The Witcher 3: Wild Hunt – Hands On

Se per i giochi di ruolo occidentali il 2014 è stato l’anno di Dragon Age: Inquisition, non abbiamo dubbi che il 2015 vedrà The Witcher 3: Wild Hunt ergersi al centro delle attenzioni. La differenza sostanziale tra i due titoli citati è che l’ultima fatica di CD Projekt Red potrebbe rivelarsi non solo il gioco di ruolo dell’anno, ma anche il gioco dell’anno stesso – una previsione che era già nata dopo averlo visto in azione durante E3 2013 e Gamescom 2014, e che, dopo aver finalmente potuto metterci le mani in prima persona, non fa altro che apparire più realistica.

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The Witcher 3 si prospetta il miglior gioco dell’anno e il miglior gioco su The Witcher prodotto finora per tutti i motivi che avevamo già elencato in passato: un mondo da esplorare enorme e ricco di contenuti, dinamiche di gioco più interattive del passato e che non temono la concorrenza, una qualità grafica impressionante accompagnata da un’altrettanto impressionante profondità artistica e, ultimo ma non meno importante, una trama complessa e strettamente legata ai libri di Andrzej Sapkowski. Questo è ciò che è emerso anche dalla prova odierna, avvenuta sia su PC che su Xbox One, ed è stata introdotta e guidata da Damien Monnier e Alexandre Boiret, rispettivamente Senior Gameplay Designer e Localization Coordinator della software house polacca.
La demo provata è basata su una build del gioco risalente a gennaio e del quale è già reso pubblico un video (reperibile qui), e che non si discosta troppo dal precedente video gameplay di agosto (visibile qui), pertanto, invece di cercare di descrivere eccessivamente quello che si può intuire guardando i filmati, cercheremo di approfondire ciò che ancora non sapevamo del gioco e i dettagli meno evidenti.
La prova si divide in due parti: una ambientata a circa un terzo del gioco e l’altra rappresentante l’intero prologo dell’avventura, ed è di quest’ultima parte che scriveremo maggiormente.

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Il gioco prende piede all’interno di un sogno di Geralt di Rivia, iconico protagonista della serie, e funge da tutorial per il giocatore, nonché come un flashback utile a rendere più chiara la storia di The Witcher a chi non ha mai provato un titolo della serie – senza disdegnare una “sorpresa” (notare bene il termine) riservata ai lettori dei libri. Superato il tutorial/sogno, prendono piede le vicende del gioco vero e proprio in compagnia di Vezemir, mentore del protagonista, con una missione che si attendeva sin dal primo episodio della serie e ampiamente anticipata dai trailer: trovare Yennefer di Vengerberg, la maga al centro delle attenzioni romantiche (e corrisposte) di Geralt. La ricerca prende piede in un villaggio nel territorio di Vizima, martoriato dalla guerra contro l’impero di Nilfgaard (scaturita dopo gli eventi di The Witcher 2), dove il giocatore dovrà raccogliere informazioni sulla possibile posizione della maga, e – come è lecito attendersi – ciò avrà un prezzo: eliminare la creatura che sta uccidendo abitanti e soldati del villaggio.

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Evitando di rivelare troppo sulla narrazione, parliamo degli elementi che abbiamo finalmente potuto constatare con mano. L’ambientazione in aperta campagna è in grado di dare una grande panoramica delle potenzialità del titolo, con particolare riferimento non solo alla vastità dello scenario, ma anche alla quantità di vita che lo popola: tutti i personaggi e le creature che si incontrano sono intenti a svolgere i loro compiti, i loro percorsi e le loro battaglie in modo totalmente indipendentemente dal giocatore – sinché questi non interferisce.
Da vissuti giocatori di titoli open world, abbiamo voluto subito verificare le reazioni al comportamento negativo: non è possibile attaccare indiscriminatamente ogni personaggio, in quanto il tentativo di attacco viene fermato dal gioco stesso. Questo, così come sfoderare le armi, porta alla reazione prima verbale e poi fisica dei provocati, i quali diventeranno attaccabili solo a partire da quel momento. L’azione è fortemente sconsigliata, poiché il livello di guardie e soldati di solito è sufficientemente alto da rendere lo scontro impossibile per il giocatore. Per i giocatori di Skyrim, rendiamo noto che anche in questo titolo uccidere animali domestici scatena le ire degli abitanti – con la differenza che l’inseguimento non coinvolge l’intero villaggio e le guardie dimenticano presto il comportamento negativo. Inoltre, nessun personaggio importante può essere in qualche modo attaccato o tanto meno ucciso; parafrasando le parole di Alexandre, “non si può rompere la storia”.

Non essendo in grado di mandare all’aria la trama, abbiamo provato col sistema di gioco: da insolenti e con un futuro da beta tester abbiamo provato ad andare in ogni luogo sfruttando le nuove capacità di Geralt, il quale non è più ancorato al terreno come i precedenti episodi, ma in grado di scattare, saltare, nuotare, galoppare e tante altre cose. L’implementazione è ben riuscita: sebbene non manchino buffe situazioni in cui il personaggio finisce incastrato o si ritrova a scalare pendii, nella maggior parte dei casi il personaggio reagisce realisticamente agli ostacoli e al terreno che affronta, arrampicandosi sulle sporgenze, scavalcando le staccionate, trascinandosi pesantemente nell’acqua alta, e via discorrendo.

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Abbiamo parlato del grado di libertà di interazione con l’ambiente e di come provocare l’intelligenza artificiale del gioco, ma non di come funziona il combattimento. Come nei precedenti giochi, le capacità combattive di Geralt sono saldamente legate alla sua rappresentazione nei libri originali, pertanto egli combatte avvalendosi di due spade (una di acciaio per gli umani, una d’argento per i mostri), dei suoi poteri di supporto detti “segni”, e delle pozioni, che al contrario di qualsiasi altro gioco fantasy qui ricoprono un ruolo fondamentale negli scontri più difficili. Dal primo The Witcher la serie ha preso progressivamente una svolta decisamente action, permettendo di controllare in modo sempre più diretto ogni movimento durante il combattimento, che vedono assegnati al controller (unica periferica da noi provata e configurata allo stesso modo sia su PC che su console) tasti di scelta rapida per ogni azione di Geralt. In questo gioco si assiste per la prima volta all’introduzione delle armi a distanza, rappresentate da un’utile balestra. Quest’arma permette non solo un supporto in più nei combattimenti, ma anche di atterrare creature volanti, disarcionare nemici a cavallo, e combattere sott’acqua.

Anche questa volta, lo sviluppo del personaggio è stato completamente rivisto: ogni volta che Geralt sale di livello guadagna punti che può spendere in cinque rami di talenti, divisi tra “combattimento”, “segni”, “alchimia”, “abilità” e “mutageni”. Ognuno di questi rami ha al suo interno molti talenti specifici da sbloccare, e a loro volta sono dotati di più livelli di potenziamento. La cosa particolare è che per rendere attivi i talenti occorre assegnarli all’interno di un gruppo di slot. Questi ultimi tanti quanti i talenti attivi totali, ovvero dodici, ma sono suddivisi in quattro blocchi che vengono resi disponibili uno a uno nel corso dell’avventura. Inoltre, ogni blocco ha a disposizione anche uno slot per i mutageni. Utilizzare abilità dello stesso ramo in ogni blocco fornirà un bonus generale a tutte le abilità coinvolte, spingendo il giocatore a optare per una specializzazione delle capacità di Geralt invece di contare su un po’ di tutto. Nonostante ciò, gli sviluppatori ci hanno confermato la presenza di una pozione all’interno del gioco in grado di riassegnare a Geralt tutti i punti spesi e riassegnarli, anche se non è noto quante volte ciò sia possibile.

Un altra variazione riguarda l’inventario: non esiste più un baule “magico” dove inserire tutti gli oggetti in eccesso all’interno delle aree di gioco, e il giocatore deve accontentarsi di gestire ciò che possiede nel limite di peso e spazio del protagonista, con in più la possibilità di caricare gli eccessi nelle sacche di Rutilia, il cavallo a disposizione – altra novità della serie. Il cavallo potrà essere sempre richiamato, ed è possibile usarlo anche in combattimento, sebbene sia presente un indicatore di panico che lo fa scappare quando si riempie.
Pressoché invariati rimango invece i sistemi di alchimia e creazione di armi: occorrono formule e schemi per produrre rispettivamente pozioni, bombe, armature e armi, e se le prime due possono essere prodotte in autonomia, per le altre occorrerà rivolgersi agli opportuni fabbri.

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Che la resa grafica del gioco sarebbe stata da capolavoro era evidente, ma vederla in azione di persona è tutta un’altra storia: The Witcher 3 si conferma senza dubbio un titolo impressionante, in particolar modo su PC. Non abbiamo un’idea precisa dell’hardware delle piattaforme a disposizione, se non che al loro interno era presente una scheda Nvidia GTX 980, in grado di far girare il titolo all’estremo di ogni caratteristica senza il minimo rallentamento di sorta, mettendo in luce tutte le cose belle del motore grafico: moltissimi effetti grafici che aggiungono realismo, texture ad altissima risoluzione, alto livello di modellazione e animazione dei personaggi, un’ottima profondità di campo e ampia distanza visiva.
La cura degli sviluppatori nel dettagliare il gioco, disseminando ogni ambiente (aperto o chiuso) di elementi caratteristici, rende l’esperienza molto più riuscita. Ciò che lascia disappunto è la versione Xbox One: sebbene l’impatto visivo resti impressionante, le differenze rispetto alla versione PC sono abissali e immediatamente visibili, non solo per la differente risoluzione (limitata a 1440×900) o per la minore qualità degli effetti (cosa prevedibile), quanto piuttosto per la fluidità del gioco, rendendo l’avventura molto legnosa. Quest’ultimo punto è una nota particolarmente dolente, in quanto si aggiunge alla limitata scioltezza e risposta dei controlli, imperfetti anche nella versione PC: spesso e volentieri, infatti, si ha l’impressione di non riuscire a controllare come si vorrebbe lo scontro, per non parlare dei movimenti a cavallo, sia fuori che dentro i combattimenti.
Un’altra cosa che abbiamo notato rispetto alle anteprime passate è il minor impatto delle azioni di Geralt sull’ambiente, con molta meno reattività fisica da parte degli oggetti colpiti da fendenti e magie.

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La demo era davvero enorme e sarebbero serviti almeno un paio di giorni per poter vedere tutto quello che c’era a disposizione, ma il tempo era limitato. L’esperienza è stata analoga anche con la seconda parte della demo, ambientata nelle isole Skellige, cosa che ha permesso di mettersi a confronto con uno scenario naturale molto diverso dalle campagne del prologo, ma dotato dello stesso livello di interazione e cura del particolare.
Questa prova non ha fatto altro che consolidare le aspettative che si erano già create sin dalle prime immagini pubbliche, e confidiamo nel fatto che i mesi passati dalla versione della demo all’uscita abbiano permesso e permettano a CD Projekt Red di rifinire un prodotto che difficilmente troverà rivali sul podio del gioco dell’anno. Inoltre, come per i precedenti giochi, gli sviluppatori continueranno a supportare il gioco a lungo anche dopo l’uscita, senza far pagare DLC, per cui non si può che essere ottimisti. Naturalmente, in vista di quanto constatato, consigliamo a chiunque sia a disposizione di un PC potente di procurarsi tale versione e lasciare le edizioni console ai meno fortunati.
The Witcher 3: Wild Hunt offre un mondo di gioco molto aperto e vasto, sebbene con limiti definiti nell’interazione, che non ambisce a portare grandi innovazioni nel genere quanto piuttosto a essere un grande gioco, e senza dubbio il miglior The Witcher di sempre. Appuntamento al 19 maggio.

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