Shadow of the Tomb Raider – Recensione

Recensito su Xbox One X

Facile e comprensibile di questi tempi farsi rapire dall’hype per giochi particolarmente innovativi o originali, sia in ambito tripla A (Spider-Man per PS4 è un esempio) sia in quello indie (gemme come Dead Cells), magari dando per scontati o sottovalutando prodotti più “tradizionali” come Dragon Quest XI o persino questo Shadow of the Tomb Raider. Non potreste però fare errore peggiore perché, almeno nel caso di Lara, siamo probabilmente di fronte al miglior gioco della serie e senza molti dubbi la punta più alta raggiunta da questa nuova trilogia, che proprio con il titolo sviluppato questa volta da Eidos Montréal si chiude, lasciandoci il dubbio sul futuro dell’archeologa più carismatica del mondo.

Shadow of the Tomb Raider

Tomb Raider e Rise of the Tomb Raider sono stati due buonissimi, se non addirittura ottimi, videogiochi. Il lavoro di Crystal Dynamics, con evidente (e reciproca) ispirazione dalla serie Uncharted per riportare un brand così storico alla ribalta del videoludo moderno è stato davvero commendevole. Questo nuovo corso di Tomb Raider offre un gameplay esplosivo tra esplorazione e combattimenti, un comparto tecnico solitamente di alto livello e ambientazioni evocative, creando un mix adrenalinico ed estremamente divertente. C’è però sempre stato un punto assai debole prima di Shadow of the Tomb Raider: la storia e il supporting cast. Anche da amanti della serie, facciamo fatica a ricordare elementi della trama se non i più generici dei giochi passati, così come i dimenticabili personaggi, spesso riconosciuti come “quel tizio” o “il cattivone”. Certo, Lara ha avuto un’evoluzione notevole in questa sua origin story ed è indubbiamente caratterizzata benissimo, ma il contorno alle sue piroette ha sempre lasciato un po’ a desiderare. Ed è già questo il primo elemento dove Shadow of the Tomb Raider si staglia nettamente sui suoi predecessori.

Un’apocalisse peruviana

Dopo le vicende siberiane, Lara si ritrova di nuovo a fare i conti con la Trinità, questa volta nelle lussureggianti foreste del Sud America. Proprio durante una delle sue classiche escursioni alla ricerca di reperti storici, la nostra eroina (recentemente tornata protagonista anche sul grande schermo) si imbatte in un misterioso e bellissimo pugnale accompagnato da una serie di criptici messaggi lasciati dalle civiltà precolombiane. Quello che non sa è che, rimuovendo l’arma dal suo alloggiamento, scatenerà una vera e propria apocalisse, mettendo in pericolo la vita di milioni di persone; la stessa apocalisse che proprio la Trinità vorrebbe facilitare. In quel momento, messa di fronte alle conseguenze delle sue azioni, Lara comincia a perdere contatto con i suoi valori, addossandosi non solo la colpa dell’avvenuto, ma anche la responsabilità unica di sistemare le cose: una tomb raider egocentrica ed egoista che certamente cozza con il personaggio che abbiamo imparato ad amare.

Shadow of the Tomb Raider

Come succedeva in particolare nel primo episodio della trilogia, dove da ragazzina ribelle la Croft si trasformava gradualmente in archeologa dal grilletto facile, anche in Shadow of the Tomb Raider, seguendo l’interessante storia tra la natura incontaminata del Perù, Lara intraprenderà una crescita morale e caratteriale, tuttavia non senza sorprese: ora ogni sua mossa è controllata dal preoccupato Jonah (solo rimasto del cast di supporto del primo titolo), unico baluardo tra lei e un futuro da fuorilegge, piuttosto che da eroina. Saranno le relazioni interpersonali e la gente che incontrerà sul percorso a plasmare la sua storia, senza farci mancare nella storia qualche omaggio messo lì per i fan di lunga data.

Welcome to Paititi

E qui ci colleghiamo appunto a una delle più grandi novità di Shadow of the Tomb Raider, e anche uno degli elementi che rendono il gioco più empatico e completo: le missioni secondarie. Durante la storia Lara si imbatterà in tre hub, tre insediamenti umani di dimensioni variabili, all’interno dei quali passerà una buona dose di tempo. Non saranno solo scuse per proseguire la trama, raccogliere qualche collectible o incontrare personaggi chiave per lo sviluppo dell’intreccio, bensì il luogo ideale dove Lara potrà avere contatti con le persone del luogo, conoscerle, comprendere i loro problemi e aiutarle in prima persona. Per la prima volta nella serie si potrà parlare con gli NPC, dai quali apprendere di tesori nascosti o segreti o persino di missioni secondarie.

Sebbene siano una manciata in tutto il gioco, le side quest di Shadow of the Tomb Raider sono un’aggiunta naturale alla formula del titolo e uno dei punti più convincenti del prodotto. Non si tratta infatti di dimenticabili “fetch quest” o di risolvere gli stupidi problemi degli abitanti, bensì ognuna di esse ci permetterà di scoprire di più su quelle popolazioni e sull’avventura in generale, guadagnando allo stesso tempo utili equipaggiamenti (oltre all’ormai classico albero delle abilità e alle armi potenziabili, in Shadow saranno fondamentali i costumi di Lara, dotati di abilità passive e strumentali anche alla narrazione in alcuni casi). La maggior parte di queste piccole trame nella trama si concentrerà nella città di Paititi, l’hub più grande mai realizzato in un gioco di Tomb Raider e davvero un sorprendente coacervo di contenuti che dopo pochi minuti potrete chiamare casa.

Shadow of the Tomb Raider

Subbacqui! (vediamo chi capisce la citazione)

Un altro luogo dove passerete molto tempo durante Shadow of the Tomb Raider sarà senza dubbio il fondale marino. Per questo capitolo infatti gli sviluppatori hanno posto l’accento sull’esplorazione subacquea, con intere sezioni dei macro-livelli (il gioco non è open world nel senso stretto del termine) dove nuotare e cercare tesori, senza dimenticare il provare a salvarsi la pellaccia dalla mancanza d’aria, dalle terribili murene o dai piraña, che ci hanno tanto ricordato Tomb Raider III. Oltre ad aggiungere tutta un’altra profondità (ahah, ndr) alle aree di gioco, bisogna dare atto a Eidos di essere riuscita a integrare bene animazioni e controlli sott’acqua, una delle azioni che da sempre l’industria videoludica fatica a replicare.

A parte questa aggiunta, se vogliamo, le meccaniche di gameplay sono rimaste pressoché invariate rispetto ai giochi precedenti, il che sicuramente non è un male, ma forse si tratta anche dell’unico possibile difetto di Shadow of the Tomb Raider, se consideriamo anche che molte delle animazioni – dalla qualità altalenante – non hanno subito variazioni. Questo non toglie nulla a una giocabilità che “funziona”, e anche bene, ma non può bastare la possibilità di calarsi con una corda dalle pareti (similmente a quanto introdotto in Uncharted 4 da Naughty Dog) per toglierci la sensazione sottile di dejà vu dalla testa.

Shadow of the Tomb Raider

Fortunatamente però, dove Eidos Montréal ha eccelso nel suo lavoro è il miglioramento del ritmo e della suddivisione delle fasi di gioco tra esplorazione, enigmi e combattimenti, uno dei punti che avevano fatto storcere il naso a molti appassionati della serie negli ultimi due giochi. In Shadow of the Tomb Raider c’è un netto ritorno alla tradizione del brand: gli scontri a fuoco sono concentrati in alcune sezioni ben individuabili e dalla durata molto minore rispetto a prima e il resto del tempo invece lo si passerà dove Tomb Raider ha fatto la storia, ovverosia nella ricerca di anfratti da esplorare o della soluzione degli ottimi enigmi contenuti nelle numerose nuove tombe e cripte contenute nel gioco. In Tomb Raider non ci sono mai state così tante tombe e proprio all’interno di queste troveremo alcuni degli enigmi e degli scorci migliori.

Wow. Such Jungle. Very foliage. Many Croft. So impressive.

Siccome anche l’occhio vuole la sua parte, non possiamo che non spendere qualche riga sul maestoso comparto grafico e artistico, particolarmente evidente nella nostra prova su Xbox One X, dove il gioco si presenta in 4K nativi + HDR. Abbandonate le nevi di Rise of the Tomb Raider, il team di sviluppo si è potuto scatenare nella sua realizzazione sia della rigogliosa vegetazione della giungla sudamericana, sia nelle incredibili e dettagliatissime architetture pre-colombiane che spuntano tra le fronde. Il livello di modelli poligonali e texture è impressionante (non ci sono piaciuti solo alcuni dei modelli umani, i quali inoltre si ripetono su più personaggi in maniera un po’ ridicola), così come la gestione dei fluidi – così centrale in questo progetto – e l’illuminazione dinamica. Le prestazioni sono inoltre più che buone e consistenti per l’interezza dell’avventura, a parte qualche sporadico calo in presenza di fiamme e leggero screen tearing.

Il tutto, come detto, disponibile anche in 4K su Xbox One X, a 30fps; per chi invece preferisse dare precedenza al gameplay e al frame-rate, sempre sull’ammiraglia di casa Microsoft si potrà cambiare in qualsiasi momento a una modalità a 1080p e 60fps (noi abbiamo cambiato al volo quando dovevamo affrontare degli scontri a fuoco per esempio).

Shadow of the Tomb Raider

Shadow of the Tomb Raider risulta il più curato, il più completo, il più coerente e, allo stesso tempo, il più spettacolare gioco della trilogia. Le paure riguardo al cambio di team, dallo storico Crystal Dynamics a Eidos Montréal, si sono rivelate assolutamente infondate. Le venti ore circa che vi serviranno per portare a terminare la storia di Lara in Sud America saranno tra le più intense ed emozionanti – oltre visivamente appaganti – che abbiate mai vissuto in un videogame e la dimostrazione di quanto sia cresciuto il nostro passatempo preferito dall’esordio di Lara Croft nell’ormai lontanissimo 1996.

9

Pro

  • L’esplorazione subacquea aggiunge tantissimo
  • Visivamente curatissimo e spettacolare
  • Storia e personaggi finalmente interessanti

Contro

  • Il gameplay non evolve troppo
Vai alla scheda di Shadow of the Tomb Raider
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