Two Worlds – Recensione Two Worlds

Volevano superare Oblivion….

Two Worlds rappresenta indubbiamente uno dei progetti più intriganti e ambiziosi degli ultimi tempi: nasce con le prospettive di cambiare molti canoni RPG: ponendo alla base una vasta area geografica liberamente esplorabile, un sistema di combattimento assai sofisticato ed articolato, una storia epica dall’intreccio appassionante, una modalità multiplayer in grado di garantire una cospicua longevità. Insomma, tutti elementi che costituiscono le basi per un prodotto che vuole essere più che una semplice alternativa al capolavoro del genere dell’anno, Oblivion. Però qualcosa non è andato come ci si aspettava, o forse, la troppa ambizione ha dato alla testa e alla fine ci troviamo al cospetto di un altro capolavoro mancato, che rasenta una mediocrità piena.

…prima dovranno superare gli Dei…

Più di tre secoli sono passati da quando Aziraal, il feroce signore del caos, perse la vita nella cruenta Guerra degli Dei e tutte le orde di orchi che erano al suo servizio, ora si trovano sparse per il mondo, ai confini più lontani possibili da immaginare. Il corpo del dio giace oramai sepolto in un luogo segreto ed inaccessibile, sigillato da un antica reliquia. Nonostane ciò la pace è di nuovo in pericolo, lo spettro della guerra torna ad agitarsi fra le popolazioni di Antaloor e voci sempre più insistenti sussurrano del ritrovamento accidentale di un tempio consacrato ad una divinità senza nome: gli orchi si animano a queste notizie e iniziano a far sentire i loro scalpitii ai confini del mondo. I nani sono irrequieti, si mormora siano spaventati da qualcosa che hanno riportato alla luce durante i loro frequenti scavi; nemmeno tra gli umani c’è molta calma: loschi individui tramano per riportare in vita il dio della guerra e prendere il sopravvento sui loro simili… ed è qui che inizia la nostra storia, nelle vesti di un mercenario senza nome, un cacciatore di taglie ramingo come tanti suoi pari. Verremo coinvolti in una storia ben più intricata e complessa di quanto l’inizio di trama, dalla morte del dio alla rivolta orchesca, possa far immaginare. Il nostro alter ego partirà alla ricerca della sorella sparita, rapita molto probabilmente e attraverso vari enigmi ed intrichi arriveremo a scoprire cos’è che sta facendo andare su tutte le furie gli orchi e se sono vere le voci che danno il ritorno di Aziraal dal suo regno tombale.

…e dopo ancora fare i conti con un pessimo gameplay…

Dove Two Worlds pecca in maniera grave è nella pessima gestione del battle system , che si basa essenzialmente sulla gestione combinata di attacchi fisici e l’impiego di incantesimi; l’idea non sarebbe nemmeno disprezzabile se non si rilevasse realizzata in modo estremamente approssimativo: viene purtroppo rovinata dal sistema di lock on automatico, poco intuitivo e del tutto impreciso. Il risultato del sistema di battaglia è una strategia imprecisa in una tecnica che mira a sfruttare il campo e la distanza dal nemico. Nella maggior parte dei casi altro non faremo che vorticare la spada con fendenti a destra e a manca, nel vano tentativo di assecondare l’assurdo sistema di mira, che il più delle volte aggancerà i nemici in maniera casuale. A penalizzare ulteriormente il tutto si inserisce un sistema di scontro tra le armi che davvero delude: ad esempio ci potremmo trovare a subire un colpo che avevamo parato o che avevamo respinto con la nostra stessa arma. La situazione è davvero molto deludente visto che si mirava a battere un colossal come Oblivion. Ma non pensiate che se per il combattimento le cose non vanno bene, per la magia debba migliorare: Le scuole di magia disponibili sono cinque: quattro elementali più la negromanzia, ognuna delle quali dà accesso ad un diverso set di incantesimi, per un totale di 63, ma di questi soltanto tre saranno davvero a portata di mano ogni volta: quindi un elemento che limiterà non poco l’azione del giocatore. Ma comunque, il campo delle arti magiche è parso quello in cui il titolo si difende meglio offrendo qualcosa di leggermente diverso rispetto agli standard: ad ogni magia principale è infatti possibile assegnare dei modificatori così da creare incantesimi più adatti al proprio stile di gioco, ad esempio diminuire la spesa di Mana o di aumentarne la mira, o la potenza e così via. Discreta invece la gestione dello sviluppo del personaggio che, per quanto affatto originale, si rivela piuttosto completa: al termine di ogni battaglia guadagneremo esperienza, che salendo di livello, potrà essere impiegata per incrementare uno dei quattro valori presenti, ovvero vitalità e forza (utilissimi per i guerrieri), destrezza (essenziale per aumentare la velocità e agilità), ed infine volontà (attributo fondamentale per apprendere le arti magiche). Ad ogni level up riceveremo punti abilità da spendere nell’ apprendimento delle numerose skill presenti, che però poco convincono visto che per lo più si tratta di potenziamenti che non mutano o ampliano il sistema di combattimento, ma aumentano le capacità d’attacco e difesa, o le abilità magiche del protagonista, dandoci la possibilità di affrontare nemici sempre più grandi e potenti, ma riuscendo, purtroppo, a lasciare tutto in una limitatezza non molto gradita. In definitiva il gameplay di Two Worlds proprio dove avrebbe dovuto eccellere per creare un nuovo canone, fallisce.
Inutile perdere tempo a parlare della modalità online che presenta modalità banali, come ad esempio la modalità RPG che altro non fa che emulare un MMORPG nel quale dovrete solo rifare tutta la trama con la possibilità di chattare con i propri compagni e scambiarsi equipaggiamento e altro.

…accompagnati da una buona musica…

Il comparto tecnico è uno degli aspetti più discutibili dell’intero lavoro svolto da Reality Pump, presentando un frame rate incredibilmente incostante, sempre e indipendentemente dal numero di personaggi e nemici presenti su schermo. L’azione di gioco è afflitta da rallentamenti e scatti sia che vi ritroviate ad esplorare una grotta disabitata, sia che stiate galoppando in una prateria invasa dagli orchi. Per non parlare delle animazioni meccaniche dei nemici e gli scarsi poligoni che compongono i vostri alleati. Espressioni del viso assolutamente orride, guidate da texture che fanno rabbrividire, con una mimica facciale che funziona solo nelle labbra.
Decisamente un pessimo lavoro di adattamento quello compiuto e nemmeno imputabile a presunti limiti dell’hardware visto che il vetusto Oblivion pare girare su ben altra console. Buono invece il comparto sonoro che presenta una buona colonna con tanto di ottimi effetti provocati dalla natura.

ma in ambiente decisamente pessimo.

Poche parole infine per concludere il tutto dicendo che come longevità il titolo si presta ad una discreta menzione d’onore. Per il comparto tecnico non si raggiunge minimamente la sufficienza e forse l’unica cosa di spicco sta nella trama: simpatica, ma non del tutto convincente. Per il gameplay e il battle system, principali elementi di un RPG, non avremmo altro che lamentarci se dovessimo continuare a parlarne qui. Speriamo in un riscatto futuro perchè così proprio non ci siamo. Ultima nota: la versione per PC sembra eccellere almeno nel comparto tecnico, ma davvero leggermente. 

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