Rocksmith – Recensione Rocksmith

"Però sarebbe bello fosse con una chitarra vera". Questo è uno dei commenti più comuni tra gli utenti di uno qualsiasi dei giochi appartenenti al fenomeno Guitar Hero, la serie prima Harmonix poi Neversoft che ha rivoluzionato il mondo dei videogame musicali con l’innovazione dei controller a forma di strumenti musicali. La "chitarra" di Guitar Hero, diventata famosa con i suoi cinque bottoni colorati e un unico slider per simulare il tocco sulle corde, negli ultimi anni è stata raggiunta anche dalla batteria, molto più realistica nell’esperienza di gioco, molto più simile ad una batteria vera, ma nessuna delle due in ogni caso è riuscita a replicare fedelmente l’emozione di suonare un vero strumento, soprattutto in quegli appassionati già musicisti in grado di notare maggiormente le profonde differenze con i controller di gioco.

Ubisoft deve aver pensato la stessa cosa, e così ha annunciato Rocksmith, nuovo titolo musicale che punta a sostituire l’ormai ritiratosi Guitar Hero, in grado di supportare chitarre vere.
La notizia, che ha suscitato tanto entusiasmo quanto scetticismo, è stata confermata dal fatto che qualsiasi chitarra può essere collegata grazie ad un adattatore jack 6.35mm – USB (già incluso nella confezione), abolendo dunque qualsiasi possibilità di un controller creato ad hoc. Così il sogno di molti utenti potrebbe diventare realtà, ma per spazzare via i numerosi e ovvi dubbi legati a questa scelta bisogna toccare con mano. Guitar Hero e Rock Band rimangono pur sempre dei giochi, pensati e giocati come tali, mentre con Rocksmith ci si ritrova al confine tra videogame e scuola di musica/sala prove, con il rischio di non essere alla fine nessuno dei due. Idea geniale, dunque, o costosa utopia?

Cos’è un plettro?

Al di là dei brani presenti nel gioco, al di là dello stile dei menù o degli effetti sonori, il motivo per il quale Rocksmith è sotto i riflettori è senza dubbio il gameplay, con tutte le incertezze e le innovazioni legate ad una novità così incisiva come quella che rappresenta. La scommessa di Ubisoft viene infatti considerata un’arma a doppio taglio, in grado di consacrare il gioco in caso di successo o di inondarlo di critiche nel caso opposto.

Le prime domande riguardano ovviamente gli inesperti: molti videogiocatori non hanno mai suonato uno strumento, e Rocksmith richiede una chitarra vera per giocare. Pur apprezzando il conveniente bundle compreso di Epiphone Les Paul Jr., suonare un vero strumento non ha nulla a che vedere con Guitar Hero: a chi è rivolto dunque Rocksmith?
Ebbene, se avete voglia di sudare e magari farvi venire qualche callo alle dita, il titolo Ubisoft ha tutta l’aria di voler diventare quasi una scuola di musica, in grado di insegnare le basi, il tuning e le tecniche e di permettere la pratica necessaria per imparare a muoversi tra le sei corde.
Non un’impresa facile, ovvio, ma sicuramente il modo più divertente per un giocatore di imparare uno strumento.

Rocksmith però vuole rivolgersi anche a chi conosce già la chitarra, dare loro un’esperienza pro e permettere in pratica di trasformare la propria console in un amplificatore.
Ma Ubisoft come pensa di conciliare e rendere giocabile tutto questo? Se l’idea della corsia a scorrimento con le note sopra sembrava perfetta con un controller giocattolo, come poter rendere i vari tasti e corde quando praticamente sono il triplo con una chitarra vera?

Insomma, gli ingredienti che avrebbero fatto desistere non poche software house ci sono tutti, ma Ubisoft non si è fatta intimidire e ha continuato per la sua strada forte delle sue scelte.
A quanto pare i colpi di genio non sono un’esclusiva Harmonix-Neversoft, perché anche Ubisoft ha tirato fuori le idee giuste per rendere semplice ed efficace il sistema di gioco, senza rinunciare a nulla e anzi assicurando un’esperienza adatta a tutti gli utenti di qualsiasi livello, il che costituiva la sfida più grande da superare.

Innanzitutto la resa della scala della chitarra si evolve direttamente da quello che prima era la classica "corsia" colorata: le colonne aumentano tanti quanto sono i tasti e si estendono anche oltre lo schermo, mentre le corde si innalzano per cinque righe e prendono ognuna un colore diverso. 
La scelta, che può sembrare spaesante i primi minuti di gioco, si rivela in realtà perfetta: visivamente ci si abitua in fretta e diventa quasi naturale riconoscere e suonare le singole corde, mentre la pratica e la destrezza fanno il resto con i tasti; il gioco poi è in grado non solo di ricevere il suono, ma in caso di errore di comunicare visivamente dove si sta sbagliando, ovvero se ci si deve spostare di una corda più in su o se si sta premendo un tasto sbagliato. L’illuminazione delle colonne poi suggerisce la posizione delle quattro dita sul manico e come farle “scivolare” a seconda del tasto da premere.

Così una delle caratteristiche che doveva essere tra le più ostiche viene gestita con semplicità ma estrema efficacia, ponendo una base solida al gameplay, essenziale per far funzionare tutto il resto.

Brano fallito

Rocksmith non è un gioco vero e proprio. Se le corde colorate e le ambientazioni a video ricordano i precedenti rythm game di casa Neversoft e Harmonix, il sistema di gioco e la gestione della difficoltà spazzano via quel ricordo già nei primi minuti.
Quando si suona in Rocksmith non ci sono moltiplicatori, non ci sono extra, non c’è lo Star Power né il Rockometro: si suona e basta, il gioco non si interrompe, non si fallisce il brano, né si ottiene una valutazione in stelline. Esistono solo le note e i RockSmith Points (RSP), che si guadagnano suonando bene e a fine brano rappresentano l’effettiva bravura con quella traccia, utile per procedere con i concerti successivi.
Il guadagno degli RSP, però, si basa tutto su quello che può essere il punto di forza di Rocksmith: la difficoltà dinamica. Quando si inizia ogni brano il gioco propone solo una minima parte delle note reali, ma inanellando serie consecutive di note e frasi queste si fanno più complesse e numerose così da adattarsi alla propria destrezza e abilità; se poi è troppo e si inizia a non seguire più, allora l’IA fa un passo indietro e scende di difficoltà.

Grazie a questo sistema chiunque può fare la pratica necessaria e non deve preoccuparsi di livelli di difficoltà mal calibrati o troppo distanti tra loro. Se poi si aggiunge che ogni volta che si incontra una nuova tecnica è possibile passare all’esercizio per poterla capire e masterizzare al meglio ci si rende conto come anche chi non ha mai suonato una corda ha la possibilità di poter imparare non solo le basi ma anche qualcosa in più.

Realtà vs videogioco

Bisogna ammettere tuttavia che Rocksmith non può sostituire del tutto la classica e genuina scuola di chitarra. Per quanto le tecniche siano approfondite e le opzioni numerose, i video tutorial e gli esercizi non riescono ad eguagliare tutto quello che un maestro di musica può dare. Si tratta pur sempre di un “gioco”, appunto, e questo comporta che la meccanica da qualche parte sacrifichi qualcosa in favore della semplicità e dell’accessibilità.
E’ anche vero che così, in fin dei conti, si raggiunge forse l’equilibrio perfetto per conciliare gli interessi e le esigenze di videogiocatori e musicisti: una buona scuola o motivo per iniziare per i primi, un divertente metodo per provare ed esercitarsi per i secondi.
Questi ultimi infatti possono godere a maggior ragione dell’opzione AMP, che trasforma la propria console in un vero e proprio amplificatore, con tanto di effetti e pedaliere digitali, dando l’opportunità di provare a suonare quel che si vuole usando strumenti che altrimenti costerebbero una fortuna.
Dall’altro lato, invece, i videogiocatori possono dedicarsi a Guitarcade, un’intera sezioni di divertenti minigiochi che non solo richiedono l’uso della chitarra, ma sono anche studiati in modo da far esercitare contemporaneamente il videogiocatore: Ducks e SuperDucks, ad esempio, portano indirettamente a sviluppare un’ottima abilità di shifting per poter scivolare velocemente tra i vari tasti, e così via tutti gli altri, per un totale di otto minigiochi diversi.

Satisfaction

La colonna sonora costituisce un altro degli elementi più importanti di un rythm game, ovviamente, e su quest’aspetto Rocksmith non ha voluto rischiare proprio nulla. Era dai tempi di Guitar Hero 2 che non si vedeva una tracklist tanto rock quanto bella da suonare, con tutto il meglio degli anni ’60 e ’70 e del rock contemporaneo. The Black Keys, The Rolling Stones, Muse, Lynyrd Skynyrd, The Cure, Velvet Revolver e tanti altri, di tutto e di più e per tutti i gusti, per un miscuglio che forse non poteva essere migliore di così. Se poi si aggiunge che l’intero gioco supporta anche il basso (reale o in emulazione da chitarra) ci si rende conto di come anche la longevità sia di tutto rispetto, con oltre 50 canzoni già presenti e nuovi brani in uscita continua.
Per finire, basta invitare un amico, bassista o chitarrista, collegarlo alla console e andare in multiplayer (solo offline purtroppo) per potersi sentire anche parte di una band, alla quale aggiungere anche un cantante se dotati di microfono USB.

Gioco o non gioco?

Non è chiaro, non è facile da definire. Rocksmith è un gioco perché si trova sugli scaffali, perché funziona grazie ad una console e lo si gestisce attraverso un controller e uno schermo, però si propone come strumento che va oltre il puro intento ludico, come scommessa innovativa e un po’ azzardata che dà forma a una nuova “scuola di musica”. In un periodo dove la tecnologia prende sempre di più il sopravvento su tutto ciò che la circonda, l’opzione di veicolare la sana passione per la musica attraverso questo escamotage videoludico potrebbe anche rivelarsi geniale, a patto che nel giocatore esista già l’intenzione di intraprendere questa strada. Se a Rocksmith viene data una possibilità questa viene senza dubbio ripagata, ma bisogna anche darsi molto da fare, soffrire all’inizio e imparare con molta pratica e pazienza; in fin dei conti, non rende più facile imparare lo strumento, lo rende solo più accessibile.

Se quindi vi sentite dall’animo rock, ma non siete mai andati oltre il controller, Rocksmith è la soluzione per voi: tracklist eccellente, diverse modalità, tutorial su tutte le tecniche e gli accordi e una difficoltà dinamica che diventa la colonna portante dell’intero gameplay, semplice ma efficiente.

Se invece siete in cerca di un semplice gioco, o state aspettando solo un altro Guitar Hero, allora dimenticate quanto scritto sopra e passate avanti, qui c’è da sudare sul serio.

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