Enslaved: Odyssey to the West – Recensione Enslaved: Odyssey to the West

Ottobre 2010. È finalmente uscito uno dei giochi più attesi degli ultimi tempi, Enslaved: Odyssey to the West. Diretto da Andy Serkis (Gollum ne Il Signore Degli Anelli), che ha anche aiutato con lo script ed è l’attore che interpreta il protagonista del gioco con il motion-capture, Enslaved è un riadattamento della fiaba cinese Journey to the West, meglio conosciuta da noi grazie al vecchio anime The Monkey, o a ulteriori riadattamenti come il ben famoso Saiyuki. La fiaba narra dello scimmiotto Son Goku, conosciuto più semplicemente come Monkey, che accompagna il bonzo Sanzo (o Tripitaka) verso Ovest per recuperare dei magici Sutra assieme ad altri personaggi, come il maiale Hakkai (o Pigsy), il mostro marino Sandy (Gojyo) o la dispettosa maghetta Trip. Diamo quindi un’occhiata a come gli sviluppatori di Ninja Theory hanno rinnovato lo stile di questa fantastica favola.


In viaggio verso Ovest

Diversamente da quello che ci si possa aspettare conoscendo l’ambientazione della favola originale, in Enslaved ci troviamo circa 150 anni nel futuro, in un mondo post-apocalittico dove la natura cresce rigogliosa ovunque ma l’umanità è stata quasi totalmente spazzata via a causa di una guerra mondiale, lasciando solo i robot, o meglio i Mech, liberi di vagare sul nostro pianeta per continuare il loro programma di distruzione di ogni essere umano. Il protagonista della nostra storia è un uomo possente e animalesco che si fa chiamare Monkey, e che si trova intrappolato in una capsula su una nave volante dei Mech schiavisti. Purtroppo, questo vascello sembra in procinto di schiantarsi e Monkey riesce a liberarsi appena in tempo per correre verso una delle capsule espellenti di salvataggio, così come fa un’altra affascinante ragazza dai capelli rossi, che sembra però spaventata dalla presenza di Monkey e fa di tutto per lasciarlo indietro. Una volta in salvo, Monkey perde i sensi e al suo risveglio si ritrova con un diadema intorno al capo, uno di quelli usati dai Mech per soggiogare gli umani alla loro volontà. La ragazza, che si presenterà come Trip, svelerà a Monkey che quello è un diadema che lei stessa ha modificato in modo che, se lei per caso morisse, inevitabilmente questo porterà alla morte anche Monkey, oltre a causargli lancinanti dolori nel caso questo si allontani troppo o non esegua gli ordini della rossa. Il nostro protagonista, letteralmente schiavizzato dalla ragazza e senza possibilità di fuga, si ritrova, suo malgrado, a doverle fare da balia per accompagnarla verso Ovest, dove si trova il suo villaggio, a cui lei vuole tornare ad ogni costo.
 

Mettere in salvo Trip significa mettere in salvo la nostra stessa vita!

Nyoi-Bo, allungati!

È molto interessante notare le similitudini del gioco con la favola cinese. Anche solo esaminando Monkey, quasi tutto viene ricondotto alla scimmietta della storia originale. Non solo la sua postura molto animalesca e i suoi movimenti ricordano in tutto e per tutto quelli di una scimmia, specialmente quando si arrampica, ma persino il suo vestiario strizza l’occhio all’animale, così come la sua cinta penzola dietro di lui a mo’ di coda. L’arma con cui Monkey combatte è una versione rivisitata del Nyoi-Bo, il famoso bastone allungante di Son Goku. Con esso il nostro eroe può effettuare diverse combo contro i suoi nemici, anche allungandolo appunto, ma il tutto è condito da tecnologia piuttosto che da magia: può infatti generare un campo magnetico con cui pararsi dai colpi avversari o tramutarsi, all’occorrenza, in un fucile che spara colpi al plasma dalla distanza (dalle munizioni comunque molto limitate). È presente anche la nuvola Kinton con cui lo scimmiotto è solito viaggiare nei cieli, però sotto forma di una specie di tavola gravitazionale.
 

Bastone, allungati!

Nuvola Kinton! …Ehm…

 

A prescindere da queste chicche, comunque, il gioco di per sè è un piccolo capolavoro di regia. Personaggi, dialoghi e telecamera sono estremamente cinematografici, riproponendo, stavolta con successo, quello che i ragazzi di Ninja Theory avevano tentato con Heavenly Sword. La storia è divisa in vari capitoli, durante i quali c’è una grande varietà tra esplorazione, combattimento e fasi stealth. Non sempre, infatti, sarà consigliabile affrontare a testa bassa i Mech usando le nostri doti da combattimento, ma potrebbe essere meglio utilizzare le molteplici funzioni del nostro diadema. Enslaved dà infatti una ragionevole spiegazione sull’interfaccia di gioco (come la barra della vita e tutto il resto), lasciando intendere che il dannato ordigno sulla nostra testa emetta delle onde particolari direttamente nel cervello di Monkey, che non solo lo tengono sotto controllo, ma che gli fanno anche vedere materialmente le informazioni relative al proprio stato di salute e alla posizione di Trip, oltre a fungere da comunicatore a distanza tra i due. Quasi sempre, all’inizio di ogni area, Trip eseguirà uno scan della zona tramite un insetto meccanizzato, così da riferirci le caratteristiche importanti del territorio a noi circostante e i nemici che ci aspettano. Dovremo quindi valutare la situazione e decidere in che modo proseguire, e se il combattimento non sarà possibile, la priorità andrà alla salvezza della nostra aguzzina. Potremo infatti caricarcela sulle spalle per farle superare insidie a lei troppo ostili, o urlare contro i nemici per attirare la loro attenzione mentre Trip fugge indisturbata, o ancora, fare in modo che sia lei a distrarli tramite una proiezione olografica mentre noi ci avviciniamo ai nemici troppo lontani senza farci notare, così da poterli poi mettere fuori combattimento. Qualunque via sceglieremo di percorrere, la collaborazione tra Trip e Monkey è il punto focale del gioco e si rivelerà fondamentale in ogni occasione, con il sottofondo di una storia ben narrata e che pian piano renderà magici e pieni di emozioni anche un semplice dialogo o un’azione di salvataggio.
Anche in questo gioco sono ovviamente presenti i collectibles: in questo caso abbiamo le Tecno-sfere e le Maschere Di Luce. Le Tecno-sfere sono palline luminose presenti in enormi quantità in ogni livello, e fungeranno poi da moneta per comprare i potenziamenti del nostro personaggio (che Trip ci renderà disponibili tramite un’opzione dell’interfaccia del diadema). Potremo quindi comprare nuove mosse, potenziare il nostro scudo o la nostra vita, acquisire un potere di rigenerazione e così via. Le Tecno-sfere saranno comunque una pesante insidia per tutti i cacciatori di Achievements e di trofei, perché uno di essi richiede di trovarne il 100%, impresa non da poco vista la loro quantità e i posti dove sono spesso furbamente nascosti, mentre il secondo tipo di collezionabili, le Maschere, sono presenti in maniera molto più limitata nei livelli, e forniscono un mistero da svelare: andando infatti a toccarne una, Monkey sarà preso da una breve allucinazione che gli mostrerà tratti della vita umana prima della distruzione generale.
Infine, il combattimento è ben orchestrato, mettendo la giusta dose di strategia a causa di nemici molto diversi tra loro in abilità (si va da mech guerrieri a mech con armi da fuoco, da mech con scudi a mech che chiederanno soccorsi dopo un breve conto alla rovescia), e piuttosto che un button mashing (che ci porterà spesso alla morte), è molto meglio calcolare con calma quando attaccare, quando pararsi, o quando sferrare attacchi potenti e caricati per spezzare le difese nemiche. Andando avanti con il gioco, comunque, la difficoltà delle battaglie aumenterà sia in termini di abilità avversaria, sia in termini di disparità numerica, e sarà quindi necessario organizzarsi sempre più con strategia, decidendo volta per volta quando è meglio oltrepassare la zona senza farsi notare. Le strategie saranno indispensabili durante gli spettacolari combattimenti contro i boss, che ci metteranno molto spesso a dura prova. 
 

Le fasi esplorative sono ancora più importanti di quelle di combattimento

Futuro antico

In termini grafici, Enslaved poteva sicuramente essere migliore di quanto non sia. I personaggi e le animazioni sono curatissimi, ma lo stesso non si può dire del movimento delle telecamere, a volte fastidioso durante gli scontri, e degli ambienti, che hanno spesso texture non proprio di qualità. Chi, comunque, è disposto a passare sopra a queste piccolezze grafiche, troverà una storia che lo farà restare incollato allo schermo, piena di sentimento ed emozioni, incredibilmente ben diretta e con un doppiaggio (inglese, ovviamente) ai massimi livelli, così come la colonna sonora. Assolutamente da evitare il doppiaggio italiano, non solo perché rischiereste di perdervi la perfezione che esiste nella dualità tra il doppiaggio originale e il bellissimo motion capture degli attori, ma anche a causa di un pesante problema per cui nel doppiaggio italiano le voci hanno un volume molto basso e mal calibrato (quindi andate sulle opzioni della vostra Ps3 e Xbox 360 e cambiate la lingua del sistema in inglese, prima di giocare). La longevità si attesta intorno alla decina di ore più il tempo necessario per tornare nei livelli già completati e recuperare i collezionabili mancanti, quindi in una buona media.

In conclusione

Enslaved è un’ottima rivisitazione della favola Journey to the West, un piccolo capolavoro che ci emozionerà con la sua storia, l’evoluzione del rapporto tra i personaggi, e la narrazione cinematografica ai massimi livelli. Un buon gameplay, una trama mozzafiato e un’ambientazione che ci rapirà possono tranquillamente farci chiudere un occhio su alcune piccole pecche grafiche, ma se volete godervi al 100% questo gioco è importante che lo facciate in inglese. Dopo l’esperimento in parte fallito di Heavenly Sword, Ninja Theory ci riprova regalandoci questa piccola opera d’arte, e noi, joypad alla mano, non possiamo far altro che ringraziare.

 

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