Deadlight Director’s Cut – Recensione

Gli zombie sono come la musica anni ’80: non stancano mai, nonostante da anni l’intero mondo videoludico stia sfruttando i non morti in maniera massiccia per un’infinita moltitudine di progetti diversi. Il paragone iniziale non è a caso, dal momento che in Deadlight non ritroviamo i morti viventi scattanti e famelici visti in alcune produzioni videoludiche degli ultimi anni, ma proprio i ciondolanti zombie di Romeriana memoria. Il tutto compresso in una tanto breve quanto intensa avventura interamente in 2D, a dimostrazione di come non servano per forza poligoni e caratteristiche tecniche da urlo per creare un prodotto capace di colpire al cuore. O al cervello, che nel caso dei morti viventi è più indicato ed efficace.

Deadlight Director's Cut

Zombie outbreak… di nuovo

Deadlight Director’s cut ripropone su Playstation 4 in HD e con contenuti aggiuntivi l’avventura dello sceriffo Randall Wayne già pubblicata nel 2012 per Xbox e PC. Per quanto riguarda la trama in sé non c’è molto da dire: poco importa che gli non-morti si chiamino ombre, dopotutto anche in The Walking Dead li hanno soprannominati “vaganti”, dal momento che il protagonista dell’avventura si trova davanti alla più classica apocalisse zombie. Non ci fermeremo quindi più di tanto sul cosa, quanto piuttosto sul come la storia dello sceriffo Randall Wayne viene raccontata dagli sapienti scrittori di Tequila Works.

La storia getta il giocatore nelle fauci dell’azione più spietata fin dai primi secondi di gioco, senza lasciare spazio a un antefatto o alla ricerca di una qualche logica spiegazione per cui la città di Seattle sia stata invasa da cadaveri ambulanti. Già questa scelta è da elogiare: dicevamo in apertura come il mondo dei videogiochi sia ormai saturo di storie a tema zombie, pertanto diamo per scontato che qualsiasi giocatore, o appassionato di serie Tv, sappia come funziona: Deadlight dà per scontato che ci sia un paziente zero, che il virus si trasmetta tramite il morso di un infetto a un umano sano e che sia necessario colpire i nemici alla testa perché restino soltanto morti e non anche viventi. Si parte subito con l’azione quindi e questo è un pregio da tenere in grossa considerazione.

Deadlight Director's Cut

Tornando al come gli sviluppatori hanno deciso di raccontare quella in fin dei conti è la solita storia dei sopravvissuti all’apocalisse in cerca di un rifugio sicuro. Vi parleremo quindi di come, nelle circa due ore e trenta necessarie al completamento dell’avventura, Randall incontrerà molti personaggi sapientemente caratterizzati, tutti necessari a rendere più realistica l’esperienza e tutti fondamentali per un approfondimento tutt’altro che superficiale della psiche del protagonista. Chi non ha giocato al titolo originale resterà sicuramente colpito nel profondo dal finale che ribalta l’apparenza e fa capire molti dei comportamenti, delle scelte e delle battute di Randall nel corso del gioco.

Deadlight Director's Cut

Un 2D profondo

Deadlight: director’s cut è un titolo interamente in due dimensioni: come nel più classico dei platform ci si muove da sinistra verso destra, arrampicandosi e saltando per attraversare i vari scenari. Nonostante questa apparente semplicità, Tequila Works è riuscita a seminare nel mondo di gioco alcuni segreti che non riuscirete a raccogliere alla prima partita, dettaglio sicuramente interessante per i completisti e per coloro che ritenessero la longevità di sole due ore e trenta troppo breve. Bastano pochi quadri per familiarizzare con i comandi e per capire che il gioco ci permetterà di sfruttare tutte le doti atletiche del protagonista: Randall può arrampicarsi, saltare, rimbalzare sui muti, appendersi alle sporgenze e attaccare con le armi a disposizione. La semplicità suggerita dall’approccio a due dimensioni è soltanto apparente: attaccando con l’ascia o restando aggrappati troppo a lungo Randall consumerà resistenza; allo stesso modo, scegliendo di combattere con le armi da fuoco e sacrificando quindi le poche munizioni a disposizione, vi sarà richiesto di utilizzare lo stick analogico destro per mirare alla testa dei nemici, unico punto che se colpito impedirà loro definitivamente di rialzarsi.

Deadlight Director's Cut

Non fatevi ingannare dal 2D, insomma: Deadlight offre molta libertà di azione e la sfrutta a dovere, presentando di volta in volta anche semplici enigmi ambientali da risolvere con il talento ginnico di Randall o con gli oggetti a disposizione, primo su tutti un’utilissima fionda. Unico neo (unico ma veramente fastidioso in alcuni particolari frangenti) è la scarsa reattività dei comandi: in un paio di situazioni è necessario attraversare degli scenari utilizzando in sequenza lo scatto, il rimbalzo sul muro e il rotolamento dopo i salti. Si tratta di azioni che singolarmente è possibile eseguire senza problemi ma che, impartendo i comandi in rapida successione, svelano qualche imperfezione nel codice del gioco e costringono a scontrarsi più e più volte con inaspettati game over soltanto perché Randall non ha tempestivamente eseguito l’azione che il giocatore desiderava fargli compiere. Niente di insuperabile, sia chiaro, ma certamente nei frangenti in cui un normale titolo action adventure 3D avrebbe utilizzato un Quick Time Event ci saremmo aspettati una maggiore attenzione posta nel corretto recepimento dei comandi impartiti, soprattutto tenendo conto del fatto che ci troviamo di fronte ad una riedizione di un titolo pubblicato per la prima volta ormai ben quattro anni fa.

Deadlight Director's Cut

A completare l’offerta di questa edizione Director’s Cut troviamo due modalità dedicate a chi vuole misurare per davvero le proprie abilità (nonché la propria pazienza): nella modalità Nightmare – che permette di accedere ad un finale alternativo decisamente sconcertante – bisognerà giocare Deadlight tutto d’un fiato, senza save point e con un livello di difficoltà ancora più elevato; nella modalità Sopravvivenza bisognerà invece restare in vita il più possibile mentre il gioco scaricherà ondate di non morti contro Randall. Vi basti sapere che il trofeo della modalità Sopravvivenza richiede di non morire per soli tredici minuti, e capirete anche in questo caso che la curva di difficoltà ha una pendenza non esattamente adatta a tutti. Resta comunque il fatto che queste aggiunte possono in qualche modo mettere una pezza alla longevità del gioco principale, altrimenti davvero troppo breve per giustificare il prezzo di acquisto della versione fisica di Deadlight Director’s Cut.

Deadlight Director's Cut

2D tridimensionale

Graficamente Deadlight, nella versione Director’s Cut, si fa il lifting: su Playstation 4 l’intera avventura gira perfettamente fluida in risoluzione Full HD, condizioni ottime per apprezzare il particolare stile grafico del titolo. Il protagonista, i personaggi e gli oggetti sul suo stesso piano si presentano praticamente sempre come silhouette nere, mentre  fonte di luce è disposta come se fosse diametralmente opposta rispetto al punto di visione del giocatore. Nonostante sia possibile muoversi soltanto sugli assi x e y di un ipotetico piano bidimensionale, il mondo di gioco è tridimensionale e all’aperto è possibile scorgere l’orizzonte, lo skyline di Seattle ormai allo sbando e, elemento di sicuro impatto, orde di zombie in grado di muoversi tridimensionalmente e di raggiungere Randall se questi non è abbastanza veloce da attraversare il quadro di gioco.

Deadlight Director's Cut

A raccontare la trama ci pensano alcune sequenze disegnate in stile fumetto – anche qui il riferimento a The Walking Dead è più che un semplice accenno – con poche animazioni compensate da una buona dose di tensione emotiva, soprattutto nello sconcertante finale. Tutti i dialoghi sono in inglese, ottimamente recitati (con sottotitoli in italiano), supportati da una colonna sonora minimale ma sempre capace di accompagnare l’emotività delle varie situazioni. C’è da dire che alcune sequenze sono disegnate troppo sotto forma di schizzo e che, almeno in questo caso, la mancanza di vere e proprie scene con personaggi poligonali può attenuare la crudezza e la violenza delle vicende raccontate. Resta il fatto che più di una volta, per affinità di trama e ambientazione, Deadlight riporta alla mente The Last of Us, e il solo potersi paragonare a un titolo di tale caratura significa per Tequila Works essere riusciti nella realizzazione di un titolo accattivante nonostante l’evidente ridotto budget a disposizione.

Deadlight Director's Cut

Deadlight Director’s Cut è sostanzialmente lo stesso gioco di quattro anni fa, con qualche piccola correzione e un netto miglioramento dell’aspetto grafico. La modalità nightmare e il finale alternativo ad essa collegato – inaspettatamente ancora più cruento e fuori dagli schemi rispetto alle già stupefacenti rivelazioni del finale standard – sono chiaramente dedicate a chi desidera spolpare il gioco fino al midollo. Allo stesso modo, la modalità sopravvivenza è caratterizzata da un livello di difficoltà tale da non renderla un divertimento atto a prolungare la longevità dell’esperienza quanto piuttosto un’opzione solo per veri fan. Alla luce di questo, ci sentiamo di mettervi in guardia: il prezzo di 19,99 Euro (in versione digitale ma, volendo, anche fisica) per le sole due ore e mezza dell’avventura principale gioca a sfavore di quello che non è un capolavoro assoluto ma che, rispetto a molti altri titoli a tema horror pubblicati nelle ultime settimane, resta un’esperienza degna di essere provata.

7.2

Pro

  • Entra subito nel vivo
  • Trama banale ma raccontata in maniera accattivante
  • Stile grafico ispirato e azzeccato

Contro

  • Scarsa longevità
  • Sistema di controllo non reattivo come dovrebbe
  • Contenuti aggiuntivi difficili e solo per fan
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