Dragon’s Crown – Recensione

A pochi mesi di distanza dall’uscita di Muramasa Rebirth, ecco che Vanillaware mette in commercio, finalmente, Dragon’s Crown. Dopo le vicissitudini che hanno visto il passaggio da UTV Ignition Entertainment ad Atlus, come publisher, come la causa del grande ritardo con cui il gioco è arrivato in Giappone e America,  noi europei dovremmo aspettare il mese di Ottobre prima di metterci le mani sopra, motivo per cui ci siamo procurati una versione americana al fine di darvi le nostre impressioni sul prodotto con largo anticipo.

La corona del drago

Non c’è molto da raccontare riguardo la trama, la quale gira tutto attorno al leggendario tesoro chiamato, per l’appunto, Dragon’s Crown per recuperarla ed evitare che forze malvagie se ne impossessino e la usino per scopi malvagi. Tutta la storia verrà raccontata attraverso un’unica voce narrante che descriverà ogni situazione, ambientazioni e dialoghi che andrete ad affrontare, cosa che all’inizio può risultare gradevole, ma che alla lunga inizia a stancare parecchio. Finendo il gioco una volta è possibile sbloccare altre voci, ma il loro costo richiedono così tante ore di gioco che il prezzo non vale la candela. Impersonerete uno dei 6 avventurieri che andrete a selezionare all’inizio del gioco (Fighter, Amazon, Elf, Dwarf, Sorceress e Wizard), ma le uniche differenze, a livello di storia, saranno dettate dal finale che varierà in base al personaggio selezionato.


Beat’em Up RPG

Quello che caratterizza maggiormente Dragon’s Crown è sicuramente quello di aver riportato in vita il genere Beat’em Up (Golden Axe, Double Dragon) fondendolo con il genere RPG. Dopo aver scelto infatti la vostra classe verrete catapultati nella città principale in cui potrete far visita ai vari negozi (per comprare pozioni ed equipaggiamenti), taverne (dove organizzarvi il party) e, sopratuttto, gilda (per richiedere quest secondarie e imparare nuove abilità) per il vostro personaggio. Dopodichè verrete inviati, a seconda delle missioni, in vari dungeon in cui, esattamente come nei classici Beat’em Up 2D di una volta,  dovete far fronte a ondate di nemici usando i vostri attacchi e mosse speciali. Ogni classe ovviamente ha attacchi unici, il Fighter ad esempio combatterà ravvicinato con spada e scudo, l’ Elf con arco e freccie, mentre i maghi potranno lanciare incantesimi e dare supporto ai propri compagni. Esattamente come i vecchi Beat’em Up potrete addirittura spaccare bauli e casse per ottenere cibo con cui curarvi o armi secondarie, per non parlare delle cavalcature, con cui eliminare i vostri nemici. Ci sono addirittura le vite che una volta esaurite bisognerà pagare in denaro per poter continuare.
Alla fine di ogni dungeon bisognerà poi affrontare, ovviamente, il classico boss il quale, una volta sconfitto, ci farà accedere alla schermata riepilogativa, in cui in base al punteggio e ai tesori ottenuti otterremo una valutazione da E a S e i relativi punti esperienza necessari per salire di livello.


Bando alle proporzioni

La particolarità delle produzioni Vanillaware, sin dai tempi di Princess Crown (di cui Dragon’s Crown rappresenta un seguito spirituale), è che tutto ciò che si vede a video viene disegnato a mano, dando così l’impressione di giocare su dei quadri. Il titolo non fa eccezione e seppur meno ispirato a lavori come Odin Sphere e Muramasa (per via di alcuni dungeon chiusi, bui e ripetivi), riesci ad offrire un’estetica sicuramente d’impatto, soprattutto per quanto concerne il character design. che da sempre ha fatto discutere visto lo stravolgimento delle proporzioni che vedono donne dai seni esagerati, oppure uomini dai muscoli improponibili. Senza contare il pizzico di malizia in cui ci si può imbattere durante alcuni artwork, tra streghe, sirene e suore guerriere in pose facilmente equivocabili. Il risultato finale comunque a noi è piaciuto e riconferma l’originalità e la bravura di George Kamitani non solo nel disegnare, ma anche nel saper cambiare stile e proporre qualcosa di diverso.
Non da meno sono le musiche composte dal bravissimo Sakimoto, che sa sempre azzeccare le tracce e adattarle ai contesti che il giocatore dovrà affrontare enfatizzando sempre ogni singolo momento di gioco, da quello più calmo a quello più frenetico.


PS Vita o PS3?

Dragon’s Crown, come forse già sapete, è disponibile non solo per PS3, ma anche per la portatile PS Vita e sfruttano un sistema di cross save, ovvero al possibilità di sfruttare lo stesso salvataggio per entrambe le versioni, permettendo così al giocatore di iniziare una partita da casa e poi continuarla quando si è fuori (e viceversa). Non avendo però un sistema di cross buy, ovvero acquistando la copia di una versione si ottiene anche l’altra, rende difficile scegliere quale delle due versioni optare. E’ uso comune pensare, che la versione home console venga avvantaggiata dal pad (più ergonomico e con due dorsali in più) e da un comparto tecnico più avanzato, ma nel caso di Dragon’s Crown ci sentiamo di consigliare quella portatile per via del touch screen. Il motivo è piuttosto semplice: durante i vari dungeon è possibile sfruttare un puntatore che permettere di compiere alcune azioni altrimenti impossibili quali scoprire tesori, aprire perte e scrigni, usare le rune, resuscitare i compagni dopo che hanno perso tutte le vite e altre piccole chicche. Nella versione PS3 tutte queste cose vengono gestite dal secondo analogico e risulta piuttosto scomodo, oltre che lento. E’ sicuramente un dettaglio di poco conto, ma se si ha la possibilità di scegliere, confidiamo che la versione su Vita sia la più appetitosa (anche perchè è quella che costa leggermente meno).


In quattro è meglio

Qualche paragrafo fa si è accennato a dei “compagni” senza però spiegarvi nel dettaglio di che si tratta. Dragon’s Crown infatti è impostato per essere giocato in multiplayer sia in locale che online ed è forse l’unico modo per apprezzare al meglio il gioco, visto che da soli inizia a diventare ripetitivo abbastanza presto, senza contare il fatto che dovrete far affidamento sull’intelligenza artificiale dei personaggi che porterete con voi durante le missioni e spesso non si rivelano di grandissimo supporto.
L’unico problema per quanto concerne il multiplayer online è che, a differenza di quello locale, andrà sbloccato completando la prima metà del gioco, il che significa le prime 5 o 6 ore.


In definitiva

Dragon’s Crown è un prodotto sicuramente ben confezionato che si adatta perfette all’esigenze di tutti, in solo o in multi, a casa o in versione portatile, l’unico problema è che ha una struttura abbastanza ripetitiva che viene in parte compensata solo se giocato in multiplayer. Sicuramente il comparto tecnico è quello che primeggia su tutto, ma la grafica da sola non basta e avremmo tanto gradito qualche side quest o qualche minigioco adatto a spezzare la ciclicità dell’avventura. In compenso vi possiamo assicurare che, nel caso l’appeal del Beat’em Up/RPG riesca a conquistarvi, avrete parecchie ore da spenderci visto che ce ne vogliono 10-12 ore per terminarlo.

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