Resident Evil: Operation Raccoon City – Recensione

Ben 16 anni di brand ormai utilizzato e rielaborato davvero in tutte le salse. È dal 1996 infatti che nomi come S.T.A.R.S. e Umbrella Corporation accompagnano le notti insonni di noi tutti videogiocatori. Come nel caso di altri brand celebri, spesso si cade del meccanismo dei reboot, remake, seguiti a non finire ma anche spin-off come nel caso specifico di Resident Evil. Resident Evil Operation Racoon City è infatti una produzione parallela legata al celeberrimo marchio Capcom, in grado di mitigare per qualche tempo gli appetiti degli appassionati già in trepidante attesa del sesto capitolo. I responsabili di questo titolo sono gli stessi personaggi dietro a titoli come Socom: Confrontation o Socom: Tactical Strike ossia i ragazzi di Slant Six Games. Va da sé che tutti coloro i quali si aspettavano un ritorno alle origini del survival horror per eccellenza anche in questo caso rimarranno delusi poichè Operation Racoon City è sostanzialmente un Third Person Shooter con una forte predilezione per le tattiche di squadra.


Ritorno a Racoon City

Il gioco, con un ribaltamento di ottica molto interessante, vi farà rivivere i momenti già visti nel celeberrimo secondo capitolo della serie ma questa volta dal punto di vista dei terribili agenti della Umbrella Corporation. La società infatti naviga in pessime acque per il clamore dovuto alle sperimentazioni del proprio virus finite totalmente fuori controllo. Il collasso finanziario per la casa farmaceutica è imminente e quindi l’unica soluzione per impedire ai media di scoprire le malefatte compiute a Racoon City è quella di cancellare qualsiasi traccia del proprio coinvolgimento nella vicenda. L’Umbrella Corporation decide così di mandare una squadra speciale, controllata da voi, per ripulire la scena del crimine. Inevitabile sarà quindi lo scontro con Leon Kennedy e Claire Redfield pur di recuperare tutti i campioni del potentissimo Virus G, mutazione del Virus T messa a punto dal dottor William Birkin. Le cose però non vanno come dovrebbero e il dottor Birkin si rifiuta di consegnare il virus dando vita così a un cataclismatico contagio aereo. Hunk e il resto della Umbrella Security Service, familiarmente definita il Branco, dovranno quindi letteralmente epurare la città a questo punto. Il gioco toccherà marginalmente quanto visto nel secondo capitolo per concentrarsi maggiormente sulle esperienze del Branco. Faremo quindi sì luce su alcuni aspetti misteriosi come la mutazione di Birkin o fatti legati ai Tyrant o Nemesis ma il tutto appare abbastanza in lontananza, soprattutto per via della natura shooter del gioco. Ritroveremo anche il mercenario Nicolai Ginovaef e Ada Wong, di cui potremo scoprire qualche ulteriore retroscena.


Molto piombo, poca paura

Il titolo, come già detto, ha poco a che vedere con i survival horror mentre invece è impostato sul modello di un TPS. Nella campagna principale avremo modo di controllare una squadra di quattro individui tutti armati fino ai denti. Il tutto è insaporito da un retrogusto lievemente rpg poiché avremo a disposizione sei classi differenti che potremo fare crescere grazie ai punti esperienza accumulati. Alcuni esempi: lo specialista in demolizioni Beltway, esperto in bombe e ordigni esplosivi, l’esperto in infiltrazioni Vector, maestro nel mimetizzarsi e nel vedere attraverso i muri o ancora la scienziata Four Eyes che, grazie alla sua pistola speciale, è in grado di addormentare i nemici o utilizzare il virus . Prima di ogni missione potremo scegliere classi e caratteristiche così come l’arsenale con cui affrontare la battaglia. I membri del team sono tutti ben caratterizzati e dotati di un forte carisma. La campagna principale è divisa in sette capitoli che vi terranno impegnati per una decina di ore in totale.


Eroi di Survivor

Il gioco nella forma ricorda molto Gears of War per il sistema di coperture e gli scontri a fuoco serratissimi, anche se le mosse elusive sono parecchio ridotte all’osso. Potremo giocare in cooperativa con altri tre utenti oppure affidarci alla IA del computer per aiutarci, anche se in più di un caso si è rivelata totalmente priva di spunti tattici e abbastanza deficitaria. I combattimenti che ci ritroveremo ad affrontare nel gioco sono sostanzialmente due ossia quelli contro gli zombie e quelli contro i soldati che sono accorsi sul luogo per indagare sull’accaduto. Una volta infettati dovremo trovare immediatamente un antidoto per scongiurare il gameover trasformandoci in zombie. Contro l’esercito dovremo invece sfruttare al meglio le coperture e approcciarci in maniera più discreta e stealth. Il ventaglio di nemici è comunque molto assortito e spazia dai Lickers, agli Hunters fino ai Crimson Heads e ai Tyrant. Sono presenti anche delle boss fight abbastanza ostiche, su tutte quella con Nemesis. Nel gioco sono presenti quattro modalità competitive inoltre che rendono il gioco molto interessante e avvincente. In Eroi dovremo cimentarci in un team deathmatch abbastanza canonico in cui dovremo uccidere i leader della fazione avversaria, rappresentati da personaggi classici della saga. Biohazard è invece una sorta di capture the flag con fiale di virus da riportare alla base come protagoniste principali. In essa così come nel Team Attack saranno presenti non solo zombie ma anche mutazioni più letali come gli Hunter ad ostacolare le nostre operazioni. In Survivor invece rivivremo le meccaniche dell’orda dove avremo sette minuti per raggiungere un elicottero difendendoci dagli attacchi dei nemici.


Che brutta cera che hai

Il gioco dal punto di vista tecnico si dimostra funzionale alla tipologia frenetica di gameplay proposta con una grafica fluida ma senza picchi di eccellenza. La modellazione poligonale dei personaggi è solida così come lo è il livello di dettaglio anche se nelle fasi più concitate l’engine fatica un po’. Altre pecche sono riscontrabili in alcuni difetti di collisione piuttosto evidenti, problemi di compenetrazione e animazioni a tratti legnose. La texturizzazione delle superfici è invece nel complesso buona. Ottima anche la gestione delle luci in grado di creare un’atmosfera di tensione quando necessario, in una Racoon City ricostruita fedelmente secondo quanto visto nel secondo capitolo. Il level design facilita l’approccio della tipologia di guerra a squadre con l’abolizione totale di labirinti angusti in favore di spazi aperti più adatti a sparatorie ad ampio raggio. L’ambiente però purtroppo è quasi totalmente indistruttibile. Buono il comparto sonoro con una colonna sonora ad alta tensione e un doppiaggio come sempre di primissimo livello con respiri affannosi o rantoli di zombie molto realistici.


Concludendo

Operazione nostalgia, seppure con una netta rivoluzione interna, a suo modo riuscita. Il gioco dà il meglio di sé in multiplayer e regala a tutti gli appassionati del franchise dejavu molto piacevoli, seppur con una visione completamente ribaltata. Un titolo che certamente non può essere giudicato come un survival horror poiché tale non è. I puristi sono avvertiti.

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