God of War: Ascension – Recensione God of War: Ascension

Qualche tempo fa, in redazione e Gamesource, discutevamo giusto di come Kratos sia diventato di diritto, negli ultimi anni, una mascotte legata al marchio Playstation tanto quanto personaggi storici del calibro di Crash Bandicoot, Spyro e – più recentemente – Nathan Drake. Dato questo presupposto, è facile capire quale sia il fardello che i Santa Monica Studios, alla pubblicazione dell’ennesimo episodio, si portano sulle spalle. Tutto questo soprattutto dopo un God of War III che definire Epico (notare la E maiuscola) è quasi un eufemismo. Per quanto ci riguarda, cercheremo per quanto possibile di mettere da parte l’hype generato da questa ennesima uscita per recensire quello che, a meno di clamorosi cambiamenti nei piani di Sony, sarà il canto del cigno delle avventure di Kratos sull’attuale generazione di Playstation.


Scheletri nell’armadio

Dopo la conclusione di God of War III sapevamo per certo che avremmo rivisto Kratos in altre avventure. I Santa Monica, per non snaturare il pathos narrativo della loro epica trilogia, hanno operato per Ascension la stessa scelta fatta per gli spin off per PSP, ambientando l’avventura nel passato di Kratos. L’ormai storica frase pronunciata all’inizio del primo capitolo della saga, “Gli Dei mi hanno abbandonato”, ben si presta a sintetizzare anche la trama di God of War Ascension, in cui ci verrà mostrato un Kratos che ha già deciso di ribellarsi tanto ad Ares quanto agli altri personaggi della mitologia greca. Assisteremo quindi alla nascita del mito in un momento storico prossimo a Ghost of Sparta, se vogliamo un prequel alle avventure narrate nel primo God of War: il futuro Dio della guerra, ingannato da Ares e dalle Furie, ha appena eliminato la propria famiglia, innescando così gli eventi che porteranno alla caduta dell’olimpo narrati in God of War III.

Senza troppi fronzoli, il gioco inizia esattamente come mostrato nella Demo resa disponibile sul Playstation Network qualche giorno fa, con Kratos che fa la conoscenza della Furia Megera e sventra nemici senza pietà all’interno della prigione dei dannati, costruita sul gigantesco corpo del centimane Briareo. Sono state poi confermate le aspettative che avevamo esternato durante la stesura della nostra anteprima, nella quale avevamo anticipato come secondo noi anche questa volta i Santa Monica sarebbero stati in grado di attingere dalla mitologia per dare una loro personale versione di tutta una serie di personaggi – vecchi e nuovi – in grado di dare profondità e varietà al mondo di gioco.

Non diciamo nulla della trama per non rovinarvi qualche sorpresa, anche se in questo caso dobbiamo segnalare che lo standard narrativo non raggiunge mai, a nostro parere, l’apice toccato in God of War III: tra alti e bassi, la trama di God of War Ascension è godibile ma poco carica di emozione. Osando un paragone potremmo dire che siamo sui livelli dei capitoli per PSP, mentre il devastante climax della trilogia principale – culminato nel mai troppo osannato GoW III – era ben altra cosa.

Che lavoro fate, spartani?

Citare Leonida è d’obbligo, in quanto la risposta datagli dai trecento spartani alle sue spalle nell’omonimo film – “A-UH! A-UH! A-UH!” – sintetizza alla perfezione il gameplay solido come la roccia che da sempre caratterizza God of War. Per quanto possibile, in God of War Ascension, la reattività e l’immediatezza dei comandi è stata ulteriormente affinata grazie a qualche piccolissima modifica: ora le prese si effettuano tramite il grilletto R1, con il tasto cerchio utilizzato per brandire le armi secondarie – spade, fionde, mazze e scudi – raccolte dai nemici. Per il resto i comandi restano (fortunatamente) quelli di un tempo, con i tasti quadrato e triangolo adibiti rispettivamente agli attacchi leggeri e pesanti – che a seconda della combinazione scelta danno il via alle coreografiche combo letali – e il tasto X utilizzato per saltare.

Tornano anche i poteri degli Dei, come al solito richiamabili con una veloce pressione della croce direzionale, e questa volta direttamente legati alle lame del Caos: queste ultime resteranno infatti sempre l’arma principale di Kratos che, intingendole in speciali bracieri-altare dedicati alle varie divinità, ne assorbirà i poteri. Lo spartano potrà così avere le lame abbinate alle fiamme di Ares, al ghiaccio di Poseidone, al fulmine di Zeus o alle anime dell’Ade. Ogni potere, così come le lame stesse, sarà potenziabile grazie alle sfere rosse raccolte durante l’avventura, come di consueto.

Tornano, infine, la barra della furia e gli attacchi magici: la prima è la classica barra da riempire inanellando combo su combo senza subire danni e che, una volta piena, permetterà di scaricare tutta la rabbia di Kratos semplicemente premendo R3+L3 contemporaneamente; i secondi, invece, sono veri e propri attacchi magici che variano a seconda dell’elemento in quel momento associato alle lame del Caos. Spettacolari e potenziabili fino a divenire davvero letali, questi attacchi andranno a consumare l’energia magica del protagonista, da ricaricare raccogliendo le sfere blu.

Concludiamo il discorso sul gameplay legato ai comandi  con due chicche che durante il gioco permetteranno di spezzare la monotonia dei combattimenti offrendo qualche interessante puzzle, sempre semplice e breve ma mai troppo banale: ci riferiamo all’amuleto di Uroboro, utilizzato per fermare il tempo e per creare piattaforme sospese in aria, e alla pietra di Orkos, grazie alla quale Kratos potrà creare un suo doppio da utilizzare per manovrare leve e interruttori in contemporanea con l’originale e superare le sezioni dove servirebbe un compagno per proseguire. Le due reliquie si riveleranno essere anche un interessante aiuto in battaglia, permettendo di usarne i poteri per rallentare un avversario o per creare un clone di Kratos che lo aiuti ad attaccare i nemici più ostici.

Chiarito che i veterani della serie non avranno problemi nel ritrovare il sistema di combattimento a loro tanto caro, passiamo alla descrizione di quello che è il cuore pulsante di tutta la saga di God of War: i combattimenti. Innanzitutto, diciamo che se nella nostra anteprima avevamo lamentato una mossa finale contro il ciclope meno brutale e violenta rispetto a quelle alle quali eravamo abituati, dopo aver provato il gioco in versione completa dobbiamo assolutamente ricrederci: se effettivamente ai ciclopi Kratos riserva una fine meno grottesca – sempre che morire sventrati sia meglio che vedere il fantasma di Sparta strappare a mani nude il proprio ciclopico occhio – con tutti gli altri nemici il protagonista di GoW è decisamente più cruento di un tempo. Che si tratti di un semplice soldato, di un antagonista di livello intermedio o di un titanico boss, Kratos ha in serbo più di una finisher per ognuno: smembramenti, amputazioni e sofferenze di ogni sorta saranno perpetrate ai danni di chiunque tenterà di mettersi sulla strada dello spartano, non ancora arrabbiato come in God of War III ma decisamente su di giri anche in questo capitolo ambientato nel suo violento passato.

Il comparto tecnico dell’Olimpo

God of War è una serie da sempre acclamata per la sua incredibile resa grafica. Ascension non abbandona la tradizione, nonostante ci abbia lasciato meno a mascella spalancata rispetto al capitolo precedente: già God of War III sfruttava al massimo le potenzialità offerte dall’hardware di PS3, quindi era lecito aspettarsi piccole migliorie ma nessun particolare passo avanti, e così è stato. Non fraintendeteci, il comparto tecnico di God of War Ascension è ai massimi livelli, come si conviene ad un prodotto videoludico di questa caratura. Stiamo solamente dicendo che, se all’uscita di God of War III erano davvero pochi i giochi in grado di mostrare cotanta gioia per gli occhi, ad oggi la grafica di Ascension non è così incredibilmente superiore rispetto ad altri titoli – soprattutto alle esclusive PS3 – usciti negli ultimi mesi.

Passando all’analisi dei dettagli, segnaliamo come le animazioni di Kratos, così come la texture della sua bianca pelle, siano ancora una volta curate fin nei più piccoli particolari. Stesso discorso vale per i nemici, disegnati senza lasciare nulla al caso e vari quanto basta per non rendere noiose le  numerose fasi di combattimento. Gli scenari, come da tradizione, sono sempre più enormi e di ampio respiro, appositamente studiati per sottolineare l’epicità e la teatralità dell’azione.

Ci sono però anche dei lati negativi dei quali la serie risente ormai da tempo. Non si tratta di criticità del comparto tecnico, che come abbiamo appena lasciato intendere è sempre eccellente, quanto più di problemi ad esso collegati. In primo luogo segnaliamo, a parte le solite casse e i soliti vasi da rompere per raccogliere le sfere di potenziamento rosse, una totale mancanza di interattività con l’ambiente di gioco. Questo fatto è abilmente mascherato dalle sezioni in cui il giocatore è chiamato ad utilizzare l’amuleto di Uroboro: ricostruendo e distruggendo parti immense di scenario il motore grafico mostra i muscoli e tutto si muove attorno al protagonista; resta però il fatto che si tratta di eventi scriptati e mai calcolati in tempo reale: a parte l’illuminazione derivante dall’utilizzo di particolari poteri o dall’apertura degli scrigni, il motore grafico utilizzato non muove nemmeno un filo d’erba quando Kratos vi cammina sopra, restituendo la situazione di un mondo un po’ troppo immobile in cui il protagonista dell’avventura sembra troppo a sé stante. Vi sono qua e là drappi svolazzanti e scenari ricchi di effetti particellari, ma a fianco di un Kratos così ben realizzato e vivo è il momento che i Santa Monica inizino a trarre ispirazione dagli altri action adventure recentemente usciti sul mercato in cui l’interazione tra ambiente e personaggio principale è decisamente più veritiera. Questa sensazione, forse, è data anche dai soliti muri invisibili che troppe volte impediscono a Kratos di muoversi liberamente nell’ambiente di gioco. Si tratta di un altro di quegli espedienti da sempre presenti in God of War, ma che nei prossimi capitoli della saga speriamo vivamente di vedere sorpassato in favore di un mondo più open che dia una sensazione di libertà più ampia.

La regia virtuale, invece, è come sempre ispirata: God of War è uno di quei pochissimi titoli in cui la gestione della telecamera è interamente lasciata all’intelligenza artificiale del gioco – lo stick analogico destro non controlla l’inquadratura, ma serve in combattimento per le schivate – ed è gestita davvero in maniera fenomenale. Questa scelta ha permesso agli sviluppatori di decidere ogni singola inquadratura, restituendo sullo schermo l’immagine dal taglio più drammaturgico possibile. Come nei precedenti capitoli, anche in Ascension si sprecano i campi lunghi e le spettacolari vedute aeree, durante le quali l’hardware Playstation mostra tutte le sue carte. Visto dal punto di vista del gameplay, dobbiamo ammettere che in alcuni seppur brevi frangenti queste scelte ci sono sembrate sì cinematografiche ma di intralcio: in alcuni casi capita infatti di combattere mentre la telecamera si allontana e si avvicina e, nei campi più lunghi, diventa difficile controllare Kratos e fargli eseguire alla perfezione le mosse che si hanno in mente. Fortunatamente è una situazione che non si ripete spesso, ma tenete presente che se intendete affrontare il gioco alle difficoltà più elevate sarà meglio che lo facciate su un televisori dalle dimensioni generose, pena la morte certa in queste situazioni dove la telecamera penalizza il gameplay in favore della teatralità.

Spartani online

Vera novità di God of War Ascension, di cui abbiamo già parlato anche in altri articoli a tema, è la modalità multiplayer: una volta collegati al PSN basterà personalizzare velocemente il proprio guerriero (un personaggio che avrete incontrato nel single player) e buttarsi nella mischia per scoprire la divertente e numerosa serie di modalità a cui i Santa Monica hanno pensato per introdurre il gioco online nella saga. Si potrà scegliere di giocare in singolo o in gruppo, dove oltre che ai classici deathmatch e cattura la bandiera si potrà scegliere anche di partecipare a modalità create ad hoc come la sfida degli Dei, più volte mostrata ai fan nei trailer dei mesi scorsi. Il sistema di progressione è ben fatto e gli scontri sono più tecnici di quel che si potrebbe pensare: gli utenti avranno a disposizione ben quattro divinità da cui scegliere i loro poteri (Ares, Zeus, Ade e Poseidone), in base alle quali varieranno anche i parametri di combattimento e i poteri del proprio avatar spartano. Comodi segnali a schermo ci avviseranno quando saremo di fronte ad un attacco imparabile, o quando a causa dell’errore in una parata avversaria potremo eseguire una delle mortali prese tramite la pressione del grilletto dorsale R1. Sotto quest’ultimo aspetto, segnaliamo che giocare contro avversari umani è comunque più gratificante che tagliuzzare i nemici mossi dalla seppur ben organizzata IA della PS3: proprio per questo motivo, crediamo che i fan della saga accoglieranno con gioia questa nuova possibilità di estendere i confini del loro gioco preferito, aumentandone notevolmente la longevità pur non andando ad intaccare le risorse impiegate per la realizzazione dell’avventura in single player. A proposito della longevità, tra l’altro, segnaliamo come se nella modalità più facile anche il giocatore più occasionale non avrà problemi di sorta, ai livelli di difficoltà più impegnativi questa vi darà parecchio filo da torcere e  farà durare l’avventura un po’ più delle canoniche 10 ore.

Ascesa o non ascesa?

L’affermazione che sintetizza il nostro giudizio finale è forte, ma nelle prossime righe la spiegheremo meglio: più che un’ascesa, il nuovo capitolo di God of War ci è sembrato uno stallo. Certamente, si tratta di uno stallo ai massimi livelli di eccellenza raggiunti dalla serie, frenati in parte dall’importanza epica di God of War III, in parte dal fatto che gli sviluppatori staranno sicuramente guardando già al futuro e alla nuova generazione di console. A questo proposito, torniamo a dire che God of War: Ascension è un ottimo titolo per quanto riguarda la generazione Playstation 3 e che, nel bene e nel male, contiene tutti i pregi e i difetti dei suoi predecessori. Da un lato abbiamo un comparto tecnico eccellente, una regia virtuale impeccabile e il solito solidissimo sistema di controllo appartenente all’hack n’ slash più cruento che proprio la saga di Kratos ha contribuito a creare. Per il futuro, però, ci auguriamo che su Playstation 4 potremo avere una maggiore interazione con l’ambiente di gioco, l’abbandono di quelle fastidiose barriere invisibili e più in generale uno svecchiamento della solita formula di base, che ci faccia tornare a gridare al miracolo come ai tempi di God of War II su Playstation 2 o di Chains of Olympus su PSP. Speriamo insomma che gli sviluppatori possano recuperare le idee dell’utilizzo dei poteri degli Dei accennate in GoW III e sviluppare ulteriormente i puzzle con gli amuleti per offrire ancora più varietà. Per il momento, i fan della serie dovranno accontentarsi della solita – ma sempre ottima – minestra, con l’aggiunta di qualche enigma più interessante del solito e, soprattutto, di un online che senza togliere importanza al single player ha già iniziato ad inserire una nuova dimensione di divertimento e di longevità al gioco stesso, segno che i cambiamenti da noi richiesti potrebbero veramente arrivare in massa già dal prossimo capitolo. Perché, ne siamo certi, insieme a Kratos vivremo ancora parecchie avventure: dopo averlo visto distruggere il mondo e uccidere gli Dei dell’Olimpo uno ad uno, Ascension ci ha riportato nel passato remoto e ci ha dimostrato come ci siano ancora tante storie da raccontare sul Fantasma di Sparta. Inutile dire che noi non vediamo l’ora di viverle.

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