Star Ocean: Integrity and Faithlessness – Recensione

Ci sono formule precise, archetipi e stereotipi sacri che hanno dato origine, forma e fortuna a quel genere complesso ed eclettico che è il role playing game. Cosa succede dunque se prendiamo quella ricetta e, inserita in una macchina del tempo, la spediamo ai giorni nostri? Con i dovuti accorgimenti e con le potenzialità dell’era videoludica “moderna”, inaccessibili in passato, sulla carta il piatto non può che essere vincente. E la saga di Star Ocean, si sa, ha tutti gli ingredienti necessari. Personaggi virtuosi e ben caratterizzati, trame interessanti che anche quando non eccelse sanno fare della dicotomia fantasy e sci-fi un punto di forza, un gameplay innovativo e votato all’azione senza precedenti. Insomma, a sette anni dall’uscita di Star Ocean: The Last Hope tutto, ma proprio tutto, lasciava presagire a un ritorno in grande stile. Cosa è andato storto nella macchina del tempo dei ragazzi di Tri-Ace?

Star Ocean: Integrity and Faithlessness copre l’arco narrativo compreso tra Star Ocean: The Second Story, uscito nel lontano 1998 e Star Ocean: Till the End of Time, che vide luce in Europa il 1 ottobre del 2004. Il pianeta sottosviluppato di turno è Faykreed, 6000 anni luce dalla Terra. Il nostro ardito protagonista, Fidel Camuze, un anonimo spadaccino del villaggio di Stahl e pronto a tutto per difendere dalle truppe delle nazioni nemiche che avanzano la propria terra natia in guerra. Ben presto quella che sembra la più classica della ambientazioni fantasy (a meno che non siate fan della saga e abbiate giocato a qualche capitolo precedente)  prende una piega stravolgente e inaspettata: il contatto con altre civiltà “aliene” e tecnologicamente super avanzate spalancherà le porte a quelle che dovrebbero essere una serie infinita di epiche avventure intergalattiche.

Basteranno inoltre un paio di ore di gioco per venire a conoscenza di tutti i nostri compagni d’avventura. Nonostante ognuno di loro vesta l’abito stereotipato, trito e ritrito dei personaggi jrpg di vecchio stampo, di per sé il gruppo eterogeneo e variopinto avrebbe potuto offrire scenari e sviluppi interessanti: troviamo sin dalle prime fasi di gioco Miki, amica d’infanzia del protagonista, animo gentile e altruista, una delle poche persone con poteri curativi nel villaggio di Sthal. Victor, fedele e risoluto soldato dell’impero di Resulia, patria dei nostri beniamini. Fiore, una delle maghe più dotte del pianeta con una passione per gli abiti a dir poco succinti. Emmerson e Anne, capitano don Giovanni di aeronavi e amante del buon vino il primo, feroce sottoposta dallo sguardo di ghiaccio ma dal cuore che si scioglie davanti a un gattino la seconda. E poi abbiamo Relia, figura attorno alla quale ruota tutto il fulcro narrativo dell’ultimo capitolo di Tri-Ace: a Fidel e compagni il compito di scoprire passato, presente e futuro della misteriosa ragazza senza memoria, dai poteri fenomenali e apparsa apparentemente dal nulla.

Quelle che potevano essere premesse di tutto rispetto, nella pratica si rivelano tuttavia aride e al di sotto delle aspettative: la matassa della trama si sviluppa seguendo i più prevedibili dei cliché, anni luce dalla più flebile fiamma di un qualsivoglia plot twist o deriva a sorpresa. Da inizio a fine seguiremo le vicende senza il minimo coinvolgimento, raggiungendo l’epilogo di un’avventura che vede partecipi personaggi che difficilmente riusciranno nell’intento di costruire quel ponte emotivo col videogiocatore tipico di tante produzioni passate e più recenti tra gli rpg.

A completare una storia scialba fanno da sfondo le ambientazioni che in passato sono riuscite a fare la fortuna della saga: dove le distese fantasy un tempo facevano correre la nostra immaginazione e le navi spaziali i brividi lungo la schiena, in Star Ocean: Integrity and Faithlessness di tutto ciò rimane solo un pallido ricordo. Tecnicamente scarso, non solo la grafica quasi old gen non ha nulla da aggiungere al gioco, ma la resa dei fondali (soprattutto quelli delle ambientazioni  fantasy o prettamente naturalistiche) è dettata da pochissimi poligoni ripetitivi e mai originali. In qualche modo migliore è la resa grafica del comparto sci-fi del titolo: navicelle spaziali e città futuristiche risultano  sufficientemente godibili, con interni più dettagliati anche quando ripetitivi. Buono invece il design dei personaggi, colorati e che ben si amalgamano con l’universo (o, nel caso di Star Ocean, gli universi) di gioco: in un mondo che dopo pochi minuti saprà di già visto i nostri personaggi non esitano a dominare lo schermo A bilanciare il colpo inflitto all’occhio, ci pensa però il sonoro: traccie e soundtrack evocative e solenni ci accompagneranno anche nella più semplice fase esplorativa del titolo, senza mai annoiare di battaglia in battaglia. Dove Star Ocean: The Last Hope aveva indubbiamente fallito col doppiaggio, (al punto da includere nella successiva versione International l’originale giapponese) Integrity and Faithlessness centra il bersaglio con un doppiaggio (esclusivamente in inglese, come da copione per Tri-Ace) e sottotitoli di buona fattura.

Dimenticatevi dunque pianeti inesplorati, galassie da visitare e civiltà da affrontare: l’intero gioco contro ogni logica offre esclusivamente un unico pianeta da esplorare, tradendo la promessa implicita di un gioco che non a caso di nome fa Star Ocean. Ci troveremo per una ventina circa di ore a ripercorrere in ogni direzione più e più volte la stessa manciata di mappe, affrontando gli stessi nemici (dal fastidiosissimo respawn fisso, tanto sulle precise coordinate della mappa quanto per tipologia e quantità da affrontare) nel tentativo di giungere alla prossima destinazione o più probabilmente di raggiungere un punto di salvataggio. Perchè la macchina del tempo di Tri-Ace ha deciso di includere nel suo “viaggio della nostalgia” una delle caratteristiche degli rpg più datati: la possibilità di salvare i progressi di gioco esclusivamente nei punti riservati a tale scopo. Una soluzione discutibile ma che avrebbe potuto aggiungere un po’ di adrenalina all’esplorazione: risultato della dislocazione assolutamente impratica dei punti di salvataggio sarà invece quello di dover affrontare nuovamente una miriade di nemici secondari (e in alcuni casi boss già sconfitti) dopo aver per l’ennesima volta riascoltato i dialoghi che fanno da intermezzo alle varie scene, mai e in nessun modo skippabili.

Fortunatamente, quando non staremo correndo a vuoto o ripercorrendo una mappa appena esplorata a ritroso, saremo impegnati nei combattimenti: ed è proprio nel gameplay che risiede la vera forza di Star Ocean: Integrity and Faithlessness. I personaggi giocabili col proseguire del gioco arriveranno a essere sette: tutti prenderanno parte contemporaneamente alla battaglia e potremo a nostro piacimento e in qualsiasi momento passare da uno all’altro fornendo comandi personalizzati in base alle attitudini del combattente o allo stato della battaglia. Ogni personaggio potrà inserire tra i preset per il combattimento corpo a corpo e per quello sulla distanza un attacco leggero e uno potente. Seguendo il sistema carta, forbice, sasso della morra cinese danzeremo sul campo di battaglia: l’attacco leggero interromperà l’attacco potente avversario, quello potente sfonderà la guardia tanto dei nemici mentre la guardia (ottenuta con la pressione del tasto quadrato e corrispondente a una parata) vanificherà gli attacchi leggeri e permetterà il contrattacco. Ognuno dei personaggi giocabili è a grandi linee definito in combattimento: avremo la maga d’attacco e quella di difesa, l’attaccante melee, quello dalla distanza e così via, ognuno con magie o abilità personalizzabili e acquisibili tramite manuali sparsi nel mondo di gioco.

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A donare tatticità e profondità a un gioco dalla marcata componente action giunge, gradito, un nuovo sistema di gestione e controllo dell’IA dei personaggi che non stiamo usando in battaglia in prima persona. Lontani parenti dei gambit di Final Fantasy XII, ai Ruoli spetterà il compito di specializzare la natura e il comportamento in battaglia di ciascun combattente. Acquisibili spendendo punti ottenuti a seguito della vittoria in battaglia, ne troveremo a decine: ogni ruolo base, dall’attaccante al guaritore, passando per il paladino o mago nero dona al personaggio uno schema di comandi che l’IA del gioco seguirà durante le battaglie. Più punti investiremo in un ruolo, maggiori ruoli a essi connessi, affini e/o complementari potremo ottenere: è facile dunque intuire la natura volutamente al grind del gioco. Se tra una marcia e l’altra avremo la pazienza di investire tempo a sufficienza in battaglie e sviluppo dei ruoli, il risultato sarà devastante: un party bilanciato e addestrato sarà un vero piacere da gestire, soprattutto quando avremo a disposizione un numero ridotto di personaggi. Quando ci troveremo a dover gestire 6 o più personaggi in una piccola stanza o un in ristretto scompartimento di una astronave, il risultato sarà sempre lo stesso: ci ritroveremo a spammare il più forte attacco di Fidel in una marea confusionaria di colpi, parate e magie, dove attacchi nemici e alleati si sovrappongono minando e vanificando la più accurata delle strategie. Di tanto in tanto potremo avvalerci di un attacco speciale, il Reserve Rush, sprigionando attraverso un personaggio a nostra scelta tutta l’energia accumulata in un’apposita barra attraverso l’uso intelligente del sistema a morra cinese di cui abbiamo già parlato: non solo il risultato sarà devastante, ma addirittura determinante nelle battaglie più ardue, a patto di averla ricaricata a dovere e in tempo. Ma non cantate vittoria, perchè la scarsa IA dei nemici e in alcuni casi dei nostri alleati potrebbe ancora cogliervi in fallo quando nonostante tutte le vostre precauzioni e l’impostazione di un intero party di tank il boss di turno se la prenderà inesorabilmente proprio col personaggio da difendere e dalla cui morte dipenderà il game Over. Uomo avvisato.

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Con gli stessi punti acquisiti dalla sconfitta dei nemici potremo acquistare, una volte ottenute progredendo di livello o con la trama, determinate abilità “passive” come la possibilità di visualizzare gli scrigni del tesoro sulla mappa o le opzioni di crafting e gathering. Nelle varie aree di gioco potremo raccogliere diversi tipi di risorse da investire nella creazione di ricette curative, di attacco o supporto, ma anche armi, equipaggiamento o accessori. In ognuna delle città visitabili sarà inoltre presente una bacheca in cui accedere a una serie di missioni secondarie: ciò nonostante la corsa all’ennesimo ciuffo d’erba o minerale, la battaglia contro tot nemici o il backtrace di un particolare personaggio nulla aggiunge all’esperienza di gioco se non ulteriori ore di corsa per le spoglie mappe imparate a memoria già alla prima visita.

Caratteristica della saga, tornano in Star Ocean: Integrity and Faithlessness  le Private Actions. In ogni città e ripetutamente durante il proseguire della trama sarà possibile accedere ad aree dedite all’attivazione e sviluppo delle PA, dialoghi di intermezzo tra Fidel e i propri compagni atte ad approfondirne la relazione. Spesso sarà sufficiente ascoltare qualche riga di dialogo spoglia e superflua per completare l’azione, più raramente potremo interagire scegliendo una tra le risposte proposte. La meccanicità del sistema però, unitamente ai temi superficiali delle Private Actions, fallisce nel proporre quella che poteva essere una buona alternativa di sviluppo di simpatie e affetti tra i personaggi che la trama principale trascura apertamente.

Se siete fan sfegatati della serie Star Ocean e pronti a sacrificare qualche caldo pomeriggio estivo scorrazzando tra le mappe di Faykreed, se non siete allergici ai cliché e se non date troppo peso allo sviluppo narrativo, allora Integrity and Faithlessness è un prodotto che saprà regalarvi ore di divertimento con un gameplay dinamico, fluido, profondo e infinitamente personalizzabile. Ne apprezzerete il buon character design e il sonoro impeccabile. Ma se quello che vi aspettate è un nuovo epico capitolo di una saga cardine del genere, allora guardate altrove. Star Ocean: Integrity and Faithlessness ha dalla sua molte premesse positive e qualche idea che centra il bersaglio, ma nel complesso offre una esperienza tecnicamente troppo datata e colma di sviste e imprecisioni ardue da digerire per i più esigenti tra i palati. Il risultato è quello di un prodotto piacevole, un titolo solido che però manca del restauro di alcune di quelle dinamiche old school a cui Tri-Ace non ha saputo resistere.

6.5

Pro

  • Gameplay fluido e dinamico, altamente personalizzabile
  • Sonoro sopra le righe
  • Design e modelli dei personaggi

Contro

  • Tecnicamente e graficamente datato
  • Trama lineare e poco incisiva
  • Eccessivo backtracking sin dalle prime fasi di gioco
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