Empire Earth III – Recensione Empire Earth III

La Terza Era

La domanda che ci si pone osservando questo terzo capitolo della serie Mac Doc, che ha esaltato e portato in auge il genere RTS mettendosi al pari del colosso Age Of Empires, è la seguente: perché, dopo aver consolidato il proprio dominio con delle grandi caratteristiche a livello di giocabilità e disponibilità di terre e truppe, lo sviluppatore porta all’osso il tutto col rischio di far scemare tutto l’interesse che aveva provocato fino a quel momento? La domanda nasce appunto perché Empire Earth III, dopo i primi due capitoli caratterizzati da enormi varianti da poter scegliere, quali truppe, mappe, mondi e quant’altro, si presenta in maniera scarna con una formula che davvero potrebbe risultare ripetitiva nel giro di qualche ora, cosa che non dovrebbe mai capitare in un RTS.

Dov’è la mia legna? E le mie pietre?

La famigerata casellina in alto a destra o sinistra che sia, che indica la quantità delle risorse a disposizione per poter progredire nella propria esistenza videoludica, è oramai conosciuta e amata da tutti gli appassionati del genere, che si parli di Age Of Empires o che si passi ai colossi della FX (come Imperivm o Ancient Wars). Legno, Pietra, Carne e Oro per creare truppe, edifici e fare scambi commerciali, sono sempre stati ben visibili lì. In questo gioco purtroppo, per un qualche motivo a noi sconosciuto, forse nel tentativo ovviamente mal riuscito di creare qualcosa di più facile, la Mac Doc ci mette a disposizione in quella tabella solo due varianti: le materie prime e l’oro. Queste due sono facilmente trovabili girovagando per la mappa, mettendo miniere nei punti prescelti dalla mappa e attendere: dite addio quindi al vostro falegname che andrà a sradicare foreste per la legna, oppure al vostro cittadino che estrarrà l’arco per catturare il cervo di passaggio che vi fornirà la carne, o la vostra fattoria con tanto di mulino e le vostre cave di pietra vicino alle montagne. Tutto ciò ovviamente potrebbe sembrare simpatico per chi si vorrà attenere alla banale tattica del creare un centro, una caserma, sfornare soldati come in una catena di montaggio e buttarsi contro il nemico allo sbaraglio. Per chi invece, come d’uopo per questo genere di gioco, cercherà la strategia per potenziare i propri soldati e considerare i malus e i bonus, troverà un gioco reso alquanto scarno.

L’uomo come animale

Ad Amiterno, in quella che fu la gloriosa Roma, l’homo novus Crispo Sallustio chiarì la definizione esatta dell’essere umano, superiore agli animali perché capace di avere la ratio (la ragione per i neofiti della lingua) che lo rendeva un animal rationale, guidato quindi dalla ragione: forse alla Mac Doc si dovrebbe regalare un viaggio negli albori degli Horti Sallustiani per rendersi conto di come abbia creato un animale dalle sembianze di uomo. Tutto ciò per sottolineare come il vostro nemico, chiunque esso sia senza distinzione e discriminazione, non si farà troppi problemi nel vedere un vostro attacco e vi lascerà fare come un inerme combattente disarmato: intelligenza artificiale che definire a livello zero sarebbe un’ offesa per il numero tondo. Senza parlare poi del fatto che superare le quattro Ere che la Vivendi ci propone non è davvero impresa titanica, e quindi prendersi beffa dei vostri avversari non è così difficile da richiedere l’intervento divino. Parlando di Ere tagliate, parliamo anche di civiltà che, dalle dieci e passa che si erano viste nelle prime due manifestazioni della serie, diventano tre, che mettono anche in mostra la mancanza di fantasia da parte dei produttori: civiltà occidentale, mediorientale e orientale, roba da richiedere uno sforzo immane di materia grigia. E forse un qualcosa di positivo in questa giocabilità scialba la ritroviamo in quelle quest secondarie che troverete per il cammino, che ci richiederanno di portare a termine determinati compiti, per i quali vi sarà dato in cambio un po’ di oro o qualche alleanza con truppe tribali che avrete salvato dall’imminente pericolo.

E io diventerò il re dell’universo…

…o forse del mondo, o forse di quel poco che c’è, anche se alla fine non sarà molto divertente. Infatti non sarà affatto difficile, dopo aver dato uno sguardo al globo terrestre che vi si presenterà all’inizio dei secoli che verranno, conquistare le regioni che vi interessano per poterle avere tutte sotto il vostro possesso: e, se qualche regione vi crea problemi, potrete sempre inglobarla con la diplomazia, che non significa inviare un ambasciatore e discutere riguardo la pace, ma riempire una banale linea, metafora probabilmente di un eventuale trattato di mutuo soccorso o altro, inviando oro e risorse in modo tale da comprare l’alleanza di cui avete bisogno. Quindi anche quel po’ che sembrava a prima vista un ottimo espediente, col passare del tempo diventa una banale e sfrenata corsa a finire in fretta il tutto.
Per il reparto tecnico non ci sono novità, né punti salienti da riportare: basta infatti dire che il sonoro si mantiene sullo stridio delle armi e le urla di battaglia dei soldati, e la grafica fa il suo dovere muovendo le truppe che vengono richieste, senza bloccarsi né altro. D’altra parte per reggere un gioco dalla giocabilità così bassa non è richiesta una grande forza motrice, e il lavoro si salva in quanto a pesantezza, ma non in quanto a qualità.

Cinesi? Europei? O forse Babilonesi?

Queste sono le tre "tribù" che potremo scegliere, diverse tra loro da banali varianti: gli Europei avranno le tecnologie più avanzate e mireranno in una produzione più dettagliata. I Cinesi, per accomunare gli Asiatici, faranno i grossisti (per usare un termine vero e non videoludico) e fabbricheranno in serie come sono soliti fare anche nella realtà, senza badare alla potenza dei loro mezzi e dei loro soldati, molti ma poco buoni. Per il popolo del Medio Oriente potremmo quasi parlare di una ridicola fusione tra i due antipodi del mondo presente in Empire Earth III: e questo è davvero un grande sforzo di immaginazione. Ci sarebbe da chiedersi a quale delle tre civiltà voglia affiancarsi la Mac Doc, dato che il loro lavoro più che europeo, quindi dettagliato, preciso e efficace, sembra un lavoro asiatico, pieno di quest secondarie a dir poco inutili, con risorse a non finire e una assurda strabordanza di tutti gli elementi presenti.

Con un lavoro davvero poco sicuro e carico di iniziative alla base interessanti ma in superficie a dir poco raccapriccianti, la Mac Doc crea un terzo capitolo da dimenticare. Non servirono neanche le parole del Winckelmann, che con Canova parlava di un’arte calma in superficie ma carica di passione all’interno, a far capire ai videogiocatori che il progetto della Mac Doc teneva in sé una forte carica emotiva, in quanto la cosa risulterebbe fin troppo utopica invece che speranzosa.

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