Rekoil – Rekoil

Nel mondo della critica videoludica, quando si parla male di un gioco si cerca sempre e comunque di trovarne almeno un lato positivo, nel rispetto del lavoro di chi ha dedicato anni a un progetto e in onore dell’obbiettività. Ad esempio, un gioco poco originale potrebbe comunque risultare piacevole per chi non gioca spesso, ed un gioco con molti difetti e poco appetibile per i più potrebbe invece essere interessante per le nicchie.
Ma cosa succede quando un titolo fallisce in entrambi i campi, e anche con tutta l’obbiettività del mondo non si riesce davvero a trovare un motivo per gradirlo? La risposta a questa domanda ha un nome: Rekoil.
 

 


La solita roba

Mercenari, terroristi, guerriglia urbana, AK47, M16, conflitti moderni. Una serie di elementi talmente visti, rivisti, riciclati, abusati e ripetuti che ormai non se ne può più, e solo in rari casi riescono a suscitare interesse in coloro che si sono stancati del mercato tripla A.
Rekoil ci prova: è un fps multiplayer che, a detta degli sviluppatori, riporta il genere alle sue basi frenetiche, con particolare riferimento a giochi come Quake e Unreal Tournament. Sicuramente l’avvio del gioco non conferma la loro tesi: sorvolando sul fatto che in nessuna delle due serie si sono mai visti terroristi o armi reali, il menù principale è molto confusionario e, pertanto, lontano dall’idea di gioco dove “entri e spari”. Navigando tra i vari menù scopriamo una dettagliata finestra dedicata alla personalizzazione: il giocatore può scegliere varie classi di gioco, ognuna dotata di uno specifico set di armi suddivise tra primaria, secondaria, granate e corpo a corpo (quest’ultima composta da due coltelli che, forma a parte, sono identici. Mah).
A ogni arma è associata inoltre una descrizione e una lista di pro e contro che indicano in quale condizione usarle al meglio. Dopo aver spulciato un po’ i menù, si entra finalmente in gioco.
 

Le armi di (auto)distruzione

D’accordo, diamo credito agli sviluppatori: il gioco non ha nulla che ricordi Quake o Unreal, ma è frenetico, con personaggi che si muovono veloci in varie mappe giocate in modalità tradizionali, quali deathmatch, cattura la bandiera (o valigia, in questo caso), dominazione e affini. Certo viene da chiedersi per quale motivo gli sviluppatori abbiano scelto di dare un velo di realismo all’aspetto del titolo e alle sue armi, quando nella pratica non c’è nulla di reale nel movimento veloce dei soldati, nei loro salti e, purtroppo, nelle loro armi. È paradossale: si potrebbero facilmente perdere un paio d’ore a leggere la scheda di ogni arma e customizzare le classi in base ai nostri gusti, ma poi, giocando, ci si rende presto conto di come la differenza tra le varie sia spesso minima – un fucile d’assalto vale l’altro, conta solo chi spara prima. La cura per la balistica è mal studiata: il 90% dei colpi sparati raggiunge l’obbiettivo senza dover aggiustare la mira, eccetto nel caso dei fucili da cecchino, che richiedono un po’ più di maestria, ma il cui uso ha poco senso. Dopotutto, perché usare un fucile a colpo singolo che richiede abilità nel prevedere il volo del proiettile, quando con un M16 si riesce facilmente a centrare un bersaglio a qualsiasi distanza con uno scarto di precisione minimo? E, tristemente, ciò si applica anche ai fucili a pompa – in compenso poco usati poiché lenti e perciò sovrastati da fucili d’assalto e mitragliette.

Classico, ma anche no

Un gioco dall’apparenza realistica che non ha nulla di realistico e che vorrebbe essere old-school senza riuscirci, eccetto per un aspetto: la grafica. Siamo nel 2014, un anno in cui, grazie alle nuove console, l’aspettativa verso la qualità visiva di un gioco è generalmente salita, e notoriamente gli sparatutto sono i primi a farsi carico di dimostrazioni. Va bene che stiamo parlando di un prodotto distribuito digitalmente per Xbox 360 e PC, e non certo frutto di una produzione milionaria, ma data la quantità di pubblicità che si è fatta questo gioco, (che peraltro supporta nativamente Twitch) e visto il suo prezzo, non possiamo certo di sorvolare: animazioni orribili, modelli poligonali poveri, effetti retrogradi, e una cura qualitativa talmente scadente che sarebbe risultato brutto persino anni fa. Inoltre, il motore grafico spesso e volentieri apporta carichi di lavoro ingiustificati al proprio PC.

Benzina sul fuoco

Fino a qua, abbiamo capito che Rekoil è: banale, fuori contesto, mal bilanciato, non bello da vedere, pesante. Ma si può cadere ancora più in basso. Gli sviluppatori, durante la produzione, devono proprio aver pensato continuamente a questa domanda: “come possiamo fare di peggio?”. E hanno trovato molte risposte: “rendiamo il gioco instabile causando frequenti crash dell’applicazione nel mezzo delle partite”, “implementiamo una chat interna che sfrutta direttamente la lista amici dell’utente Steam, ma senza distinguere i giocatori di Rekoil dagli altri”, “non mettiamo achievement o qualsiasi altri cosa che dia un pretesto per continuare a giocarci”, “non mettiamo la possibilità di settare filtri nell’elenco dei server”, e, più tragica di tutte, “dimentichiamoci i più banali accorgimenti di un qualsiasi sparatutto online, come ad esempio non rendere statici gli spawn point, così da far in modo che ogni giocatore si piazzi con un M60 in un angolo ad aspettare che gli avversari spuntino fuori davanti al suo mirino”.

Fallimento critico

De gustibus non est disputandum, ma per questo gioco non riusciamo davvero a pensare in che modo qualcuno possa gradirlo – e in effetti, sembra che nessuno lo gradisca. L’immagine con cui concludiamo l’articolo mostra praticamente l’intera lista dei server e la loro popolazione al momento della recensione, e vi assicuriamo che, anche nei momenti di maggiore affollamento, abbiamo faticato a vedere più di 20 persone online – in totale, non per server.
Rekoil fallisce in ogni suo aspetto, dal concetto di partenza alla realizzazione finale.

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