Metal Gear Rising: Revengeance – Recensione Metal Gear Rising: Revengeance

Un ninja chiaccheratissimo

Dopo un’attesa che definire lunga è ben più che eufemistico, dopo una lavorazione tribolata che ha richiesto praticamente di ripartire da capo col progetto (quello iniziale si è rivelato poi troppo ambizioso per l’attuale hardware in circolazione) giunge finalmente sugli scaffali dei negozi di tutto il mondo Metal Gear Rising Revengeance, il più "chiacchierato" titolo della saga. Quello di Metal Gear è un brand che si può amare oppure odiare, ma senza ombra di dubbio è uno dei più importanti nel mondo dei videogiochi. Questo anche perché ha saputo sfruttare al meglio il linguaggio stesso dei videogames: lo scontro con Psycho Mantis nel primo episodio ne è la testimonianza più lampante. A rigor di logica, un nuovo episodio di questa celebrata serie dovrebbe essere accolto a braccia aperte da ogni fan che si rispetti, ma cosa accadrebbe se l’episodio in questione fosse profondamente diverso da tutti quelli precedenti? Se state per rispondere "un putiferio" ci siete: è la risposta giusta. Ma quali sono le profonde differenze tra Rising e gli altri giochi legati allo stesso universo narrativo? Innanzitutto il protagonista. A rubare la scena al buon Solid Snake è infatti Raiden, un ninja cyborg armato di una spada potentissima in grado di fare a pezzi tutto e tutti. A questa prima divergenza ne è legata un’altra, ancor più clamorosa: il cambio di genere. Insieme a Thief e Splinter Cell, Metal Gear Solid è stato sempre sinonimo di "stealth game". Stavolta, invece, avrete per le mani un action duro e puro, con forti elementi slasher. Questo decisione drastica ha fatto andare su tutte le furie i fan più accaniti, che l’hanno letta come una mera mossa commerciale atta a vendere solo un sacco di copie. Terzo grosso argomento di polemica è lo stile adottato: qui non c’è spazio per le mezze misure, sembra di essere in mezzo a un film di Michael Bay ancora più esagerato del solito. Il protagonista è tamarro, la storia è tamarra, i boss sono tamarri. Insomma l’avete capito, di realismo non c’é traccia. Eppure, nel suo stile ipertrofico, il titolo riesce a ritagliarsi un suo equilibrio, risultando così più che godibile.
 

Rivincivendetta

Qualche riga sulla trama, per farvi venire l’acquolina in bocca senza però rovinarvi eventuali sorprese. Le vicende narrate avvengono qualche anno dopo i fatti visti in Guns of the Patriots. La pace sembra essersi instaurata nel mondo, anche grazie al successo delle Compagnie Militari Private. Raiden si trova in Africa per scortare uno dei Leader più in vista a livello internazionale a causa del suo impegno nello sventare lo scoppio di conflitti in alcune zone calde del pianeta. Ovviamente ben presto la situazione precipita, quando un misterioso gruppo apparentemente terroristico (i Desperado) decide di rapirlo. La storia, per quanto risulti un buon collante tra le varie missioni, non è di certo emozionante o sconvolgente come quelle dei vari Metal Gear Solid.
Com’è consuetudine per la serie, saranno numerose le scene d’intermezzo non interattive a portare avanti la vicenda. Per fortuna queste non sono mai troppo lunghe e la noia non sopraggiungerà. Interessante soffermarsi per un attimo sul titolo "revengeance", un neologismo creato ad hoc per questo videogame che è più o meno traducibile con "rivincivendetta". Dopo la prima missione, infatti, ritroveremo il protagonista ancora più armato, ancora più arrabbiato e soprattutto dotato di una tecnologica corazza in grado di far schiattare d’invidia perfino Tony Stark. Non mancheranno colpi di scena e rivelazioni sorprendenti, anche se non ci sono momenti che ci faranno sobbalzare dalla sedia. I personaggi risultano sufficientemente caratterizzati e mai semplici comparse, anche se la saga ci ha abituati a ben altri standard. Ma qui siamo alle prese con uno spin-off, è bene ricordarlo.
Quello che però funziona alla perfezione è lo stile: anche gli eventi  saranno caratterizzati da una regia particolarmente spettacolare ed è stata posta una grande enfasi sulle inquadrature. L’amore di Kojima per il cinema action made in USA si riversa completamente nel videogioco, che sembra essere già pronto per il grande schermo. 
 


Una spada per tutte le stagioni

Quel che più colpisce una volta impugnato il pad è che Revengeance si basa su poche, basilari feature in grado però di incollarvi allo schermo fino ai titoli di coda. La prima e probabilmente più importante è la cosiddetta tecnica Zan-Datsu. Quando l’apposita barra si sarà riempita, potremo entrare in questa specie di "bullet time" in cui è possibile indirizzare, con precisione chirurgica, i fendenti dell’arma che stiamo impugnando semplicemente grazie alla levetta analogica destra. Questa modalità vuol essere molto di più di un mero orpello estetico: difatti, negli scontri contro i numerosi boss è fondamentale, mentre quando si combattono orde di nemici meno impegnativi è importante accedervi in quanto, oltre a darci la goduriosa possibilità di tagliuzzare arti a destra e a manca, potremo effettuare particolari attacchi in grado di "rubare" l’energia vitale agli avversari, andando così a ricaricare la barra della vitalità del ninja. E scusate se è poco. Un’altra maniera per ottenere cure è trovare le Nanopaste Riparatrici, che svolgono la funzione dei più classici medipack. Questi ultimi però sono piuttosto rari, da qui l’importanza di padroneggiare al meglio il sistema di combattimento. All’inizio i controlli danno qualche grattacapo, ma basta un po’ di pratica per diventare più efficaci di un’affettatrice automatica.
Seconda importante caratteristica: la corsa ninja. Tenendo premuto il grilletto destro, Raiden correrà a una velocità altissima e supererà con agilità le barriere architettoniche, saltando e abbassandosi automaticamente. Di fatto sarà necessario solo distruggere, a colpi di spada, eventuali ostacoli sul percorso. 
Questo ci porta diritti a un’altra interessante meccanica, legata per l’appunto all’incredibile versatilità delle armi che potremo utilizzare. Infatti il 90% degli elementi dello scenario saranno liberamente distruggibili. I Platinum Games sembrano averci visto lungo e hanno capito che ai videogiocatori piace distruggere l’ambiente di gioco. Dite la verità: non vi basta fare a pezzi i nemici, volete sfogarvi anche contro cancelli, alberi, muri e chi più ne ha più ne metta. Ora è finalmente possibile e la cosa regala momenti di altissima soddisfazione. 
Andiamo ora a parlare della parata. Solitamente negli slasher il sistema difensivo si basa o su una posizione di difesa, che si attiva tramite un tasto apposito, oppure tramite la schivata (la cosiddetta "difesa attiva"). In Rising c’è una nuova e originale idea: la difesa attiva attraverso la parata. Per effettuarne una con successo, infatti, è necessario premere il tasto X (ovvero quello per l’attacco leggero) e contemporaneamente indirizzare con lo stick destro il colpo in direzione del nostri aggressore. Più difficile a dirsi che a farsi, di fatto in poco tempo si padroneggia questa tecnica al meglio. 
Un’altra riflessione interessante la si può fare sul ritmo del gioco. Questo è sempre altissimo, interrotto solo dalle sequenze non interattive. Raramente vi sarà capitato di trovarvi alle prese con una giocabilità al tempo stesso così alta e così frenetica. Questo rende Metal Gear Rising uno dei videogames più divertenti degli ultimi anni.

 


L’abito non fa il ninja

Dopo aver sviscerato (mai termine fu più appropriato) a lungo il gameplay arriviamo all’aspetto tecnico. Il motore grafico dimostra una grande versatilità e una fluidità senza precedenti. Questo, però, ha comportato una scelta ben precisa che purtroppo non può essere del tutto condivisa: per quanto piacevole a vedersi, il prodotto non lascia mai a bocca aperta. Sulle console attuali si è già visto di meglio. Questo si nota soprattutto osservando le ambientazioni, spesso troppo spoglie. Va anche detto che difficilmente avrete il tempo di fermarvi a osservare il panorama, quindi si può chiudere un occhio. Se però è la perfezione tecnica che cercate, allora state pure alla larga: qui a farla da padrone è il frame rate, non il numero di poligoni. I modelli tridimensionali di personaggi, nemici e boss, invece, si difendono più che bene, risultando sia accattivanti che simpaticamente pacchiani. Altrimenti però non potrebbe essere, sarebbe andata perduta la già citata atmosfera esagerata che permea il tutto. Atmosfera che funziona perfettamente da collante e che viene sostenuta  anche dal comparto audio. Il sonoro fa la sua parte senza infamia e senza lode. La soundtrack è immersiva, anche se mancano temi in grado di restare impressi nella vostra memoria per gli anni a venire, e il doppiaggio (in inglese sottotitolato in italiano) è piacevole. L’assenza di cali di frame rate aiuta (e molto) il divertimento. D’altro canto, in presenza di rallentamenti, il gioco sarebbe risultato impossibile, quindi la scelta operata dai Platinum Games è più che comprensibile.
 


I due piatti della bilancia

Mancano ancora un paio di elementi prima di tirare le somme. Uno di essi è la longevità. Purtropppo, va detto, è decisamente scarsa. A meno di giocare unicamente al massimo livello di difficoltà, si arriva ai titoli di coda in 7 ore scarse, di cui circa 5 giocate (il resto sono occupate dai filmati). Quindi vi consigliamo vivamente di cimentarvi con le modalità più impegnative fin da subito. Il livello di difficoltà è molto ben calibrato, fa sudare e a volte perfino imprecare, senza però risultare mai frustrante. Anche nei momenti più complicati, non avrete mai l’impressione di non potercela fare, piuttosto vi maledirete per quell’errore che vi è costato la partita e cercherete di perfezionarvi sempre più. Questi momenti, comunque, si possono contare sulla dita di una mano: per tutto il resto del tempo riuscirete a procedere, a patto di padroneggiare il sistema di controllo. D’altronde essere un futuristico ninja cyborg richiede riflessi fulminei, anche perché gli avversari non si tireranno di certo indietro. Alcuni passaggi risultano esageratamente caotici e a volte la telecamera tende a prendersi delle brevissime pause: nulla che vi farà rischiare la pelle (virtuale), ma può causare un lieve disorientamento. Metal Gear Rising: Revengeance è senza ombra di dubbio un buon titolo, dotato di una forte identità e di una personalità che non lo fanno affatto sfigurare all’interno della saga madre. Certo, va preso per quel che é, uno spin off totale al 100%: considerarlo un sequel dei precedenti episodi è un errore che lo farebbe valutare in maniera errata. Piccole sbavature gli precludono di raggiungere vette più alte, ma il divertimento è alle stelle. Forse una campagna un po’ più lunga lo avrebbe valorizzato maggiormente, ma è di certo un videogame che non va sottovalutato.

 

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