Harry Potter and the Deathly Hallows, Part 1 – Recensione Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 1

All’inizio del nuovo millennio EA Games intuì che un nuovo fenomeno stava nascendo tra i giovani d’oggi, e da ottima azienda si mosse subito nel mercato per acquistare i diritti di quella serie in un primo tempo tanto snobbata ma che sarebbe presto diventata una gallina dalle uova d’oro.
Il successo smisurato e incontrastato che il piccolo maghetto nato dalla mente di Joanne Rowling, in arte J.K. Rowling, avrebbe guadagnato da quel momento in poi nell’arco di un solo decennio forse sfuggiva anche ad EA, che però in qualche modo ci credeva, tanto da acquistarne i diritti per la realizzazione della serie videoludica omonima.
La serie Harry Potter, trasformatasi veramente in un fenomeno generazionale da record, esordì nel 1997 con il primo libro Harry Potter e la Pietra Filosofale, subito diventato un successo, per poi arrivare al cinema, e su console, nel 2001 con l’omonimo film.

Una caratteristica tipica dei titoli EA sul mago di Hogwarts è sempre stata quella di ispirarsi fedelmente alla pellicola cinematografica più che al libro, e così ha continuato sino alla fine; tuttavia, è stata la serie a cambiare da un capitolo all’altro, rivoluzionando lo stile di gioco sulla base del film, crescendo quindi insieme agli stessi personaggi ed evolvendosi insieme alla storia cui si ispira.
I fan sanno esattamente cosa significa questo: il problema è, come ogni volta che si ha a che fare con un titolo ispirato ad un film, saranno anche gli unici ad apprezzarlo?

Harry Potter: Black Ops

Chi ha avuto modo di giocare e magari anche innamorarsi un po’ di quei semplici primi capitoli della saga videoludica ricorderà sicuramente le partite a Quidditch, le carte collezionabili o magari anche il piacere di girare per i corridoi di Hogwarts.
Come i film, i primi giochi della serie si basavano totalmente sulla crescita del piccolo Harry, ai suoi primi passi in un mondo sconosciuto nel quale, però, lui era una star, con tutti i pro e i contro del caso.
L’animo del gioco si basava principalmente su un’avventura action molto leggera, adatta ai più piccoli, semplice ma con diversi aspetti incentrati soprattutto su raccolta e accumulo oggetti, magie e collezionabili. Per quanto non un capolavoro, il gioco funzionava e soprattutto tra i fan il successo non è stato poco.

Col passare degli anni però l’animo dei film è cambiato radicalmente, con i giovani tre protagonisti impegnati a combattere le forze oscure, in costante crescita e sempre più decisi a stroncare le buone intenzioni di Mr Potter, e soprattutto in location sempre meno legate alla cara Hogwarts, la sempre cara fortezza dei buoni.
Harry, Ron ed Hermione, adesso membri a tutti gli effetti dell’Ordine della Fenice, scendono sul campo di battaglia in prima persona e mettono a repentaglio la loro stessa vita per gettarsi alla ricerca di un modo per sconfiggere “Tu Sai Chi“.

Senza rivelare nulla a chi non ha ancora letto o visto Harry Potter e i Doni della Morte Parte 1, il gioco segue piuttosto fedelmente (con piccoli cambiamenti marginali) le singole scene della pellicola cinematografica, adottandone a sua volte le dinamiche da TPS (sparatutto in terza persona).
Indipendentemente da come lo si voglia vedere, questo HP è un TPS a tutti gli effetti, con l’unica eccezione della magia illimitata al posto dei proiettili.
Numerosi campi aperti; mangiamorte che senza fine continuano ad apparire, armati di bacchette e cattive intenzioni; ripari sparsi qua e là, mal supportati però da un sistema di copertura pessimo; magie limitate, tutte di natura offensiva (o comunque adatte al combattimento); gli ingredienti ci sono tutti: Harry Potter, unico personaggio giocabile, non è altro che un soldato munito di magie diverse piuttosto che di M4, AK47 o armi varie.
Come non bastasse, questo elemento è portato all’estremo: in tutto il gioco non si fa altro che “sparare” ad un’infinità di mangiamorte, da una location all’altra: ogni “stage”, se così si possono definire, si estende per numerose sotto-aree (ovvero campi di scontro) fino a superare abbondantemente l’ora di gioco ciascuno, diventando estremamente monotono ed estenuante. Pochi stage ma estesi quindi, tutti portati al combattimento tra maghi, intervallati solo raramente da brevi sessioni stealth incentrate sull’utilizzo del Mantello dell’Invisibilità. Alla fine di ogni stage, poi, il gioco tira fuori una scusa per mettere in pausa la storia principale e propone di volta in volta tre sfide obbligatorie, ancora più monotone e anonime, dove Harry non deve fare altro che sconfiggere mangiamorte e liberare dei Nati Babbani tenuti prigionieri; una volta superate queste prove, si riparte da dove ci si era fermati con la storia.

Fortunatamente il premio come gioco più ripetitivo sfugge per un soffio a causa della scarsa longevità del gioco, in grado di essere completato in meno di dieci ore; per quanto riguarda invece il finale, con l’ultimo stage senza alcun spessore e anche abbastanza deludente, i più clementi lo giustificheranno con la natura incompleta della Parte 1, difatti prologo all’episodio finale della saga cinematografica più fortunata di questo secolo. Solo i più clementi però.

Una fattura cambia voce

Forse sarebbe stato chiedere un po’ troppo, ma ritrovare le voci originali del film anche nel gioco avrebbe aiutato a distogliere un po’ l’attenzione da tutti gli altri difetti.
Ovviamente non è così, ma fortunatamente quelle scelte per il doppiaggio fanno il loro lavoro meglio delle musiche e degli effetti sonori. Rimane persino il sospetto di veri e propri bug, sentendo la musica schizzare a tutto volume e cambiare completamente ritmo mentre non sta succedendo assolutamente nulla, per poi mantenersi invece lineare e sobria durante gli scontri più animati.
La stessa sensazione si prova nei confronti di gestione della telecamera e texture. Entrambi appena sufficienti, la prima si rivela ogni tanto problematica, mentre le seconde non raggiungono mai livelli degni del film che rappresentano, con una superficialità generale nei dettagli e la classica ripetitività nelle ambientazioni.
Eppure basterebbe ispirarsi davvero al film, almeno per far contenti i fan.

Fine a metà

Ovviamente la storia viene troncata piuttosto nettamente in vista della Parte 2, ma comunque perde in spessore e capacità di narrazione rispetto al film. Il gameplay, praticamente quello di un TPS, sarebbe da rifare: troppo monotono e scarno, senza voler infierire oltre.
Tecnicamente non é male, se lo si considera un videogioco ispirato ad un film, ma rimane anonimo e non raggiunge mai livelli interessanti.
In sostanza un altro gioco dedicato solo ai fan, e stavolta ancor meno indicato ai più piccoli. Se qualcuno aspettava un TPS con le magie é il titolo perfetto, per tutti gli altri un’occhiata veloce può bastare.

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