Dynasty Warriors – Recensione Dynasty Warriors


Dalla PS2 con furore

L’enorme fortuna dell’eterna serie Dynasty Warriors su console di casa comporta, per “autorità”, che questo primo capitolo per PSP venga riempito di attenzioni. Dopo ben sei capitoli (l’ultimo per console Next-Gen) che hanno riscosso un notevole successo e conquistato gli appassionati del genere sin dal lontano 1997, la serie approda dunque anche sulla console portatile di Sony con grandi speranze, creando enormi aspettative. Un gioco molto atteso però rischia anche di deludere più del dovuto e per evitare ciò Koei e Omega Force non hanno impiegato certamente tutte le loro risorse. Ne viene fuori un titolo nell’originale tradizione di Dynasty Warriors, con le sue leggende e imprese di grandi combattenti, i paesaggi della Cina medievale e il vero spirito di una battaglia fra due armate di nobili guerrieri Samurai; oltre questo, rimane poco o nulla, per un’esperienza di gioco che delude nettamente le aspettative.


Tanto fumo, niente arrosto

Bisogna riconoscere che, a primo impatto, la grafica del gioco sembra ben realizzata e promette ottime cose, per essere il primo approdo sulla neonata (al momento del lancio) PSP. I personaggi sono riprodotti dettagliatamente e ognuno con la propria e originale fisionomia. Dal menù stesso potrete già capire quali sono le peculiarità di ogni guerriero: potenza fisica, agilità, difesa e altri valori non direttamente espressi che influiranno nel combattimento. Ogni personaggio sarà anche dotato di una propria specifica arma, da una semplice spada a più sofisticati o potenti, ma ugualmente letali, strumenti di combattimento: martelli, falci, bastoni, pugnali e tanti altri. La magia continua fino a quando non si entra nel vero e proprio combattimento: dopo un breve momento, necessario per fare chiarezza, ci si accorge che tutto il bello finisce lì. Subito il paesaggio appare spoglio, appena abbozzato e poco realistico, con colori spenti e uniformi, curve con un’evidente sporgenza di pixel e forme talvolta stilizzate o stereotipate. Lo sfondo è totalmente assente o appena visibile dove presente: montagne squadrate simili a forme geometriche, che emergono in lontananza nella loro maestosità e subito dopo scompaiono improvvisamente “a pezzi” appena ci si sposta. Interi edifici che si innalzano di colpo da un terreno che fino a pochi metri prima appariva spianato, alleati che si perdono nella nebbia dopo essersi allontanati più di dieci metri e nemici che annullano la loro invisibilità proprio quando si trovano a contatto con il personaggio. Per quanto bisogna considerare che si tratta di una console portatile all’esordio, questo sistema grafico è più adatto ad un gioco di prestigio che di guerra tra Samurai. Fin troppe volte, camminando alla ricerca disperata di qualche nemico, vi ritroverete improvvisamente nel bel mezzo di una mischia comparsa dal nulla. Ne deriva non solo un fastidio riguardo l’estetica, ma anche un grave danno per la giocabilità, che perde di fluidità, realismo e vivacità. Ad aumentare esponenzialmente questi difetti si aggiunge l’assenza totale di una qualsiasi mappa: una volta entrati in una zona, non ne conoscerete l’ampiezza e la struttura, non saprete in quale parte di essa vi troverete né in quale dovrete andare per trovare dei nemici. Dovrete perennemente spostarvi alla cieca fra paesaggi fantasmi e avversari quasi invisibili sino a trovarne un abbondante gruppo per poterli così affrontare consapevolmente. Grave delusione è trovare proprio questi nemici: oltre che standardizzati, appaiono in grandi o piccole quantità, ma tutti uguali, con abilità di combattimento tali da farli paragonare più a marionette che a guerrieri; solo i nemici graduati, ovvero i diversi capitani, gli ufficiali o i comandanti delle armate, si faranno sotto attaccandovi anche spietatamente. Almeno i movimenti sono realistici e molto curati, soprattutto quelli dei personaggi principali, ma ciò non basta a rendere sufficiente un sistema grafico pessimo in alcuni casi e ridicolo in altri, con numerose e gravi mancanze.

La leggenda di Shu, Wu e Wei

Obiettivo del gioco, o più precisamente della modalità principale (Musou Mode), sarà completare i vari scenari sino a permettere alla propria dinastia di regnare incontrastata. Questi però non saranno poi così vari: altra gravissima pecca del gioco è proprio la presenza di soli cinque scenari, uguali per qualsiasi famiglia e per qualsiasi personaggio, nei quali gli obiettivi saranno sempre gli stessi. In questo modo, la presenza di tre dinastie diverse, Shu, Wu e Wei, sembra non avere alcun senso, in quanto l’una vale l’altra. I personaggi (standard e bonus) sono presenti in gran numero, ma la storia si riproporrebbe allo stesso modo per ognuno di loro. Il gioco si può dunque considerare finito nel momento in cui si completa anche solo per la prima volta la modalità Musou. Scegliere un nuovo personaggio significherebbe solo ricominciare il gioco da capo, nulla di più, nulla di meno. Ci si chiede però quanto sia gradevole l’esperienza vissuta per ogni completamento di questa modalità. La struttura principale segue un andamento molto lineare: una volta scelto il protagonista vi sarà l’introduzione al primo scenario, con la conseguente scelta degli ufficiali alleati. Questi sono guerrieri più forti del normale con capacità distinte, che potranno offrirvi diversi vantaggi: alcuni aumenteranno i vostri parametri, altri vi consentiranno di usufruire di un cavallo in battaglia, altri saranno ottimi combattenti ma abbasseranno notevolmente qualche vostro parametro. La scelta dipenderà dalla somma dei livelli di tutti gli ufficiali scelti e se non supererà uno specifico parametro del personaggio, sarà possibile aggiungerne altri fino ad un massimo di quattro. Questa procedura si ripeterà all’inizio di ogni scenario, con la differenza che non potrete riselezionare i graduati che vi hanno accompagnato nella missione precedente. Iniziato lo scenario vero e proprio, dovrete conquistare territori senza farvi sconfiggere o perdere il vostro campo base, mentre dovrete impadronirvi di quello nemico se vorrete ottenere la vittoria. Il tutto entro il limite di tempo offerto dalla CPU sotto forma di “Supplies”, che diminuirà progressivamente durante le vostre battaglie, ma potrà essere incrementato conquistando dei templi speciali. Se questo valore dovesse scendere a zero, qualunque sia la vostra situazione in quel momento il gioco terminerebbe (ovviamente in maniera negativa): è dunque opportuno, spesso indispensabile, conquistare queste strutture e scegliere la via più rapida (ma anche sicura) verso il campo base nemico. Ciò comporterà sicuramente l’utilizzo di una minima strategia di attacco, secondo la quale dovrete pianificare ogni volta i vostri spostamenti. Tuttavia, una volta iniziato il combattimento, avrete bisogno solo di un buon dito: non vi resterà che premere ripetutamente il tasto di azione contro i vostri nemici (quando li avrete trovati) e sconfiggere chiunque. Niente difesa, niente strategia, niente abilità di attacco, azioni acrobatiche o scontri mozzafiato: linearità e ripetitività sorprendenti che caratterizzano il gioco dall’inizio alla fine in ogni sua parte. A peggiorare il tutto interviene uno scarsissimo frame rate che non esita a rallentare terribilmente l’azione di gioco non appena i nemici diventano troppi e/o su di essi viene provocato uno status negativo, l’immagine prosegue a scatti ininterrottamente per diverso tempo e impedisce uno scorrimento fluido e controllato dell’azione, che diventa macchinosa e difficile da gestire. Ci si chiede con quale coscienza gli sviluppatori abbiano preteso dalla PSP (che sfrutta una RAM minore rispetto a PS2) un rendimento alla pari se non migliore, considerando gli analoghi rallentamenti presenti nelle versioni per la consolle di casa: invece di appesantire il gioco con un elevato numero di nemici, causa prima di questi fastidi, sarebbe stato meglio forse trovare un compromesso fra quantità e potenza, per ottenere un’esperienza di gioco migliore sotto ogni aspetto. Questo è dunque un elemento che aggrava maggiormente la posizione di un gameplay davvero deludente e che sembra non avere alcun elemento positivo: al giocatore non resta possibilità di scelta, solo quella di premere ripetutamente un pulsante o smettere di giocare.

Dynasty Warriors delude profondamente, in ogni suo aspetto. La grafica risulta pessima, con gravi lacune ed errori di programmazione ridicoli, mentre la giocabilità risulta inferiore a quelle di Asteroids o R-Type. Una trama così minima da sembrare inesistente e una ripetitività eccessiva riducono questo titolo ad un lavoro da neolaureati in informatica, più che frutto della famosa casa Nippo-Cinese che ha dato vita a titoli di fama e successo mondiali. Sicuramente un lavoro “da dimenticare” e da migliorare dappertutto, che lascia troppo a desiderare (spesso a causa dell’effettiva incapacità manageriale di programmazione), per il quale non vale come scusa nemmeno quella di essere uno dei primi titoli per PSP: tutto da rifare.

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