Kingdom Hearts HD 2.5 reMIX

A distanza di un anno dalla prima antologia offerta da Square-Enix, continua il processo di avvicinamento a quello che dovrebbe essere l’atto conclusivo di Kingdom Hearts, saga realizzata in concerto con Disney e che attende il suo nono capitolo, il terzo della trama principale. Il processo prevede l’arrivo, ora, di Kingdom Hearts 2.5, la seconda e ultima raccolta realizzata dall’azienda di Shinjuku per raccontare la storia fino a dove siamo arrivati, permettendo ai più di approcciarsi anche con titoli per piattaforme diverse dalla PlayStation 3, cercando di offrire una linea temporale precisa e ben narrata anche a chi al di là dei due capitoli principali non è mai andato.

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Kingdom Hearts 2.5 HD reMIX si presenta con l’ovvio Kingdom Hearts 2 all’interno, offerto in una versione rimasterizzata, con le texture più pulite, con una proposta grafica vicina agli standard richiesti dalla PlayStation 3 e dalla generazione esauritasi da poco, quindi compiendo un passo in avanti dalla precedente versione per PlayStation 2. Accanto troviamo la versione per console fissa del Birth by Sleep, capitolo rilasciato per PlayStation Portable e che vedeva gravare sulle proprie spalle il peso di dover raccontare l’inizio della storia del Keyblade, partire dall’alba della Guerra, in un prequel che ha permesso di colmare tante lacune, ma di creare altrettante domande. Infine, come avvenuto anche per la raccolta dell’1.5, arriviamo ai filmati del Re: Coded, titolo che era stato rilasciato su mobile e che aggiungeva un nuovo collante alla storia, posizionandosi immediatamente dopo Kingdom Hearts 2, facendo, quindi, da prequel al terzo capitolo principale. Un’antologia, insomma, completa e che riesce a offrire un quadro generale di quanto accaduto fino a ora. Resta l’amaro in bocca per il non aver avuto la possibilità di rigiocare anche Kingdom Hearts 3D: Dream Drop Distance, l’ultimo titolo rilasciato nella continuity orizzontale e che apriva le porte all’avvento di Kingdom Hearts 3, ma è indubbio che – essendo l’ultimo rimasto privo di una rimasterizzazione e di una versione secondaria e alternativa – presto avremo modo di avvicinarci anche a quest’ultimo su console Sony.

Venendo ai contenuti puri e semplici, è impossibile non sottolineare come la magia che donò il primo Kingdom Hearts, alla sua uscita, fu decisamente più aurea del secondo capitolo: i toni, eccessivamente melodrammatici, del sequel, andarono a cozzare con quella che poteva essere una leggiadra esperienza videoludica, offerta in un mix perfetto tra personaggi Disney e una meccanica à la Final Fantasy, con annessi personaggi dell’universo Squaresoft. L’ingarbugliamento della narrazione, l’intensa necessità di perseguire una narrazione sempre più da thriller e da cospirazione, ha messo Kingdom Hearts 2 in una luce diversa, più cupa, più attenebrante: se da un lato può risultare un pregio, avendo dato un tono più aulico e maturo alle proposte, dall’altro si è vista snaturata l’essenza vera e propria di un prodotto che mirava a una morale spicciola, ma all’epoca vincente. D’altronde per i videogiocatori di oggi, che all’epoca della release originale avevano dieci anni in meno rispetto a ora, il messaggio dell’amore che vince sull’oscurità per quanto potesse essere banale e melenso aveva un senso. Poi sono comparsi i Nessuno, gli Heartless, e Kingdom Hearts ha conosciuto la necessità dell’intreccio narrativo, del buco narrativo e di uno scenario che a oggi ha bisogno di investigazioni ben più profonde di quelle di Matthew McConaughey.

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Avere, però, l’opportunità di rifiondarsi nell’esperienza targata Kingdom Hearts 2 è sicuramente un ottimo punto di ripartenza: per chi, infatti, ricorda benissimo gli avvenimenti di Roxas e il perché della sua esistenza, non può che essere un ottimo motivo per una nuova run, così come per chi si approccia alla saga vergineamente, dopo aver testato il prodotto nel primo reMIX, il 2.5 veste i panni dell’inevitabile percorso da compiere, da concludere. Con soddisfazione. La meccanica di gioco, d’altronde, non è invecchiata e continua a risultare piacevole: non siamo ancora arrivati alle spicciole proposte del Birth by Sleep, che tanto emulava le poco funzionali e riusciti esperienze di Crisis Core: Final Fantasy VII, che tanto a sua volta aveva esaltato il gameplay monotasto. Anzi, ci troviamo dinanzi a delle proposte sicuramente più variegate – in linea con la narrazione – nella gestione di Sora, Paperino e Pippo, a partire dall’offerta avanzata con i Keyblade e con annesse Fusioni che il Nostro può compiere. Il gameplay di Kingdom Hearts 2 permane uno dei più originali estratti della Square-Enix, a oggi, riuscendo a offrire un battle system che va decisamente oltre le classiche proposte appartenenti all’universo jRPG e allo stesso tempo dona soddisfazione e immediatezza, con una semplicità di fondo nella comprensione e una elaborazione donata a chi desidera realmente toccare con mano una difficoltà più alta. Ritrovarlo, quindi, a distanza di quasi una decade con un aspetto rivisitato e con un lifting corporeo sensato, è un piacere: la rimasterizzazione, però, non arriva ai livelli offerti da quella di Final Fantasy X, che nella sua riproposizione per PlayStation 3 e PlayStation Vita era riuscito a raggiungere risultati più soddisfacenti, per l’occhio. L’immagine non risulta pulita come era accaduto con Tidus e Roxas ne risente, ma soltanto nel paragone, perché d’altronde, nell’esportazione dell’immagine ai 16:9, possiamo sicuramente ritenerci soddisfatti. Quello che invece non deve far temere e non deve far ragionare in maniera negativa è la rimasterizzazione della colonna sonora – che in Final Fantasy X invece aveva fatto storcere qualche naso – con il lavoro di Yoko Shimomura che è stato abilmente riproposto con un respiro più ampio, con un’orchestralità più vincente, più entusiasmante. Chiudiamo dicendo che, come avvenuto anche per il primo capitolo reMIX, Kingdom Hearts 2 arriva nel 2.5 nella sua versione Final Mix, release che non ha mai solcato l’Oceano per giungere in Europa o in America, rimanendo relegata al territorio nipponico. L’offerta prevede dei boss opzionali in più (tra cui il più ostico dell’intera saga), alcune modifiche dal punto di vista strutturale all’equipaggiamento (nel primo capitolo mutava in gran parte la fase di elaborazione degli oggetti all’officina Mogurì) e – non ultima – una traduzione più decente del gelato salmastro, che finalmente diventa “gelato al sale marino”. Troviamo anche una modalità aggiuntiva, dal punto di vista della difficoltà, e il Cimitero dei Keyblade, un mondo completamente nuovo.

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Per quanto si consigli, poi, si procedere in un’esperienza lineare e quindi di fiondarsi prima nelle gesta di Terra, Ventus e Aqua, è inevitabile che il cuore nostalgico non vada a rivivere le esperienze di Roxas per primo. Ciò non toglie, però, che finalmente viene data la possibilità a tutti di toccare con mano l’avventura che vide protagonisti i primi Maestri di Keyblade in quello che è il Birth by Sleep: senza l’ossessione di una telecamera monca, figlia di una levetta analogica in meno sul pad della PSP, e con la comodità che può dare uno schermo televisivo a discapito del pad della console portatile, quello che attualmente è tra gli spin-off più sensati – dal punto di vista del gameplay – della saga di Kingdom Hearts riesce a soddisfare anche in questa nuova versione remixata. Fatto salvo per la riproposizione grafica. Il Birth by Sleep soffre, infatti, a differenza del secondo capitolo, ma è giustificato dal fatto che arrivi dalla PSP e non dalla PlayStation 2: sebbene si noti la voglia e l’intenzione di impreziosire un prodotto che altrimenti avrebbe subito tantissimo il gap generazionale, non si può non sottolineare che la riproduzione ambientale risulti in alcuni punti spoglia, rimbombante, come se mancasse qualcosa. Ed effettivamente manca una pulizia che sarebbe risultata necessaria – nelle sessioni di gameplay, non negli intermezzi creati dalle cut scene – per offrire una edizione in HD degna di questo nome: non è comunque da penalizzare l’offerta avanzata da Square-Enix, perché – ripetiamo – poter avere il Birth by Sleep a disposizione è un’occasione unica. Dovrete confrontarvi con una narrazione figlia di un dio minore, ma d’altronde i buchi vanno pur coperti.

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Non ci resta che aggiungere un forte punto interrogativo sulle tre ore di filmati offerte dal Re: Coded. Così come accaduto per Kingdom Hearts 358/2 Days – sicuramente il capitolo peggiore a oggi rilasciato all’interno della saga – nella precedente antologia, anche stavolta ci troviamo dinanzi a una raccolta sempliciotta e poco armoniosa di tutte le cut scenes offerte dal titolo. Non vi è coesione, non vi è una scelta registica che dia continuità al prodotto: un semplice lavoro di drag and drop, dalla versione mobile a un blu ray per PlayStation 3. Saranno tre ore che vi permetteranno di assaporare delle aggiunte narrative fondamentali per la comprensione di alcuni passaggi, di vedere e osservare delle novità offerte per coprire dei buchi narrativi e che non annoieranno i fan, almeno quelli più sfegatati. Per tutti gli altri non possiamo assicurare che riuscirete ad arrivare in fondo: fatto sta che se ci siete riusciti con il 358/2 Days – ribadiamo, narrazione e gameplay peggiori dell’ultima decade targata Kingdom Hearts – ce la farete anche con il Re: Coded.

[signoff icon=”quote-circled”]Il cerchio è finalmente chiuso. Square-Enix – a patto di non essere realmente pronta a donare anche una rimasterizzazione del Dream Drop Distance – ha terminato il percorso di avvicinamento a Kingdom Hearts III, è riuscita ad avvicinare i nuovi videogiocatori a un brand che vive da dieci anni ed è riuscita a rinfrescare la memoria al pubblico più avanti con gli anni, cresciuto nel frattempo insieme a Sora, Paperino e Pippo. L’azienda di Shinjuku ce la fa con convinzione, offrendo un prodotto che può realmente offrire soddisfazione – agli appassionati del genere – e ridare sapore in bocca a chi era digiuno da troppi giorni. Sulla scelta di offrire due antologie diverse piuttosto che condensare l’offerta videoludica in una soltanto non ci soffermeremo: le scelte dettate dal mercato sono chiare, sono sotto gli occhi di tutti. L’inserire delle cut scenes e il limitarsi a soltanto due capitoli giocabili per raccolta è figlia delle necessità di un mercato che è dettato dai singhiozzi e non più da una digestione corretta. In compenso Square-Enix è riuscita ad accompagnarci in un’esperienza durata due anni, che ne ha riassunti dieci, minando nemmeno troppo alle tasche dei suoi seguaci e fan, senza far storcere eccessivi nasi e soddisfacendo i più.[/signoff]

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