WipEout 2048 – Recensione WipEout 2048

 

“Benvenuto alle nuove gare ad alta precisione. Benvenuto in Wipeout.”

 

Oltre alle luci, dalla città provenivano fragori simili a rombi di tuono, mentre strisce di luci bluastre distribuivano l’orizzonte in accostamenti asimmetrici. In lotta per la supremazia, da terra si staccavano, insieme ai loro piloti, pesanti astronavi che ostruivano il bianco innocente delle nuvole nella loro salita al cielo. E poi, quello stesso cielo in fiamme. A terra, quelle che di lì in poi sarebbero diventate vestigia di metallo immobili, taciturne: concorrente eliminato – un’altra vita spenta.

 

Siamo a meno di una quarantina d’anni da ora, durante i quali le corse automobilistiche hanno compiuto un progresso tecnologico straordinario. “Sono passati più di dieci anni – recita puntuale il manuale di gioco – da quando Pierre Belmondo ha sconvolto la comunità scientifica mostrando al mondo il primo generatore antigravità funzionante, che ha sovvertito non solo le opinioni correnti, ma anche certezze vecchie di quattro secoli.”

 
 

Ci si potrebbe chiedere il perché, sebbene frutto dell’esperienza di gioco, di questo iniziare una recensione di un gioco di corse con un istante catturato dalla propria, personalissima, immaginazione. O ancora il perché del riferire al lettore particolari insignificanti come le parole d’apertura di un banale manuale d’istruzioni. Il fatto è che, ancor più banalmente, e sorprendentemente, Wipeout 2048 stupisce così, con le piccole cose. Vuoi per un’insolita coerenza stilistica che, nel rispetto della continuità della serie, colpisce per una certa profondità “narrativa”.  Un ambiente di gioco solo in parte raccontato, un’ambientazione ben delineata ma non per questo davvero espressa o resa esplicita al giocatore, quanto piuttosto arrangiata prudentemente, fatta percepire distrattamente sullo sfondo delle proprie, folli, corse. O vuoi per una colonna sonora che non sbaglia mai. O alcune soluzioni di gioco interessanti. Insomma, quella di Sony Liverpool è una cura per il dettaglio che dall’area progettuale e creativa si estende alle texture dei tracciati e alle finestre rigorosamente differenziate degli uffici a bordo pista, sino a comprendere elementi e forme e costruzioni che non avremmo mai dovuto vedere e chissà come siamo riusciti in qualche maniera a portare alla luce attraverso la nostra indiscrezione fotografica (permessa, appunto, dalla stessa Modalità Foto già vista su PS3). 

 
 

Questa risoluta scenografia, che vede l’assoluto esordio della stagione antigravitazionale Wipeout nell’anno 2048, prima quindi di tutti i restanti titoli della serie, e che baratta il futurismo visionario degli stessi in favore di un tono maggiormente terrestre e vicino ai giorni nostri, mette in luce le caratteristiche che definiscono sostanzialmente tutto un nuovo impatto visivo: barre di sostegno nei circuiti, un’architettura più verosimile, più contemporanea e più familiare ai nostri occhi di quanto ci si potrebbe aspettare. 

 

Questo porta a dei circuiti che hanno un qualcosa di leggermente claustrofobico se confrontato direttamente a quelli di HD o Fury, e a un orizzonte visivo solo appena confuso dalla massiccia quantità di elementi (uccelli, spettatori, buffi aerostati, insegne, vetrate, video pubblicitari, eccetera). È strano ammetterlo, ma non è senza apprensione che si avverte per la prima volta la sensazione che lo schermo di Vita sia forse troppo piccolo per trattenere tutta quella vivace quantità di chincaglieria virtuale scagliata in faccia a trenta fotogrammi al secondo. 

 
 

Poi c’è il copilota: un aiuto mica da ridere, eh. E un ostacolo, pure. Ma prima, chiariamo con fermezza quanto un veterano della saga possa, come sempre, finire le tre campagne del gioco (2048, ’49, ’50) in poche, purché intense, sessioni di gioco. Il copilota, si diceva: un aiuto, sì, seppur solo inizialmente, quando sia la velocità di gioco drasticamente minore sia l’ancora incompleta memorizzazione dei tracciati ne permettono un uso corretto a tutti i livelli impostabili (il copilota estremo ad esempio ci impedirà di urtare violentemente contro i bordi del tracciato, deviando automaticamente il nostro percorso). Una volta che l’aumento di velocità e l’esigenza di sperimentare nuove traiettorie si faranno strada, infatti, l’opzione diventa apertamente un ostacolo al purista che mira a ottenere il pass élite in tutte le prove del gioco. Un purista che vorrà affinare la sua tecnica a tal punto da saper utilizzare al meglio le varie scorciatoie presenti nei tracciati (ce ne sono infatti almeno due a tracciato) e capire se ce ne sarà bisogno tanto in Combattimento quanto nelle Gare Velocità. Come gestire, infatti, quella particolare entrata in curva con un caccia alle costole e un solo giro rimanente? Affrontare il rischio di rimanere praticamente disarmati ma guadagnare velocità utilizzando solo velocizzatori? E che nave scegliere?

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