Tomb Raider III: Adventures of Lara Croft – Recensione Tomb Raider III

Altro giro, altra corsa: puntualissima, Core Design rilascia nel 1998 il terzo episodio delle avventure rocambolesche di Lara Croft, evidentemente facendo proprio il detto “squadra che vince non si cambia”. Ma se i detti popolari sottendono sempre verità e saggezza, c’è anche da sottolineare che se due capitoli quasi identici tra loro sono leciti, tre sono decisamente troppi.

Lara’s Back

Iniziando una nuova partita a Tomb Raider III vediamo la nostra Lara di profilo: la posizione ideale per notare come il suo bel decolletè sia ancora più abbondante e tondeggiante. Ma l’intera figura della bella archeologa si è fatta più sexy, slanciata e luminosa. Guardandoci intorno poi notiamo che l’impatto grafico è notevole: abbondano piante rampicanti e felci nella riproduzione della giungla indiana, scimmiette albine, tronchi e liane: è molto piacevole notare gli effetti della decisione degli sviluppatori di scegliere il triangolo come figura geometrica di base con cui comporre le costruzioni poligonali che costituiscono gli ambienti con cui andremo ad interagire. Questo si traduce in contorni in genere meno squadrati e limitati rispetto al passato, possiamo rendercene conto ad esempio osservando costruzioni idealmente circolari come idoli o colonne – del tutto rettangolari per esigenze tecniche in precedenza – o le sponde dei fiumi.

Gradevoli gli effetti d’acqua conseguenti ai passi di Lara mossi su pozzanghere; anche l’illuminazione dell’area a noi circostante causata dall’ignizione delle nostre armi è piacevole a vedersi.La grafica di TR3 è certamente ben fatta e surclassa in definizione quella di TR2, cosa evidente anche notando il buon livello delle textures. Tuttavia risaltano dei difetti che possono risultare fastidiosi, come il fatto che Lara a volte resti in piedi dove non c’è alcun punto di appoggio che la sostenga o che a volte l’inquadratura letteralmente impazzisca dividendosi su due diversi punti di ripresa contemporaneamente. A parte questi bugs marginali c’è però da ammettere che il salto in avanti c’è stato: ma del resto è un fatto comune a tutte le grosse produzioni del 1998, anno in cui i programmatori di pressoché tutte le softwarehouses dimostrarono di poter fare sempre di meglio con PlayStation: cosa dire della grafica di giochi contemporanei a TR3 come Ehrgeiz, Crash Bandicoot 3 Warped, Resident Evil 2 o Tekken 3? Tutti capolavori, e ancora di meglio si sarebbe fatto negli anni successivi.

Non ti sento!

Siamo nell’assoluta mediocrità per quanto concerne la colonna sonora: difficile credere che il compositore assoldato per TR3 sia il medesimo artista responsabile dei bei brani udibili in Tomb Raider Anniversary; fortunatamente almeno la qualità degli effetti sonori è sensibilmente aumentata rispetto all’episodio precedente. Discreta la recitazione dei doppiatori nella versione italiana, ma come al solito questa è mortificata da una traduzione ingenua dello script dalla lingua originale.
Di nuovo, però, una grave pecca tecnica: in questo capitolo ci capiterà più di una volta che l’audio si blocchi su un fastidiosissimo e cacofonico accordo che durerà diversi minuti, rendendo ancor meno piacevole la già frustrante esplorazione delle buie aree londinesi in particolare. Inoltre, ad un salto pericoloso ma non mortale, potrebbe conseguire un urlo da parte di Lara che si prolungherà per molti, troppi secondi nonostante lo scampato pericolo. Bugs che non impediscono in alcun modo di proseguire nel gioco, ma che certo sono parecchio irritanti.

Dejà Vu

Se vi aspettavate rivoluzioni nell’ambito del gameplay… beh, potremmo divi che è stato completamente rinnovato e migliorato, reso meno antiquato, più realistico. Ma non è così: nulla è cambiato circa il movimento della protagonista, che continua a fondarsi su passi all’interno di invisibili quadrilateri dalle dimensioni fisse, né circa il sistema di controllo, rimasto invariato salvo la stucchevole aggiunta di due nuove mosse di Lara quali lo scatto in velocità ed il procedere carponi.

Nessuna nuova, buona nuova? Non proprio. C’è di peggio. I molti livelli di Tomb Raider III sono immensi. Sono enormi, giganteschi. E questo sarebbe probabilmente un bene se superarli non fosse terribilmente noioso e fondamentalmente basato sul premere un interruttore per attraversare una porta precedentemente bloccata. Porta che, a proposito, si trova di solito a chilometri di distanza dalla leva che l’ha aperta. Per non parlare delle nefaste porte a tempo: senza che nessuno ci avverta, avremo a volte un arco di secondi limitato per raggiungere la nuova aera prima che il passaggio si richiuda, il che può significare correre come forsennati per l’intero livello, magari fallendo comunque ed essendo costretti a ripetere la snervante operazione sperando in miglior fortuna.
Un meccanismo simile è presente nella Casa di Lara, in cui potremo accedere, se saremo abili e pazienti, al museo personale di Lady Croft e al suo autodromo per una corsa in quad-bike. Ma qui l’ambiente è più ristretto, e la cosa non è frustrante ma semplicemente una sfida da affrontare: nel gioco vero e proprio, invece, ci sarà ben poco da ridere.

Anche gli enigmi scarseggiano: se essi non erano la componente fondamentale di TR2, in questo nuovo episodio non avremo il tempo materiale per risolverne, perché saremo impegnati in attività tediose come correre senza avere idea precisa del perché lo facciamo.
Non che manchino gli spunti interessanti: dovremo scatenare una sommossa in un comprensorio di massima sicurezza per liberarci dei carcerieri con la complicità dei detenuti, pilotare vari veicoli, guadare paludi o solcare le rapide in kayak: ma il gioco è così lungo che questi divertenti intermezzi saranno gocce di varietà in un noioso mare fatto di labirinti ed irritanti dietrofront da un capo all’altro del livello.

Quello che urta in modo particolare, poi, è che per Core Design sembra essere stato sufficiente inserire nuove armi e costumi per Lara per poter asserire di aver creato un gioco “nuovo”. Non è affatto così: se avete giocato i Tomb Raider precedenti, questo TR3 non vi regalerà che la curiosità di vedere il nuovo devastante armamentario di miss Croft o di sapere in quale angolo del globo finirete nel prossimo livello. E, detto tra noi, nessuno dei luoghi visitati questa volta è particolarmente accattivante: ci sarà molto poco di antico, solo qualche tempio nel cuore di giungle tropicali, mentre per il resto vagabonderemo all’interno di strutture moderne come la citata prigione, l’Area 51 (con tanto di navicella spaziale aliena), navi rompighiaccio o la metropolitana di Londra. Il fatto che il giocatore possa scegliere in quale ordine affrontare tre delle cinque sezioni del gioco (Londra, Nevada, Mari del Sud Pacifico) spezza la linearità del gioco, ma non si può dire che lo renda molto più interessante.

Same, Old, Story

La trama di Tomb Raider III racconta dell’ennesimo pericolo ancestrale che si risveglia ai giorni nostri e che toccherà a Lara affrontare: un antico meteorite ha, migliaia di anni fa, dato origine ad un misterioso culto di un minerale alieno dai grandiosi poteri. Seguendo, all’inizio quasi per caso, le orme dei marinai di Darwin che coi loro viaggi esportarono manufatti ricavati dal misterioso elemento, Lara dovrà recuperare gli oggetti oggetti di questo culto per conto del Dott. Willard, viaggiando per mezzo mondo e superando non poche difficoltà.
Anche la vicenda stavolta propostaci da Core Design è poco più che una minestra riscaldata: inaccettabile l’arresto di Lara e la conseguente privazione delle armi, situazione riutilizzata per la terza volta su tre. Si salva in corner il filmato finale, distruttivo e persino divertente al contrario della banalità dei due predecessori. Ma l’alta longevità del gioco potrebbe toglierci ogni residuo di pazienza e di volontà per arrivarci: TR3 è spesso seccante, ma anche molto, molto lungo da portare a termine: presto la noia prenderà il sopravvento e non vorrete più concedervi, se non per senso del dovere se siete giocatori parecchio diligenti, alle diaboliche corse per labirinti senza fine, magari nemmeno per sbloccare il livello segreto All Hallows. A tal proposito, ricordiamoci che anche in TR3 gli sviluppatori, forse perché consci del possibile disastro che l’accoppiata alta longevità + gameplay ripetitivo poteva significare, hanno inserito semplici codici con cui saltare agilmente i livelli ed ottenere gli oggetti chiave necessari. Poco meno che un’ammissione di colpa…

No.

Insomma, di per sé TR3 è un buon gioco, uscito negli anni in cui la PlayStation era forse all’apice del suo successo, successo a cui la serie ha certamente contribuito. Tuttavia non deve passare in secondo piano che, nell’ottica della saga di cui fa parte, esso si limita ad apportare migliorie solo formali e non sostanziali ai suoi predecessori, essendone in fin dei conti un pressoché inutile clone sotto quasi tutti i punti di vista; e, come abbiamo visto, non è esente da fastidiosi difetti tecnici tutti nuovi. Col senno di poi, che a così tanto tempo dalla sua uscita ben possiamo permetterci, esso è il primo di alcuni passi falsi commessi, a causa di una deleteria “pigrizia”, da Core Design, che non per nulla verrà anni dopo esclusa dal progetto Tomb Raider.

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