Resident Evil 4. Infatti dal primo eredita il fatto che il protagonista sia una persona qualunque (un ingegnere nello specifico) e non un qualche super agente, nonchè il senso di solitudine e ansia che permea tutta l’avventura; si differenzia però dal balisticamente austero titolo Konami perché le armi ci sono, sono tante e funzionano, pur senza arrivare ai livelli di RE 4 in quanto a distruzione, potenza e… quantità di munizioni. Alcune sono veramente divertenti da utilizzare, come “lo sbudellatore”: a voi scoprire come funziona, ma il nome è tutto una garanzia.
Proprio da RE4, Dead Space  eredita anche una spiccata componente action: vedi il discorso sulle armi di prima, la telecamera ed il sistema di mira, quasi mutuati dal titolo Capcom (fortunatamente potrete muovervi mentre sparate). Con questo non voglio dire che nel titolo EA siano presenti solo idee riciclate da questi due mostri sacri del passato, anzi,la sensazione è che si sia riusciti a prendere il meglio dai famosi horror sopraccitati ottenendo un grande risultato.
Le numerose armi e le armature sono potenziabili con l’uso di nodi energetici sparsi in giro per la nave e sfruttabili attraverso appositi macchinari, ma è praticamente impossibile arrivare alla fine con l’intero equipaggiamento potenziato al massimo in una unica partita, soprattutto per la scarsità di questi nodi rispetto a quelli che vi servirebbero, e quindi dovrete fare delle scelte. Uccidere i mostruosi Necromorph (le creature che affronterete) sarà arduo e dispendioso in termini di riserve di pallottole, ma avrete a disposizione anche due poteri psichici: Stasi e Cinesi, disponibili piuttosto presto nel gioco ed in seguito potenziabili mediante l’utilizzo dei citati nodi. Stasi (consumabile) vi permetterà di rallentare oggetti e nemici, Cinesi di spostare oggetti. Inutile sottolineare come entrambi vi serviranno nel corso del gioco sia nei combattimenti sia per risolvere gli enigmi, che non sono nulla di eccezionale ma che alla fine funzionano (sposta un oggetto, attiva un computer, rallenta una porta a scorrimento in tilt…).

Bene bene, a chi sparo?

I nemici sono di varie tipologie, spaziando da esserini minuscoli fino a immonde e gigantesche creature come i boss (molto divertenti da affrontare). L’intelligenza artificiale non è certo ai massimi livelli, non avrete bisogno di lavoro di squadra o minuziose tattiche di aggiramento dei vostri avversari, solo scontro frontale! Nonostante ciò tutte le creature sono sempre ostiche, dal momento che hanno il brutto vizio di muoversi attraverso i condotti d’areazione. Ora, in un’astronave quanti condotti ci sono? Tantissimi, quindi sapete che i nemici potrebbero spuntare in ogni momento e da qualsiasi direzione. Con questo stratagemma gli sviluppatori riescono a creare ansia e preoccupazione nella mente del giocatore dall’inizio alla fine dell’avventura (12 capitoli abbastanza lunghi, che valgono una longevità di circa 10-12 ore di gioco). Oltretutto ci sono anche alcune situazioni molto ben architettate che vi faranno fare un bel salto sulla sedia. Ad esempio: vedrete un Necromorph entrare in un condotto d’areazione, vi avvicinate circospetti e, dopo un’attenta analisi non lo troverete ma, facendo un passo avanti, sentirete dei versi e proprio davanti a voi ne spunterà uno. Convinti che sia quello visto in precedenza, vi avvicinate e iniziate a sparargli (mirate agli arti: i Necromorph non desiderano altro che squartarvi, ed è vostra priorità mutilarli il più possibile ed in fretta, dato che, anche se colpiti, cercheranno fino alla morte di raggiungervi e dilaniarvi) maledicendolo per lo spavento, ma vi sbagliate: la creatura che avevate visto prima non è quella appena uccisa, ed ora è alle vostre spalle.
Ce ne sono tantissime di queste situazioni e riusciranno sempre a tenervi all’erta per tutto il corso dell’avventura.

Bello e originale, è davvero di EA?

Ironia a parte, questo è veramente un gran gioco, sicuramente uno dei migliori di questa stagione, forse anche inaspettatamente, quindi bisogna dare atto ad EA di aver creduto nel progetto giusto ed aver avuto il coraggio di lanciare questa serie (già annunciato il sequel) in tempi in cui i nuovi IP sono sempre più rari. Per chiudere, vi lascerei con le parole di Dario Argento (uno che se ne intende di spaventi) che compaiono sulla copertina di Dead Space: “Il gioco più terrificante e spettacolare dell’anno”. E se ve lo dice lui…

Ti è piaciuto quello che hai letto? Vuoi mettere le mani su giochi in anteprima, partecipare a eventi esclusivi e scrivere su quello che ti appassiona? Unisciti al nostro staff! Clicca qui per venire a far parte della nostra squadra!

Potrebbe interessarti anche

Lascia un commento