Resident Evil 6 – Recensione

Orfana ormai del suo storico creatore, la serie Resident Evil continua la propria evoluzione arrivando così alla sesta “incarnazione”. Impossibile chiedere a Capcom un ritorno alle origini, che da parte sua ha dedicato allo sviluppo di questo “nuovo” titolo un’ingente quantità di risorse.
Resident Evil 6 quindi non è il tanto agognato ritorno alle origini, quel survival horror che i fan di tutto il mondo stavano aspettando, ma dimostra di essere un valido action, probabilmente più affine ai gusti e alle esigenze del mercato del momento.

Il momento della verità

Il presidente in carica degli Stati Uniti d’America, Adam Benford, decide che è giunto il momento di rivelare al mondo la verità sull’incidente di Racoon City avvenuto quindici anni fa. Improvvisamente una misteriosa nuvola azzurra avvolge il campus universitario della città di Tall Oaks, luogo della conferenza, trasformando gli esseri viventi in zombie assetati di sangue. Leon Scott Kennedy sopravvissuto al disastro di Racoon City ed alle “Plagas” in Spagna, è ora di fronte ad una delle decisioni più difficili della sua vita: uccidere il presidente e amico, ormai infetto, e cercare il responsabile di questa nuova epidemia.
Come largamente anticipato nei nostri precedenti articoli, Resident Evil 6 è composto da tre campagne indipendenti e giocabili senza rispettare una sequenza predeterminata, campagne che non solo propongono allo spettatore differenti punti di vista, ma modificano l’approccio al gioco stesso. In questo modo, i percorsi dei nostri personaggi viaggiano su binari differenti, intrecciandosi però in particolari momenti chiave, delineando, a poco a poco, un quadro d’insieme che, seppur molto lineare, risulta essere di buon impatto.

Atmosfera lugubre, tra alti e bassi.

Resident Evil 6 è un gioco dalla doppia personalità: se da un lato esistono ambienti dall’atmosfera suggestiva e dal sapore horror che rendono onore a ciò che Resident Evil ha rappresentato, dall’altro stridono ambientazioni semplici e poco curate. Il tutto coronato da ottime sequenze animate che smorzano la tensione incastrandosi molto bene con il gameplay.
La campagna di Leon è quella che maggiormente ricorda i fasti della generazione passata, impossibile non rimanere affascinati dal livello ambientato nella metropolitana, dove le luci, rade ma potenti, proiettano sulle pareti del tunnel le ombre enormi degli infetti che ci corrono incontro. Quando la scena si sposta in spazi ampi, tutta la tensione e l’emozione che il campo chiuso riesce a trasmettere, di colpo spariscono e nonostante il colpo d’occhio, piacevole in più di un’occasione, si percepisce che qualcosa è venuto meno.
L’interazione ambientale resta il minimo sindacale: casse da rompere per recuperare munizioni ed erbe, leve e meccanismi da azionare e qualche elemento scenico che si rompe durante gli scontri.
Se il motore grafico e le animazioni si possono considerare di ottimo livello, non possiamo dire altrettanto del campo visivo, con il personaggio principale troppo grosso ed una visione troppo limitata che ci espone troppo spesso ad attacchi a sorpresa proveniente dai punti ciechi.

Molti punti di vista

Resident Evil continua il suo percorso evolutivo iniziato ormai sette anni fa con Resident Evil 4; non solo il suo gameplay è mutato rispetto ad un tempo, ma cambia anche in base alla campagna che stiamo affrontando. Vengono così sempre meno le meccaniche tipiche del genere “survival”, a favore di un’impostazione più action e meno ragionata, troviamo infatti sul nostro cammino pochi e banali enigmi da risolvere, mentre un inventario sufficientemente ampio non rappresenta di certo un problema. Se una volta si era costretti a studiare percorsi alternativi per risparmiare colpi ed affrontare i nemici con astuzia, adesso lo scontro è una necessità, in parte dovuta all’obbligo di dover eliminare tutti i nemici nella speranza del drop di munizioni o per ricevere oggetti o elementi chiave per passare all’area successiva. Come nel più recente ed ottimo Resident Evil: Revelations, è possibile sparare in movimento, in più, quasi a sottolineare ancor maggiormente il taglio “action”, e sarà persino possibile gettarci a terra e rotolare per schivare gli attacchi, sparando contemporaneamente al bersaglio. Se pensate che queste novità e la relativa abbondanza di munizioni rendano la vita più semplice, siete in errore; anche giocando a livello “principiante”, serviranno comunque un gran numero di colpi per abbattere il più debole dei nemici, obbligando molto spesso a ricorrere ad attacchi fisici ravvicinati, per economizzare le munizioni. L’abuso del corpo a corpo è stato comunque limitato con l’introduzione di una barra di resistenza che scende ogni qual volta il nostro personaggio usa degli attacchi fisici: il loro utilizzo perderà quindi efficacia, costringendoci ad allontanarci per riprendere fiato.
Nonostante gli ampi spazi e la grande varietà di location, sarà impossibile perdersi, grazie al  GPS che segnalerà costantemente il checkpoint successivo; premendo uno dei tasti dorsali, il nostro personaggio si posizionerà nella direzione giusta ed una freccia ci indicherà la strada da seguire. Indipendentemente dagli aiuti e dal tipo di gioco, le varietà di situazioni da affrontare sono oggettivamente il punto di forza di Resident Evil 6: con Leon il gameplay assume connotazioni horror, con pochi e statici nemici, ed ambientazioni buie e silenziose, viceversa con Chris sarà l’azione pura a tener banco, grazie ai J’avo, infetti rapidi e agguerriti, armati con armi a distanza. L’ultima campagna è quella di Jake Muller, volto “nuovo” della serie, e con lui  il gioco si fa più fisico, infatti è l’unico a possedere una maggior quantità di resistenza e quindi più indicato al combattimento corpo a corpo.
Infine, degne di note le boss fight; passiamo da nemici enormi e sorprendentemente coriacei, al fanservice di un Ustanak che non può non ricordare il temutissimo Nemesis del terzo capitolo.

Un film tutto da giocare

Come annunciato da Capcom stessa, anche questo nuovo Resident Evil gode della completa localizzazione in italiano, il doppiaggio é ottimo, quasi cinematografico, e conferma il grosso impiego di risorse stanziate per il progetto. Gli effetti sonori, specialmente nella campagna di Leon, giocano a favore dell’atmosfera horror, ci possiamo ritenere un po’ meno soddisfatti nelle prime missioni di Chris, dove il “volume” dei lamenti dei J’avo sono udibili anche a lunghe distanze, rivelando l’esatta posizione del nemico. La vena cinematografica del gioco viene evidenziata anche e soprattutto dalle spettacolari e rocambolesche scene animate (nelle quali spesso ci si chiede come possano i nostri eroi uscirne sempre senza un graffio) e dall’uso massiccio del "quick time event".

Se si ama, si gioca

Il vero punto di forza del gioco si conferma essere la durata del single player e la possibilità di condividere la partita in cooperativa con un amico, o semplicemente con altri giocatori del Playstation Network; il secondo giocatore potrà entrare ed uscire dalla partita in qualsiasi momento, sostituendosi al compagno controllato dall’IA.
Per completate il gioco impiegherete almeno 25 ore, tempo che sale inevitabilmente giocando a livelli di difficoltà più elevata. Terminato il gioco comparirà una nuova campagna da vivere nei panni di Ada Wong; questa nuova missione ci mostra il punto di vista della “criptica” protagonista, con un’impostazione nuova, orientata più verso il genere stealth.

Concludendo

Resident Evil 6 é un ottimo gioco, non sarà il “vecchio” Resident Evil, ma, come giusto che sia, un gioco moderno che, nonostante una trama poco articolata e priva di colpi di scena, si dimostra un ottimo titolo sotto tanti punti di vista  e che merita di essere giocato.
Le già conosciute modalità di gioco online “Mercenari” e la recente “Agente Hunt”, che permette di giocare nei panni di un infetto nella partita di altri giocatori, contribuiscono a rendere ancor più longevo un titolo che già solo in single player sarà in grado di tenervi impegnati per molte ore.

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