Hydrophobia Prophecy – Recensione Hydrophobia Prophecy

Hydrophobia: Prophecy è la trasposizione su PS3 e PC dell’originale titolo rilasciato su Xbox Live Arcade. Non si tratta però di un semplice porting, ma di una versione riveduta e migliorata di un gioco a cui critica e giocatori hanno riconosciuto un notevole potenziale purtroppo non sfruttato a dovere. Il risultato sarà cambiato?

In un futuro non molto lontano…

Nelle trame futuristiche dalla tinta distopica, il cliché narrativo più ricorrente è l’identificazione delle grandi multinazionali come il male supremo. Ciò non vale per Hydrophobia, ambientato circa quattro decadi più avanti di oggi in un mondo dove gli stravolgimenti climatici e il sovrapopolamento globale hanno ormai reso esigua ogni risorsa, nel quale tale Nanocell Corporation pare farsi carico di questi problemi con la ricerca scientifica e tecnologica. Massimo esempio di come il mondo può cambiare è la Queen of the World, una gigantesca nave-città, una "piccola" Eden galleggiante che lascia a terra tutti i mali del mondo. Ma al suo decimo anniversario di servizio subisce un attacco terroristico, che dà inizio al gioco nei panni di Kate Wilson, giovane ingegnere dal passato tormentato e improvvisata eroina di turno. Presto diventa chiaro che si tratta dell’opera dei neo-malthusiani, una fazione terrorista che estremizza il pensiero dell’economista inglese Thomas Malthus (realmente esistito a cavallo tra 700 e 800), che ha deciso di concretizzare il controllo demografico nel modo più ovvio: morte prematura. Riuscirà Kate a fermarli e salvare la Queen of the World?

Giochiamo

La storia non è certamente ciò per cui ricordare questo gioco, ma le si riconosce comunque una fruibilità sufficiente da non tediare il giocatore, nonché un ottimo pretesto per ritrovarci perennemente "bagnati": in questo gioco in terza persona che mischia azione, meccaniche platform e qualche enigma, l’acqua è il vero protagonista che fa da base a tutte le situazioni del gioco, e alla cui fisica gli sviluppatori hanno dedicato attenzione al punto che difficilmente vedrete giochi più realistici sotto questo aspetto. Purtroppo però questa è l’unica peculiarità del gioco. L’avventura di Kate si compone perlopiù di viaggi dal punto A al punto B e viceversa, raggirando passaggi bloccati ed affrontando puzzle o sparatorie di stanza in stanza che sanno però di cose già viste in un sacco di altri titoli, da Prince of Persia per le sezioni acrobatiche, ad Half-Life 2 per i puzzle legati alla fisica, e con un minigioco legato all’hacking di porte e console che sicuramente non offre spunti di intrattenimento. Le sparatorie però sono il vero punto critico: l’unica arma del gioco è una pistola dotata di vari tipi di munizioni, ma di cui quelle base (infinite e a potenza variabile in base a quanto viene caricato il colpo) sono più che sufficienti a risolvere ogni scontro, che perlopiù si svolge in stanze piene di elementi in grado di aiutarci tra barili esplosivi, pannelli elettrici, pareti indebolite pronte a riversare centinaia di metri cubi di acqua. La cosa sarebbe interessante, se non fosse che ce ne sono davvero troppi e che la difficoltà è davvero inesistente. Aggiungiamo anche la stupidità artificiale dei nemici, che spesso e volentieri ignorano completamente il fuoco aperto e non si preoccupano di continuare a sparare contro Kate anche quando è sotto copertura.

Grafica che bagna

Il motore proprietario di Hydrophobia, come già detto, gestisce la fisica dei fluidi come probabilmente mai visto altrove. Vedere una massa d’acqua in fondo a un corridoio ingigantirsi e trascinare con sé ogni cosa mentre si avvicina al giocatore costituisce certamente spettacolo e adrenalina, ed è altrettanto bello vedere come gli schizzi d’acqua riempiono lo schermo ogni volta che ci si cozza contro, così come l’effetto bagnato sul corpo di Kate. Buona cura dedicata anche all’animazione di quest’ultima, specie nelle espressioni facciali: l’improvvisata eroina non è una combattente né un’abitudinaria del pericolo, e ogni volta che si presenta una situazione a rischio il suo volto appare spaventato o persino prossimo alle lacrime. Tanti piccoli dettagli che migliorano il buon impatto visivo generale, anche sul mero piano di risoluzione delle texture e numero di poligoni, che non raggiunge certamente le mete delle produzioni maggiori, e che non manca di lacune – vedi l’eccessiva pesantezza del motore anche sui PC più performanti. Discreto l’aspetto uditivo, che ha persino goduto del ridoppiaggio di uno dei personaggi (ritenuto poco espressivo nella versione originale), anche se vorrete dimenticare il suono delle armi, totalmente inadatto.

Novità e conclusioni

La differenze rispetto alla versione originale si riassumono in un breve elenco di modifiche atte a migliorare (con successo) la qualità del gioco: come già detto, uno dei personaggi è stato ridoppiato, la grafica ha subito un miglioramento sotto ogni profilo rispetto alle versioni console, e sono stati modificati molti livelli con l’aggiunta di puzzle se non addirittura sostituiti completamente, e aggiunte di più sezioni esplorative, e persino il finale ha subito una variazione. Ma basta questo a rendere un titolo discreto qualcosa di migliore? La risposta, purtroppo, è no.
Per quanto la volenterosità degli sviluppatori sia da lodare e le migliorie da apprezzare, la piattezza del gameplay è rimasta, e l’unica cosa per cui ricordare questo titolo è, banalmente, l’acqua. Si sarebbe potuto fare molto di più per sfruttarla a modo, così come avviene negli ultimi livelli di gioco, dove la protagonista acquisisce dei poteri di cui però si godrà giusto il tempo sufficiente per terminare l’avventura, e nella modalità arcade che si sblocca subito dopo ma che non colma comunque l’insoddisfazione dell’avventura.
Intendiamoci: Hydrophobia: Prophecy non è un brutto gioco, ma non è sicuramente quello per cui vorrete spendere più di una decina di euro quando la vostra voglia di avventura si fa davvero impellente.
 

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