Detroit: Become Human – Provato

Invitati da Sony in quel di Milano abbiamo provato in anteprima Detroit: Become Human, prossimo titolo sviluppato da Quantic Dream in uscita il 25 maggio.

Detroit: Become Human

Old but gold

Diciamo subito che il nuovo titolo ideato da David Cage mantiene le caratteristiche che hanno reso famosi i precedenti titoli Quantic: Heavy Rain e Beyond: Two Souls. L’avventura scandita da una forte e drammatica narrativa, si sviluppa attraverso l’esplorazione e l’investigazione di determinate aree e l’interazione verbale tra il protagonista (in questo caso i protagonisti) e altre persone, azioni che si sommano all’interazione fisica con oggetti o quick time event. Si tratta di un titolo che fa della narrativa e del racconto la principale fonte d’intrattenimento, di conseguenza ogni azione come nei precedenti capitoli è fonte di ripercussioni nello svolgersi dei fatti. Raccogliere un oggetto piuttosto che un altro, così come dare questa o quella risposta, concatenerà una serie di eventi differenti da come sarebbero potuti accadere svolgendo altre azioni.

Questo gameplay ludicamente molto limitato nelle azioni (oltre a muovere il personaggio e interagire con gli oggetti non farete altro) è invece molto stratificato in termini di libertà. Il principio di causa-effetto è sempre molto presente all’interno del gioco: ogni azione andrà ponderata e il risultato delle nostre scelte verrà registrato cosicché alla fine di ogni capitolo del gioco questo ci mostrerà una scheda riepilogativa di cosa abbiamo scelto, di cosa potevamo fare diversamente e dei bivi che abbiamo incontrato, in modo da aumentare la consapevolezza del giocatore sul come potrà adottare un approccio differente nelle successive run.

Detroit: Become Human

Android city

Ciò che dunque va analizzato in un titolo del genere, è la qualità e la consistenza narrativa e come quest’ultima viene rappresentata all’interno del gioco. La nostra prova è durata all’incirca due ore, nelle quali abbiamo esplorato ogni sfumatura disponibile proposta dalla storia di Cage & co. Partiamo dall’inizio: Detroit: Become Human racconta la storia di un recente futuro in cui la società convive con gli androidi; essi lavorano nelle più disparate mansioni della vita di tutti i giorni, dalla baby sitter alla domestica, passando per l’assistenza agli anziani o la nettezza urbana. Non sempre visti di buon occhio, gli androidi di Detroit sono il fulcro della storia; più precisamente il gioco si concentrerà sulle vite di tre adroidi: Kara, androide con funzioni di domestica che si troverà di fronte ad una storia di violenza, abusi e maltrattamenti; Markus, androide che forniva assistenza a una persona anziana nella vita di tutti i giorni; Connor, un androide speciale integrato nella polizia scientifica che lavora in casi che vedono coinvolti altri  androidi. I temi principali saranno il libero arbitrio, la violenza in tutte le sue forme, le ripercussioni della tecnologia sulla quotidianità, la ribellione e molte delle azioni all’interno del gioco potrebbero portarvi a mettere in dubbio la vostra idea di cosa è giusto o sbagliato.

Detroit: Become Human

Nella nostra prova l’incedere della narrazione ci è sembrato giusto, ponderato e mai affrettato, senza nessun elemento lasciato al caso. Ogni azione è contestualizzata e porta alla formazione di un background fondamentale per il giocatore al fine di affrontare le scene successive. Le sezioni più intriganti sono sicuramente quelle che vedono protagonista Connor, dal momento che sono quelle più interattive ed essendo spesso ambientate in scene del crimine offrono anche possibilità maggiori dal punto di vista ludico. I dubbi invece sorgono dal punto di vista della linearità e della monotonia del titolo. Questi due aspetti convergono in un unico punto e potranno essere fugati solamente in sede di recensione; durante tutta la nostra prova l’incedere della trama è scorso via tranquillamente, con il giocatore che nelle fasi di maggiore libertà aveva la possibilità di svolgere determinati compiti secondari nell’area in cui si trovava (svolgere attività domestiche, raccogliere prove sulla scena del crimine, ecc) che si rivelavano però spesso  azioni fine a sé stesse che conducevano a vicoli ciechi, facendoci sorgere il dubbio che fossero lì per “allungare il brodo” e donare al giocatore una sorta di illusione di longevità, nascondendo magari anche una linearità di base non nelle possibilità di scelta, ma nello scorrere della trama.

Detroit: Become Human

Moralità sì o no?

Al termine della nostra prova abbiamo potuto fare una domanda ad Adam Williams, lead writer di Detroit: Become Human, durante una tavola rotonda con la stampa; ecco dunque la sua risposta:

Gamesource: Tra i vari temi che emergono dal titolo, cosa ci può dire riguardo la moralità nel gioco?

Williams: Per moralità intendiamo la distinzione tra cosa è gusto e cosa è sbagliato, e il nostro lavoro come scrittori, proprio perché la storia è interattiva e volevamo che i giocatori potessero creare la loro personale visione di essa, è quello di togliere la moralità dal gioco  proprio perchè sarebbe stato come evidenziare quale linea seguire o quale no. D’altra parte sarebbe stato irresponsabile come scrittore, lasciare gli utenti in un limbo in cui non esiste la moralità; di conseguenza la nostra filosofia è stata quella di lasciare sì piena libertà di azione ma di creare anche delle conseguenze a queste azioni.


La nostra prova di Detroit: Become Human ci ha mostrato un titolo maturo, narrativamente e graficamente solido, e ben diretto che sa intrattenere e che allo stesso tempo pone l’accento su al cuni temi in modo da far riflettere l’utenza. Lo stile dei giochi Quantic Dream è lì presente ma non disturbante, con il suo modo interattivo di far vivere le storie in quello che in gergo potremmo chiamare: interactive drama. Al netto di qualche dubbio che potrà essere fugato solo in fase di recensione, attendiamo di tornare nella città degli androidi per vivere le avventure di Kara, Markus e Connor.

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Un commento

  1. Gioco diverso dai soliti, con meccaniche che, probabilmente, ai più non piaceranno ma che, personalmente, mi coinvolgono come è accaduto nei precedenti giochi di Cage.

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