Layers Of Fear: Inheritance – Recensione

A metà febbraio di quest’anno gli sviluppatori di Bloober Team, piccola azienda polacca fondata nel 2008, crearono uno dei migliori horror psicologici di questa generazione di piattaforme: Layers Of Fear.

Ispirandosi chiaramente all’ormai defunto progetto conosciuto come Silent Hills P.T. gli sviluppatori, fino a quel momento responsabili di titoli di tutt’altro genere come i puzzle di A-Men e gli strategici di Paper Wars: Cannon Fodder, stravolsero i canoni dei survival horror accompagnandoci in un allucinante e folle viaggio nei meandri della psiche malata di un geniale pittore. Una formula, ben lontana dalla quella classica (e abusata) dell’infarto facile e scontato, che ancora oggi rende Layers Of Fear una piccola perla nel suo genere.

Forte del successo del loro originale titolo, Bloober Team ci prende di nuovo per mano in questo DLC, dal sottotitolo non casuale di Inheritance, raccontandoci questa volta l’esperienza dal punto di vista di una donna, la giovane figlia del geniale pittore di cui parlavano, approfondendo molti degli aspetti rimasti insoluti nella nostra prima avventura.

Layers Of Fear: Inheritance
Molte situazioni ci saranno familiari

La colpa del padre

La storia di Inheritance ci mette nei panni della figlia del pittore protagonista del titolo originale, trascinato dalla follia e dalla perenne ricerca della perfezione artistica in un abisso che non risparmiò nemmeno la sua famiglia. Tornata nella magione in seguito alla morte del padre, la nostra protagonista decide di intraprendere una personale ricerca: una sorta di viaggio catartico che la porterà da una parte ad affrontare certi oscuri ricordi e traumi rimasti legati alla sua infanzia e dall’altra al tentativo di comprendere se il geniale genitore le abbia lasciato solo quell’ormai decadente villa o se vi sia in fondo un’altra eredità più oscura e intangibile.

Il nostro viaggio inizia nella stessa stanza dalla quale partì la nostra originale esperienza in Layers Of Fear, ma questa volta si svolge su due binari paralleli: da un lato vivremo la nostra avventura nella stessa villa già visitata in passato ma ormai abbandonata, oscura e deprimente, dall’altro il ritrovamento di indizi, reminiscenze o disegni legati al nostro passato ci permetterà di rivivere in prima persona i nostri ricordi d’infanzia. Una formula, questa, tutt’altro che scontata. Il nostro comportamento nel corso di questi flashback infantili infatti cambierà sia il corso degli eventi sia l’opinione che da adulti avremo nei confronti del nostro geniale, folle, iroso, ma a modo suo affettuoso genitore.

Layers Of Fear: Inheritance
La storia è incentrata sull’infanzia della protagonista

Ricordi d’infanzia

I comandi e le meccaniche di questo Inheritance, il che era abbastanza prevedibile, rimangono praticamente identici a quanto già sperimentato nell’originale Layers Of Fear.
Il sistema di controllo è anche qui praticamente minimo, e si riduce alla semplice pressione di tre soli pulsanti: uno per interagire con i rari oggetti ed elementi dello scenario, uno per avvicinare la visuale (opzione praticamente inutile) e un terzo per accendere e spegnere la torcia. Quest’ultima rappresenta l’unica vera aggiunta rispetto a Layers Of Fear ma, anche se avrebbe potuto portare interessanti novità a livello di gameplay rimane praticamente inutile, riuscendo comunque a donare una certa atmosfera.

In linea con quanto tracciato già nel titolo originale inoltre, anche qui manca una qualsiasi indicazione su schermo, (una mappa di riferimento o un inventario), e rimane la sostanziale impossibilità di morire nel corso dell’avventura. Meccaniche nuovamente ridotte al minimo: una scelta che potrebbe deludere chi è alla ricerca di un’avventura più complessa, ma che d’altra parte permette di concentrarsi solo sulla storia e sulle atmosfere.

Come la trama, anche le meccaniche di Inheritance si dividono in due filoni paralleli. La nostra esplorazione della magione, da adulta, si svolge in modo abbastanza simile a quanto visto nel titolo principale: una ricerca di indizi, disegni e lettere in grado di fare luce più sui nostri ricordi d’infanzia che sul passato della villa, ormai ridotta a un insieme disordinato, buio e decadente. Proprio il ritrovamento di questi indizi, legati a situazioni o oggetti del nostro passato, permette di rivivere in prima persona dei flashback che, oltre a sostituire le allucinazioni vissute in Layers Of Fear, rappresentano la vera originalità di questo DLC.

Il passaggio ai nostri ricordi infantili infatti modifica anche le meccaniche e la percezione che abbiamo dell’ambiente: siamo molto più bassi, la nostra visuale diventa più onirica, le porte sono più alte, i mobili sembrano molto più grandi e i movimenti si fanno meno ampi rispetto a quando siamo adulti. Un’efficace rappresentazione dell’infanzia che coinvolge anche il gameplay: alcuni ostacoli risultano infatti insormontabili e molte situazioni sono rese più spaventose dalle ridotte dimensioni di una bambina. D’altra parte alcune trovate, come i ponticelli di legno sospesi tra i mobili (che non si sa chi ce li abbia messi), risultano abbastanza forzate.

I nostri flashback inoltre ci permettono di rivivere alcune delle situazioni del nostro difficile rapporto tra padre e figlia e di prendere decisioni che si riveleranno in seguito fondamentali. Il ritrovamento dei nostri disegni infantili e il comportamento che terremo in queste situazioni cambieranno sia l’opinione che avremo da adulti nei confronti del nostro complesso genitore sia il corso stesso degli eventi. Un meccanismo che favorisce una certa rigiocabilità piuttosto rara in questo genere.

A differenza di quanto sperimentato in Layers Of Fear gli enigmi sono stavolta quasi inesistenti e si riducono alla ricerca della corretta sequenza di utilizzo di alcuni oggetti. Le allucinazioni, che costituivano il vero punto di forza della nostra precedente avventura sono ora piuttosto rare e rimangono confinate ai nostri flashback infantili. La longevità del nostro viaggio è collegata alla nostra comprensione dell’ambiente circostante e alla ricerca degli indizi in grado di sbloccare i nostri ricordi, ma difficilmente sarà necessaria più di un’ora per venirne a capo. Questa longevita molto bassa del titolo è un difetto solo in parte attenuato dal prezzo decisamente basso di questo DLC.

Layers Of Fear: Inheritance
Da bambini, tutto diventa distorto e opprimente

Colori e allucinazioni

Anche il comparto tecnico, dalla visuale sempre in prima persona, non si discosta molto da quello già più che buono, visto in Layers Of Fear. Dove prima la villa si distingueva per i colori caldi e le allucinazioni quasi psichedeliche troviamo ora, (nella fase adulta), degli ambienti oscuri, polverosi, abbandonati e una scelta di colori decisamente più spenti. Passando alle fasi dei ricordi infantili il discorso cambia: gli ambienti opprimenti, la distorsione degli oggetti più grandi e il generale senso di impotenza legato all’infanzia sono ricreati bene da un’efficace scelta di colori e da alcune atmosfere che, pur non raggiungendo le vette del titolo originale, risultano ben studiate ed efficaci.

Layers Of Fear: Inheritance

Sul versante sonoro Inheritance conferma l’ottimo lavoro già svolto da Bloober Team nella precedente avventura. A musiche d’atmosfera si accompagna un buon doppiaggio inglese (con sottotitoli in varie lingue, italiano incluso) e una scelta di eccellenti effetti sonori, che coinvolgono anche l’altoparlante incorporato nel controller (anche se manca la stessa varietà sperimentata in Layers Of Fear).

6

Pro

  • Storia interessante
  • Prezzo basso
  • Rigiocabile
  • Buone meccaniche legate ai flashback
  • Tecnicamente buono
  • Il vero epilogo della storia

Contro

  • Troppo breve
  • Alcune scelte forzate
  • Allucinazioni sottotono rispetto a Layers Of Fear
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