Racoon The Thief – Recensione Sly Raccoon

Pensando al marchio Playstation e alla sua storia ormai quindicennale, viene naturale riportare alla mente, oltre ai singoli giochi più o meno particolari usciti sulla console Sony, anche quei personaggi che con il passare del tempo hanno saputo affermarsi nel panorama videoludico sino a diventare vere e proprie icone, come ad esempio Crash, Rayman, Ratchet & Clank, Jak & Daxter e chi più ne ha più ne metta. Era il 2003 quando una Software House pressochè sconosciuta, tale Sucker Punch (la stessa che successivamente avrebbe partorito inFAMOUS), pubblicò Sly Raccoon and The Thievius Raccoonus: il genere Platform stava ormai avviandosi verso un glorioso tramonto graziato dalla pubblicazione de Le Sabbie del Tempo, e ben poche alternative restavano agli appassionati di salti ed esplorazione a volontà. Sorprendentemente, Sly riuscì a conquistarsi una nutrita schiera di fan, tanto da garantirsi la pubblicazione di ben due sequel. Cosa può aver portato tanta fortuna al ladro procione?

Lupin Chi?

Le ragioni che ci porteranno ad intraprendere un viaggio ai quattro angoli del mondo alla ricerca di alcuni dei più grandi criminali esistenti, sono piuttosto banali: vendetta sugli assassini della nostra famiglia. Da questa semplice base si sviluppa una storyline che, per quanto stereotipata e magari non proprio egregiamente diretta, si rivela in grado di non annoiare, si prende i tempi giusti per approfondire i personaggi quel tanto che serve ad affezionarvisi e, malgrado non decolli mai sul serio, sa farsi apprezzare se non altro per un intelligente lavoro svolto in fase di scrittura.


 

Sly Raccoon si presenta come un platform estremamente lineare: sono presenti saltuarie fasi di libera esplorazione in aree piuttosto anguste da cui imbarcarsi nella prossima missione, si alternano livelli ambientati in fornaci gigantesche, casinò sommersi e inseguimenti su sudici tetti, ma tutti rigorosamente purtroppo, o per fortuna, in grado d’offrire ben pochi spunti di deviazione. Ciò ridimensiona in modo non indifferente la rigiocabilità del titolo, perchè le situazioni in cui verremo posti saranno sempre fresche e divertenti, dall’inizio alla fine, ed un maggior livello di libertà esplorativa avrebbe probabilmente compromesso il perfetto ritmo che viene a stabilirsi tra un salto, un combattimento, un furto ai danni di una guardia ignara. 
Altro grande pregio della produzione in questione, risulta sicuramente il suo essere un almanacco di diversi generi ben miscelati: platform all’interno rivestito da tanto sottili quanto gustosi strati di kart-game, FPS, stealth e chi più ne ha più ne metta. Ciò che lascia realmente soddisfatti di questo Sly è il suo riuscire ad inserire elementi tanto vari all’interno di una formula che ai patiti dei vecchi classici saprà certamente di già visto, evitando di far scadere l’esperienza nel blando party-game "di tutto un po’ ", ma anzi riuscendo a far sì che questi brevi inframezzamenti alle più sostanziose missioni principali non risultino pesanti, bensì interessanti.


 

Volendo, si potrebbero fare facili appunti ad un sistema di combattimento non propriamente approfondito, ad una gestione delle abilità speciali piuttosto discutibile (poche quelle essenziali, tutte apprendibili con il proseguio della storia, molte quelle da scoprire ma poco varie), giungendo infine ad un concept che saprà probabilmente di riciclato ai più esigenti.
Tra i nei del titolo spunta inoltre una certa frustrazione: alcuni passaggi non saranno propriamente "naturali", e adottano il sistema "Trial&Error" tipico di glorie del passato a la Ghosts&Goblins, pur senza poter vantare lo stesso intrinseco carisma di certe tipologie d’avventure, è infatti proprio nel suo essere all’apparenza ed in alcune scelte stilistiche un titolo votato ai più giovani. E’ questo il difetto che impedisce a Sly Raccoon di prendersi sul serio, di costruire qualcosa di fondato su di un cast fatto di comprimari e antagonisti ben caratterizzati.

Monkey Punch Chi?

Nulla da dire sul comparto grafico del titolo: gli anni passati si fanno sentire, ma l’eccezionale cura riposta nella caratterizzazione ambientale e dei personaggi è tuttora ben visibile, e non può far fare altro se non una lode al lavoro svolto in fase di sviluppo. Level design eccezionale egregiamente caratterizzato da una palette di colori tendente al noir, texture azzeccate e modelli ben curati.


 
Nota di merito per il doppiaggio italiano: la prova che la nostra è una scuola che a livello del primo ha ben poco da invidiare a quelle d’oltremare, e per una volta non si sente la mancanza di un parlato in lingua originale, in grado d’essere tanto espressivo quanto il sottolineare la bellezza di alcuni passaggi . Semplicemente spettacolare in ogni senso, dalla capacità d’espressione alla chiarezza delle pronunce, all’ottimo lavoro svolto in fase di riscrittura di battute e dialoghi lampo. 

 

Primo!

In conclusione, non si può dir altro se non che giocare a Sly Raccoon è ancor oggi un gran piacere, come e più di sette anni fa: merito di ciò ad un’egregia direzione artistica, un gameplay perfettamente bilanciato e vario, un cast valido ed interessante. Gli unici difetti movibili alla produzione Sucker Punch risiedono nello spirito poco coraggioso che il gioco porta appresso: a molti le meccaniche di gioco sapranno di stantie e prese di peso da classici del passato, le tematiche trattate troppo infantilmente e alcune soluzioni di game design sbrigative. Per tutti quelli che avessero voglia di divertirsi senza pensare troppo ai succitati, relativamente marginali, abbagli in fase di sviluppo, Sly Raccoon rappresenta a tutti gli effetti l’alternativa ideale per tornare ai tempi in cui saltare, e non sparare, rappresentava il massimo per moltissimi videogiocatori.

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