Resident Evil Archives: Resident Evil – Recensione Resident Evil Archives: Resident Evil

Nel 1996, Capcom, ritenuta da molti una casa tradizionalista e indissolubilmente legata a pochi brand di successo, stupì il mondo con una nuova e strana avventura: Biohazard. Il prodotto in questione apparteneva a un nuovo genere, definito dalla stessa Capcom "Survival Horror", e riscosse un successo strepitoso. Circa 5 anni e innumerevoli capitoli dopo, venne annunciato al mondo il remake di questo titolo. Il gioco avrebbe omaggiato il primo episodio, sfruttando tutta la potenza grafica del Gamecube. Dopo un’immensa mole di video che avevano causato diverse rotture di mascella alla moltitudine di fan della saga, in occasione del sesto anniversario della serie, Resident Evil Rebirth si piazzò sugli scaffali dei negozi di mezzo mondo. Sette anni dopo, vestito ed equipaggiato dal non tanto diverso nome originale, viene distribuito Resident Evil Archives per Wii. E’ cambiato qualcosa o è rimasto tutto come prima? Scopriamolo insieme.

Archiviare ma non buttare

La squadra S.T.A.R.S. atterra con il proprio elicottero nei pressi di una villa tra le montagne Arklay di Raccoon City per investigare su alcuni strani omicidi avvenuti nei pressi e recuperare la squadra Bravo, inviata per prima ad indagare sul caso ma misteriosamente scomparsa. Tuttavia alcune inquietanti presenze spingono il gruppo a barricarsi nella villa. Ma il vero incubo inizierà appena entrati in questa enorme e lussuosa dimora dai mille segreti. Nell’ormai lontano 2002, il remake del famoso Survival Horror uscito su Gamecube non riscosse il successo meritato, e gli unici ad essere a conoscenza di questo titolo erano soltanto i fan della saga e i fan Nintendo. Oggi, dopo anni dalla sua uscita, la madre Capcom ci ripropone questo prodotto (sottovalutato per la poca conoscenza) su Wii, sotto il nome di Resident Evil Archives: Resident Evil. Come già successo per il suo predecessore, Resident Evil 0, e il suo successore Resident Evil 4, anch’esso approda nel porto degli affari per poter finalmente sfondare nei cosiddetti "record d’incassi". Ma ecco che sorgono dei dubbi sul gameplay e su altro… Incominciamo nel dire che sotto l’aspetto "segreti, finali e documenti" non è cambiato niente di niente rispetto all’originale, quindi abbiamo a che fare con le stesse mappe, gli stessi luoghi, le stesse scene di narrazione e gli stessi segreti; purtroppo, va segnalato che non sono stati apportati nemmeno i miglioramenti che ci si poteva attendere sotto altri aspetti. L’obiettivo principale del titolo è quindi quello di far conoscere ai fan, ma anche ai nuovi arrivati, la bellezza claustrofobica del videogame in questione e dei suoi due successori, senza accennare agli ultimi capitoli, che possono essere definiti di genere diverso.

Stesso gameplay stesso capolavoro

Anche se la giocabilità old-gen per i nuovi arrivati potrà risultare ostica e preistorica (parlando di salvataggi con i nastri inchiostratori e difficoltà elevata nella sopravvivenza), con le poche e modeste modifiche apportate a questa versione (parlando del Wiimote), il pubblico sarà soddisfatto a dovere (sempre nei limiti). La sensazione di paura c’è ancora e si sente tutta grazie anche a piccoli particolari non realizzabili nel ’96. Ombre e riflessi sono sfruttati con maestria per dare avvisaglie del pericolo, e a concludere l’opera ci sono piccoli rumori e stacchi musicali realizzati ad hoc. Nonostante il gioco ci offra sempre la possibilità di percepire col dovuto anticipo l’approssimarsi di un nemico, il grado di difficoltà è in ogni caso molto elevato. Il livello hard popola la villa di anime vaganti in quantità industriali, dando quindi libero sfogo allo spirito guerrafondaio del giocatore (che deve però sempre tenere d’occhio la quantità di munizioni disponibili).

Un Resident Evil degno di questo nome

Il gioco sconvolge l’astante con una raffinatezza visiva, tendente al fotorealismo, mai riscontrata in passato. Il lavoro di redesign avvolge il giocatore negli ambienti ultra-definiti di questa nuova villa, mai così sontuosa come in questa edizione. Le inquadrature claustrofobiche risvegliano terrori sopiti ormai da anni. Ombre e luci filtrano attraverso le finestre animando i muri, mentre candele illuminano lo spazio distorcendolo con onde di aria calda. Insomma, nel 1996 potevamo solo immaginare la magnificenza della magione, ora è qui davanti ai nostri occhi; ma le sorprese non finiscono qui. Infatti, proprio quando il giocatore pensa di rivivere la stessa avventura di un tempo, si rende invece conto di un fatto strano: quella porta dietro il primo cadavere una volta non c’era! La villa ridisegnata offre infatti decine di nuove locazioni tutte da esplorare, che si integrano perfettamente al tessuto originale, così come i nuovi oggetti e i nuovi enigmi rivisti, ridisposti e riorganizzati. Tutte aggiunte che rispettano con fanatismo quasi religioso il titolo originale.

In conclusione

In conclusione, cosa dire di questo episodio (porting)? Mikami ha di certo imboccato la via più naturale per rendere omaggio al suo primogenito, e ha realizzato un’opera di grande valore che, anche se legata a meccaniche ormai vecchie, svolge alla perfezione la sua funzione: imprigionare il giocatore in un vortice di orrore e adrenalina e costringerlo a vivere quest’avventura dall’inizio alla fine.

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