Everybody’s Gone to the Rapture – Recensione

Coloro che leggono i miei articoli sanno quanto io sia un sostenitore del videogioco come forma d’arte, al di là dell’utilizzo ludico che già svolge dagli albori e con risultati sempre migliori: esattamente come il cinema, il media si è evoluto, diventando non solo un veicolo d’intrattenimento fruibile dalle masse e da qualunque classe sociale, ma anche un modo di raccontare storie in modi mai visti prima. E’ con questo concetto che Everybody’s Gone To The Rapture rappresenta uno degli esperimenti videoludici più particolari e interessanti creati da The Chinese Room, studio indipendente britannico già noto per espansioni di Half-Life 2 al limite del surreale come Dear Esther, permettendo però al videogioco di narrare una storia o presunta tale attraverso lampi di genio e interazioni ambientali in un modo che nessun altro media è in grado di fare.

Just nod if you can hear me, is there anybody home?

Everybody’s Gone To The Rapture (per comodità lo chiameremo semplicemente Rapture) è un’esperienza in prima persona che ci porta in un villaggio sito nella contea dello Shropshire, in Inghilterra. Il villaggio è in apparenza deserto a causa di una sorta di Apocalisse inspiegabile e ciò che ci sarà concesso fare nel gioco sarà esplorare la cittadina. Il giocatore non viene assistito in nessun modo, tantomeno viene istruito sugli obiettivi, non vi aspettate tutorial o altro, una volta avviato il gioco ci siete voi, il controller usato con funzionalità più che basilari (levette per il movimento e la visuale e il tasto X per l’interazione) e il villaggio.

L’impatto iniziale con il gioco è straniante, al pari di quei sogni dove siamo in un luogo che non ci appartiene, liberi ma allo stesso tempo imprigionati nell’incertezza, incapaci di capire cosa fare. A questo punto, si fa la cosa più ovvia, si esplora per cercare di dare un senso all’esperienza, capire cosa ci facciamo qui e perché siamo qui e cosa è successo ad una cittadina apparentemente tranquilla ma che in realtà è lo sfondo di qualcosa di surreale e inquietante.

Il giocatore non viene nemmeno informato sulla trama: una volta nel villaggio, infatti, saranno solo alcuni momenti di gioco che ci permetteranno di assistere a diverse conversazioni avvenute tra sei abitanti specifici che ci permetteranno di ricostruire ciò che è successo, o almeno una parte di ciò. Alcuni di questi eventi necessitano di essere “attivati” tramite l’interazione con dei bulbi di luce che occasionalmente fluttueranno in giro e che richiederanno degli specifici movimenti del Dual Shock 4 per essere espansi.

E se questo vi sembra il primo momento logico di Rapture, beh, c’è qualcosa che non vi ho ancora detto:la libertà di esplorazione del gioco è totale, l’intero villaggio ha un’estensione tale che richiede al giocatore un buon quarto d’ora di passeggiata per essere attraversato da un lato all’ altro e non vi sono indicazioni che assicureranno una ricostruzione logica e coerente degli avvenimenti al primo colpo. Esplorare sarà l’unico modo per raccogliere pezzi di informazione e solo noi saremo in grado di rimettere a posto gli eventi, venendo a capo del mistero. In ancor meno parole, la narrazione ambientale ideata da Chinese Room. Stupefacente.


Tecnicamente sopraffino

Parlando invece di cose molto più semplici da descrivervi come recensore, indubbiamente il profilo tecnico è molto meno nebuloso: Rapture sfrutta il CRYENGINE per ricreare un tipico villaggio inglese, ricco di dettagli e panorami assolutamente fedeli ad eventuali controparti reali. Il motore di gioco è sfruttato al meglio per offrire un’esperienza visiva realistica e che amplificail senso di straniamento del giocatore mentre si aggira in un villaggio in stasi, grazie anche alla grande cura riposta in dettagli all’apparenza trascurabili ma che, nell’insieme, finiscono per arricchire incredibilmente la percezione del mondo in cui ci muoviamo.

Anche il comparto audio raggiunge alti livelli di eccellenza: a partire dalle musiche bilanciate che talvolta ci accompagnano nell’esplorazione, mai troppo invasive, Rapture ci delizia con unbrillante doppiaggio italiano di qualità assolutamente inaspettata per un gioco si supportato dai Santa Monica Studios, ma pur sempre di matrice indie. Tutto funziona alla perfezione, anche i menu curati, realizzati in modo da ricordare un ipotetico opuscolo informativo in caso di eventi critici, in uno stile accattivante che sin dal primo avvio fa intendere come questa opera è qualcosa di davvero mai visto prima.


I have become comfortably numb

Se siete arrivati fino a questo punto della recensione, probabilmente potreste essere convinti di acquistare il gioco, oppure non avete capito molto bene di cosa abbiamo parlato finora e, in entrambi i casi, avreste ragione: Everybody’s Gone To The Rapture è quanto di più distante si possa trovare attualmente su PlayStation 4, un vero esempio di mosca bianca che si prepara ad arrivare in un mercato dove l’azione pura e il sensazionalismo hollywoodiano prende il sopravvento a scapito dell’innovazione e, ancor di più nella sperimentazione pura di nuove formule.

Mi piacerebbe darvi una certezza, davvero, ma non si può: Everybody’s Gone To The Rapture èun’esperienza che va vissuta in prima persona, esattamente come la prospettiva del gioco, solo mettendoci le mani sopra e comprendendo la sua natura sperimentale, si può determinare se questo è un videogioco oppure un qualcosa di inutile in un mondo dove si preferisce seguire l’indice di gradimento piuttosto che prendere il pubblico dell’industria e fargli scoprire le peculiarità che rendono il videogioco l’ottava arte.

La decisione di non mettere un voto non è stata presa a cuor leggero, ve l’assicuro, eppure non c’è modo di valutare in modo oggettivo un prodotto del genere, così distante da ciò che normalmente ci troviamo a recensire e che, sostanzialmente, rappresenta una sperimentazione pura la cui validità è qualcosa di estremamente soggettivo e molto legato a ciò che noi intendiamo per videogioco, fermo restando che Everybody’s Gone To The Rapture meriterà comunque un posto nella storia del videogioco, nel bene e nel male.

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